Borsa Tokyo riapre dopo 10 giorni di inattività, Nikkei -1,5%. Shanghai debole all’indomani del crollo
La borsa di Tokyo riapre dopo i 10 giorni circa in cui è rimasta chiusa in occasione della Golden Week, settimana di festività nazionale che si tiene a inizio maggio, che quest’anno ha visto protagonista l’abdicazione dell’imperatore Akihito.
Il periodo di chiusura dei mercati giapponesi è durato dal 27 aprile fino a ieri, lunedì 6 maggio.
L’indice Nikkei ha puntato verso il basso con decisione, scontando in ritardo le notizie negative delle ultime ore, che hanno visto protagonista il rinfocolarsi delle tensioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina, dopo i due tweet con cui Donald Trump ha preannunciato l’intenzione di alzare i dazi su $200 miliardi di prodotti cinesi, nella giornata di venerdì. L’indice Nikkei 225 ha chiuso la sessione in calo dell’1,51% a 21.923,72 punti.
Recupero per l’azionario cinese, che alla vigilia, sulla scia dell’annuncio di Trump, avevano perso anche quasi fino a -8%. Oggi lo Shenzhen Composite sale fino a +1,46%, mentre la borsa di Shanghai dopo un lieve rialzo vira in rosso, cedendo alle 8 circa ora italiana lo 0,13%.
Hong Kong piatta, Sidney +0,29%, Seoul -1,02%,
Ieri Wall Street ha ridotto notevolmente le perdite, dopo il tonfo (Dow Jones fino a -471 punti) successivo alle minacce di Trump. Gli operatori hanno deciso di tornare a sperare su un accordo commerciale Usa-Cina, nonostante l’improvvisa fiammata dei toni da parte dell’amministrazione Trump.
Il Dow Jones Industrial Average ha perso alla fine 66,47 punti a 26.438,48, lo S&P 500 ha chiuso in ribasso -0,4%
a 2.932,47. Il Nasdaq Composite ha fatto -0,5% a 8.123,29.
Occhio nell’area Asia-Pacifico alla decisione della banca centrale australiana (RBA-Reserve Bank of Australia) di lasciare i tassi di interesse invariati all’1,50%.
Positiva la reazione del dollaro australiano, salito al massimo intraday di 0,7048 rispetto ai 0,7000 precedenti l’annuncio dell’RBA, nei confronti del dollaro Usa. Da segnalare che la valuta è rimbalzata proprio perché l’RBA ha lasciato i tassi invariati.
Tuttavia, visti i toni più negativi rispetto al comunicato precedente, diversi analisti affermano che un taglio dei tassi è a questo punto quasi inevitabile e che avverrà dopo le elezioni federali australiane, che si terranno sabato 18 maggio per rinnovare il 46esimo Parlamento della nazione.
Notizie no dal fronte macroeconomico australiano sono arrivate con il dato relativo alle vendite al dettaglio, in particolare quelle relative al primo trimestre escludendo la componente dell’inflazione.
Dal rapporto emerge un dato decisamente deludente, in calo dello 0,1% su base trimestrale, rispetto al +0,3% stimato e al precedente +0,1%. Si tratta della performance peggiore dal 2015, segnale di debolezza delle spese per consumi, che inevitabilmente zavorrerà il dato sul Pil del primo trimestre, che sarà diffuso nella prima settimana di giugno.
Dal fronte macro del Giappone, è arrivato l’indice Pmi manifatturiero stilato congiuntamente da Nikkei e Markit, che si è attestato ad aprile a 50,2 punti. La lettura finale del dato è stata comunque migliore dei 49,2 punti della lettura preliminare che, indicando un valore inferiore alla soglia dei 50 punti, aveva segnalato una condizione di contrazione dell’attività economica.
Il valore della lettura finale indica invece il massimo in tre mesi. Alcune componenti invitano tuttavia alla cautela, come quella dei nuovi ordini, in calo, e della produzione, anch’essa in ribasso.