Notizie Notizie Italia Bankitalia auspica nuove fusioni tra banche. ‘Livelli redditività ancora troppo bassi’

Bankitalia auspica nuove fusioni tra banche. ‘Livelli redditività ancora troppo bassi’

4 Ottobre 2019 12:43

E’ indispensabile che nel settore bancario si avviino nuove fusioni, in quanto banche più grandi sono in grado di affrontare meglio il nuovo contesto di mercato sempre più digitale. E’ quanto ha detto, in occasione della 51esima Giornata del credito, la Vice Direttrice Generale della Banca d’Italia Alessandra Perrazzelli. L’evento si è tenuto oggi presso la sede dell’ABI a Roma, a Palazzo Altieri.

“In passato le fusioni e le acquisizioni hanno rappresentato la modalità più diffusa e rapida con cui sono stati riassorbiti gli eccessi di capacità produttiva nel settore bancario, tramite l’uscita dal mercato degli intermediari meno efficienti. Vi è ora la necessità che si avvii un nuovo ciclo di aggregazioni”, ha detto la funzionaria di Bankitalia, ricordando che “in Italia, un primo passo è stato compiuto nel settore del credito cooperativo. Per effetto della riforma, 227 banche di credito cooperativo si trovano a operare all’interno di due gruppi bancari di dimensione medio-grande. L’effettivo conseguimento dei guadagni di efficienza resi possibili dai nuovi assetti richiede che gli interventi di razionalizzazione delle strutture produttive e distributive avvengano tempestivamente”.

Perrazzelli ha messo in evidenza che il settore finanziario, “attraversa una fase di forte trasformazione dovuta agli effetti della Grande Recessione, delle nuove regole e dei primi effetti della rivoluzione digitale” E che “pur in un contesto difficile, negli ultimi anni l’industria bancaria in Italia ha conseguito notevoli progressi”. Riferimento al calo degli NPL, non performing loans, o anche crediti deteriorati, che “sono diminuiti”, tanto che “lo scorso giugno il loro ammontare era pari alla metà rispetto al picco del 2015. La loro incidenza sul totale dei finanziamenti, al netto delle rettifiche, è scesa dal 9,8 al 4,0 per cento”.

A conferma del doom loop, abbraccio mortale tra banche e titoli del debito sovrano presenti nel loro portafoglio, Perrazzelli ha ricordato l’impatto che le tensioni emerse nel 2018 sul mercato dei titoli di stato italiani hanno avuto, in generale, sugli istituti di credito. Precisando, allo stesso tempo, che l’interruzione nella crescita dei coefficienti di solidità patrimoniale degli stessi è stata interrotta solo per un arco di tempo limitato: 

“La crescita dei coefficienti patrimoniali è stata interrotta soltanto temporaneamente dalle tensioni sul mercato dei titoli pubblici del 2018 e il CET1 ratio a giugno era mediamente pari al 13,5 per cento. Anche gli indici di redditività hanno ripreso a salire in ragione del calo delle rettifiche su crediti e dei costi operativi: nella prima parte del 2019 il ROE è stato in media pari all’8,1 per cento”.

Detto questo, “i risultati conseguiti rappresentano soltanto una tappa di un percorso che deve proseguire rapidamente. I livelli di redditività rimangono ancora troppo bassi rispetto alla remunerazione richiesta dagli investitori per impegnare nuovi capitali nelle banche. Non è un problema che riguarda soltanto gli intermediari italiani ma interessa, sebbene in misura assai eterogenea, l’intero settore bancario in Europa. La sua soluzione richiede forti aumenti di efficienza che possono essere ottenuti in due modi complementari: la riorganizzazione dell’industria attraverso aggregazioni (dunque operazioni di M&A, fusioni e acquisizioni, tra le banche), e la riorganizzazione degli intermediari attraverso l’introduzione delle tecnologie digitali”.

BANCHE MINORI DEL MEZZOGIORNO CON INDICI REDDITIVITA’ MOLTO INFERIORI ALLA MEDIA

“Per gran parte delle banche meno significative soprattutto quelle situate nel Mezzogiorno, gli indicatori di redditività e di efficienza si collocano su livelli assai inferiori alla media. Per questi intermediari appare assai difficile prefigurare un modello di attività sostenibile senza forme di aggregazione”.

Banche più grandi e più efficienti – ha rilevato Perrazzelli, ribadendo la necessità di procedere a un nuovo round di fusioni e acquisizioni – sono verosimilmente in grado di sostenere con minori difficoltà gli ingenti investimenti richiesti per posizionarsi nel nuovo contesto di mercato determinato dalla digitalizzazione dell’offerta dei servizi finanziari”.

In generale, le banche in Italia “stanno ora attraversando una fase di forte trasformazione nella quale non sono state ancora pienamente assorbite le conseguenze negative di una crisi durata quasi un decennio; i modelli di attività devono essere radicalmente innovati per recuperare redditività e far fronte al cambiamento tecnologico innescato dalla digitalizzazione. In Italia, più che in altri paesi, i ricavi delle banche provengono dal mercato nazionale: un’economia che cresce poco o non cresce affatto rappresenta un vincolo alla capacità di investimento e di sviluppo degli intermediari. Di contro, un’industria bancaria che non riesce a investire e a rispondere alle sfide del cambiamento può rappresentare un freno alla stessa crescita economica”.

Perrazzelli ha affrontato anche il tema della crescita dell’economia italiana, mettendo in evidenza che il ritmo di espansione “si mantiene su valori prossimi allo zero”, e che, guardando al futuro, ci sono “numerosi fattori di rischio”.

In particolare, “l’attività risente della fase negativa del ciclo industriale nell’area euro, particolarmente sfavorevole nel settore manifatturiero della Germania, con cui le imprese italiane hanno stretti legami produttivi e commerciali”. Di conseguenza, “sulle prospettive, in Italia e nell’area euro gravano numerosi fattori di rischio, in primo luogo quelli derivanti dai conflitti commerciali”, anche se “le misure adottate dal consiglio direttivo della Bce mirano a riportare l’inflazione su livelli compatibili con l’obiettivo della stabilità dei prezzi e a rafforzare il sostegno della politica monetaria all’economia”.