Mediaset, cosa conviene fare ai soci italiani con il piano MFE. Il futuro di Vivendi (Il Sole 24 Ore)
Mediaset al centro dell’attenzione, dopo la notizia relativa alla decisione dei consigli di amministrazione di Mediaset e di Mediaset Espana di avviare una fusione nella nuova holding MFE-MediaForEurope. Cosa conviene fare agli azionisti italiani? Ne parla il Sole 24 Ore.
“Il trasferimento delle due Mediaset sotto la nuova holding olandese offre gli azionisti la possibilità di restituire le azioni, opzione concreta per gli spagnoli, ma «irrazionale» per i soci italiani, visto che il recesso è stato fissato al prezzo di 2,77 euro, inferiore alle attuali quotazioni. Chi non crede alle potenzialità del nuovo corso avrebbe infatti più convenienza a vendere i propri titoli sul mercato. Chi ci crede avrebbe invece convenienza a restare in partita, dal momento che, a fusione realizzata, potrà beneficiare di un dividendo extra di 100 milioni, equivalente a circa 7 centesimi per azione (il capitale della DutchCo potrebbe avere un capitale di 1,45-1,5 miliardi di azioni), e partecipare a un buy-back di 280 milioni (più alto del 10% e perchè Fininvest, col suo 35,43%, non dovrebbe partecipare) fino a un prezzo massimo di 3,4 euro. In più, sul resto delle azioni in portafoglio potrebbe aspettarsi il beneficio delle sinergie del valore attualizzato di 800 milioni”.
L’articolo del Sole 24 Ore riporta la dichiarazione del cfo di Mediaset, Marco Giordani, che ieri ha presentato l’ operazione in conference call da Londra:
«Si tratta di un’ipotesi conservativa. Non fosse altro che perché – come hanno già calcolato gli analisti – si tratta appena del 4% della base costi aggregata attuale. Le sinergie dovrebbero arrivare a regime nel 2023: 20 milioni nel 2020, 40 cumulati nel 2021, 65 nel 2022, fino ad arrivare ai 100-107 milioni di risparmi annui nel 2023. Per finire, beneficerebbe di un ritorno promesso di almeno il 50% degli utili realizzati ogni anno, sotto forma di dividendi o altri strumenti”.
“In teoria, le stesse considerazioni varrebbero anche per il 28,8% in mano a Vivendi, se non fosse che il gruppo che fa capo a Vincent Bolloré è in una situazione particolare”, fa notare il quotidiano di Confindustria, facendo riferimento al contenzioso legale in cui il colosso francese è invischiato per il mancato rispetto contratto per l’acquisto di Premium e a causa del “19,9% ‘congelato’ in Simon fiduciaria per aver violato la legge Gasparri, che non consente di tenere più del 10% sia in Mediaset, sia in Telecom’
“Se Vivendi si fosse sbarazzata del problema, riducendo la partecipazione nella compagnia telefonica almeno sotto al 10%, avrebbe recuperato il diritto di voto sull’intera quota del 28,8%, tenendosi le mani libere per andare oltre passando da un’Opa, e potendo comunque aspirare a ottenere almeno i posti in cda riservati alle minoranze”.
Ma il consiglio della nuova holding è già blindato. “Inoltre, con il voto multiplo all’olandese – che consente a chi lo richiede di triplicare i diritti di voto nell’immediato, di moltiplicarli per cinque dopo due anni e per 10 dopo cinque anni – Vivendi, oltre a non avere voce in capitolo sulla governance se non con l’accordo dei Berlusconi, sarebbe costretta al ruolo dell’eterno secondo, dietro a Fininvest che già dall’inizio potrebbe disporre della maggioranza dei diritti di voto”.
Detto questo, Il Sole spiega anche che “l’operazione offre però a Vivendi la speranza di uscire dal tunnel in tempi relativamente brevi, avvicinandosi al prezzo di acquisto di 3,7 euro per azione, grazie alla somma dei benefici derivanti dal dividendo extra, al buy-back e alle sinergie spalmate sul resto della quota”.