Non ci sarà nessun matrimonio FCA-Renault. Fiat Chrysler ritira proposta fusione con effetto immediato
Non ci sarà nessun matrimonio tra Fca e Renault. Non allo stato attuale delle cose, almeno. L’annuncio del gruppo automobilistico francese di rimandare su richiesta di Parigi e per l’ennesima volta la valutazione della proposta di fusione avanzata da Fiat Chrysler è stata seguita da una nota del Lingotto, che ha decretato la fine dei giochi. Immediato l’effetto sul titolo FCA, che a Wall Street è capitolato fino a -3,71%.
Così FCA nella nota:
“Fca continua a essere fermamente convinta della stringente logica evolutiva di una proposta che ha ricevuto ampio apprezzamento sin dal momento in cui è stata formulata e la cui struttura e condizioni erano attentamente bilanciati al fine di assicurare sostanziali benefici a tutte le parti. E’ tuttavia divenuto chiaro che non vi sono attualmente in Francia le condizioni politiche perché una simile fusione proceda con successo”. “Fca continuerà a perseguire i propri obiettivi implementando la propria strategia indipendente”.
Poco prima Renault aveva comunicato che “il Cda non è stato in grado di prendere una decisione a causa dell’auspicio espresso dai rappresentanti dello Stato francese di rinviare il voto ad un consiglio ulteriore”.
Lo Stato francese, primo azionista di Renault con una quota del 15%, aveva già nel fine settimana avanzato diverse pretese e condizioni, relative alla governance e non solo. Parigi aveva considerato prioritaria la tutela degli stabilimenti e dei suoi dipendenti, chiedendo anche che la sede della nuova holding risultante dalla fusione fosse a Parigi.
La fusione aveva dovuto fare i conti anche con il sindacato CGT che si era detto contrario all’operazione.
A mettere i bastoni alle ruote del piano, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, sarebbe stata inoltre la scelta di due consiglieri di Nissan facenti parte del board di Renault di ritirare l’appoggio alla proposta di fusione. Il loro no avrebbe alimentato dubbi di Renault sull’intenzione della giapponese di Nissan di tutelare l’alleanza con Renault (riferimento all’alleanza Renault-Nissan-Mitsubishi) nel caso in cui il processo di fusione fosse andato avanti.
Sicuramente, le richieste di Parigi sono state notevoli.
Le prime sono arrivate per bocca del ministro delle finanze Bruno Le Maire, che aveva sì descritto il piano fusione con Fca alla stregua di una “una reale opportunità per l’industria automobilistica francese”, presentando però quattro condizioni: «il rispetto dell’alleanza Nissan-Renault, la tutela dei siti industriali e della forza lavoro, una governance equilibrata e la partecipazione del futuro gruppo ai progetti europei sul fronte delle batterie elettriche”.
Richieste più pressanti, secondo alcune indiscrezioni, sono arrivate poi nel fine settimana. In primo luogo che la sede operativa della nuova società controllata al 50-50 dai soci di Fca e di Renault fosse a Parigi (Boulogne); inoltre, la garanzia del mantenimento degli attuali livelli occupazionali per quattro anni e non solo due; infine, la presenza di un consigliere nel cda in rappresentanza del Governo e di un dividendo straordinario per i soci di Renault”.
Tramonta così il sogno del presidente di FCA John Elkann, che aveva confessato di voler replicare con Renault il successo di 10 anni fa ottenuto con la fusione con Chrysler.
La fusione – con sinergie stimate pari a 5 miliardi- avrebbe creato uno dei principali produttori di auto al mondo in termini di fatturato, volumi, redditività e tecnologia.
La società risultante avrebbe venduto annualmente circa 8,7 milioni di veicoli, sarebbe stata un leader mondiale nelle tecnologie EV, nei marchi premium, nei SUV, nei pickup e nei veicoli commerciali e avrebbe avuto una più ampia e più bilanciata presenza globale rispetto a quella che ciascuna società ha, al momento, da sola