Notizie Notizie Mondo Guerra commerciale: terre rare arma cinese contro Trump? I titoli del settore volano

Guerra commerciale: terre rare arma cinese contro Trump? I titoli del settore volano

29 Maggio 2019 09:29

Una guerra commerciale, quella tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping, dove non mancano i colpi di scena. Pechino sarebbe pronta a sfoderare ora anche l’arma delle terre rare di cui dispone, e che vengono acquistate da diverse società tecnologiche Usa per la realizzazione dei loro prodotti.

Lo suggeriscono diversi organi di stampa cinesi, tra cui il Quotidiano del Popolo, dopo che la settimana scorsa il presidente Xi Jinping ha fatto visita a una società specializzata in terre rare.

Per terre rare si intende un insieme di 17 elementi chimici impiegati nell’industria elettronica, ma anche militare. Non per niente, la Cina ricopre circa l’80% delle importazioni di terre rare negli Stati Uniti. E non per niente, oggi a Shanghai, i titoli delle società minerarie attive nel settore hanno segnato un forte rally: JL Mag Rare-Earth à balzata del +10% e Innuovo Technology ha segnato un rialzo del 9,95%. Molto bene anche il titolo dell’australiana Lynas, che ha guadagnato oltre +10%.

La minaccia, che rimane velata, è stata rafforzata con le dichiarazioni rilasciate da un funzionario cinese, riportate dalla CCTV. Così il funzionario, in risposta a una domanda sulla possibilità che le terre rare diventino un’arma nelle mani di Pechino contro gli Stati Uniti:

“State suggerendo che le terre rare diventino una delle contromisure che la Cina potrebbe utilizzare contro l’oppressione ingiustificata degli Stati Uniti?….Quello che posso dirvi è che, se i prodotti che sono stati fabbricati con questi minerali che esportiamo, venissero utilizzati per frenare lo sviluppo della Cina, la gente della provincia (meridionale) di Jiangxi dove le terre rare vengono estratte, così come il resto della popolazione cinese, non sarebbero affatto contenti. L’identità del funzionario è stata tenuta nascosta ma, stando ad alcune fonti, si tratterebbe di un “esponente importante”, membro della Commissione cinese di Sviluppo nazionale e riforme.

Intanto, l’amministrazione Trump ha sferrato un nuovo attacco contro la Cina, e contro altri paesi sospettati di manipolare le loro valute.

Trump si è frenato, in realtà, dall’accusare Pechino di manipolare la propria valuta, ma ha inserito comunque il paese in una lista di osservazione, una watch list, a cui sono stati aggiunti anche altri otto paesi: Germania, Irlanda, Italia, Giappone, Corea del Sud, Malesia, Singapore e Vietnam.

I nomi sono stati resi noti dall’amministrazione al Congresso nella giornata di ieri e si riferiscono a tutti quei paesi il cui surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti è attentamente monitorato. I nomi di India e Svizzera erano stati rimossi dalla lista lo scorso ottobre.

Successivamente all’annuncio, diverse valute dei paesi inseriti nella lista sono scese nei confronti del dollaro.
Lo yuan cinese onshore, per esempio, ha riportato una flessione a 6,9134, mentre lo yuan offshore si è indebolito a 6,9274. Il won sudcoreano, che ha perso parecchio dall’inizio dell’anno a causa dei timori legati alla solidità sia dell’economia sudcoreana che globale, è scambiato a 1.193,73 contro il dollaro, mentre il ringgit malesiano è calato a 4,1940.

Nessun calo invece per l’euro e lo yen. Il primo è in lieve rialzo sul dollaro a $1,1164, mentre la valuta nipponica sale a JPY 109,32 rispetto ai JPY 109,5 della sessione precedente.