Notizie Notizie Mondo Brexit, si allunga la lista di chi vuole la testa di Boris Johnson, sterlina esposta a continua volatilità

Brexit, si allunga la lista di chi vuole la testa di Boris Johnson, sterlina esposta a continua volatilità

25 Settembre 2019 10:12

L’allerta per un no-deal Brexit si fa sempre più alta: ormai ci siamo, manca poco più di un mese alla data fatidica, quella del 31 ottobre, in cui il Regno Unito dovrebbe effettivamente uscire dal blocco europeo.

Accanto ai timori di una Hard Brexit regna sovrano nel paese il caos politico, soprattutto dopo la sentenza della Corte Suprema del Regno Unito, che ha definito “illegale” lo stop al Parlamento che, lo scorso 28 agosto, il premier Boris Johnson ha chiesto alla Regina. Richiesta che era stata accolta, in base all’istituto della prorogation.

E invece no, ha detto la Corte suprema UK: quella decisione spettava ai giudici, così come spettava ai giudici stabilire la durata e i limiti dell’estensione. La situazione è tale che il premier è sbottato chiedendo chi comandi davvero nel paese (domanda in realtà che si stanno facendo in molti, tra cittadini UK e spettatori globali dell’ennesimo atto del dramma Brexit).

Sono però anche in molti a chiedere la testa di Boris Johnson dopo il verdetto della corte, mentre il Regno Unito, a più di tre anni dal referendum sulla Brexit del 23 giugno del 2016, che ha decretato la vittoria del fronte Leave (52% dei voti) rispetto al fronte Remain (+48%), si conferma profondamente diviso. Intanto, il Parlamento UK riaprirà oggi, nella tarda mattinata ora UK.

Johnson insiste sulla Brexit a tutti i costi e, da New York dove si trova in occasione dei lavori dell’Assemblea Generale dell’Onu, scherza anche un po’, facendo notare che se i desideri di alcuni parlamentari di Westminster si realizzassero, la Brexit diventerebbe infinita.

Ma le cose non si mettono affatto bene per il premier. Come fa notare il Financial Times “l’umiliato Boris si appresta a tornare a Londra nella giornata di oggi per far fronte alle richieste di dimissioni che gli arrivano da più parti, dopo che la Corte Suprema ha sferrato un duro colpo alla sua autorità”.

L’FT definisce la sentenza della corte una “schiacciante messa in stato di accusa”. Da segnalare che, dopo aver ricevuto il permesso dalla regina, Johnson ha interrotto la sessione del Parlamento attraverso il cosiddetto prorogation, martedì 10 settembre, per un arco temporale di cinque settimane.

La sterlina perde terreno oggi, sia nei confronti del dollaro che dell’euro, dopo i corposi guadagni messi a segno nella giornata di ieri, che vengono spiegati così nella nota di Intesa SanPaolo dedicata al forex:

La sterlina si è rafforzata ieri sulla sentenza della Corte Suprema che ha dichiarato illegittima la sospensione del parlamento voluta dal primo ministro Boris Johnson. L’apprezzamento è stato di circa una figura contro dollaro fino a un massimo di 1,2502 GBP/USD, della metà contro eurofino a un massimo di 0,8801 EUR/GBP. La reazione del cambio si spiega alla luce del fatto che il mercato associa a un indebolimento politico di Johnson una maggiore probabilità di un’uscita dall’UE ‘con accordo’ e di un rinvio di Brexit dalla data del 31 ottobre voluta dal premier a quella del 31 gennaio 2020 contenuta invece nella legge ‘anti no-deal’ recentemente approvata dal parlamento. Per effetto della sentenza della Corte Suprema i lavori parlamentari riprenderanno oggi alla Camera dei Comuni. La giornata si preannuncia piuttosto tesa e l’incertezza politica è molto elevata, lasciando la sterlina esposta a nuova volatilità. Gli scenari che potrebbero configurarsi con la riapertura del parlamento sono quello di una mozione di sfiducia contro il governo Johnson, che aprirebbe la strada ad elezioni anticipate dopo il 31 ottobre, oppure direttamente di un voto del parlamento per indire le elezioni, una prospettiva che aumenta l’incertezza anche per la mancanza di una linea comune all’interno dell’opposizione. Anche Johnson infatti, dopo la sentenza della Corte, ha parlato di elezioni, ma ha anche ribadito di voler portare il Regno Unito fuori dall’UE il 31 ottobre, lamentando che la sentenza della Corte è un ostacolo ai suoi sforzi per cercare di trovare un accordo con l’Unione al vertice UE del 17-18 ottobre”.