Ucraina-Russia: FT striglia Europa per dipendenza da gas russo. ‘Ponga fine a questa abitudine, i modi ci sono’
L’Europa trovi il modo di tagliare quel cordone ombelicale che la lega alla Russia di Vladimir Putin, soprattutto trovi il modo di diventare meno dipendente dal gas russo. “Europe must end its Russian energy habit”, ovvero “l’Europa deve porre fine alla sua abitudine al gas russo”: il titolo dell’ articolo del Financial Times ha i toni di un aspro rimprovero.
D’altronde, proprio questa dipendenza ha impedito a Bruxelles di includere le cosiddette banche del gas, in primis Gazprombank e Sberbank, nella lista delle istituzioni russe cacciate dal sistema dei pagamenti internazionali Swift. Ovvio il motivo, visto che è tramite queste banche che i paesi Ue pagano per le importazioni di gas e petrolio russi, di cui hanno un continuo e disperato bisogno.
L’FT ricorda che più di un terzo del petrolio che l’Europa importa viene dalla Russia, così come proviene dalla Russia il 40% delle sue importazioni di gas.
FT: l’errore di Merkel con addio nucleare e ok a Nord Stream 2
Il punto è che l’Europa già “ha perso l’opportunità di ridurre questa dipendenza dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin del 2014”, fa notare il quotidiano britannico, che ricorda come, anzi, le importazioni energetiche dalla Russia salirono in quel periodo, per sostituire il minor utilizzo del carbone e la decisione della Germania di dire addio all’energia nucleare”, decisione che venne ufficializzata nel 2011.Un errore che l’editorial board dell’Ft fa fatica a perdonare.
“Questo sbaglio – scrive il quotidiano britannico – è stato peggio di una semplice negligenza”. Non solo. Dito puntato contro la “cancelliera (tedesca) Angela Merkel”, che “supervisionò il lancio del Nord Stream 2 nel 2018, aiutando attivamente Putin a guadagnare un vantaggio strategico. C’è voluta l’aggressione della scorsa settimana (dell’Ucraina da parte della Russia, 24 febbraio 2022) per convincere il suo successore (cancelliere Olaf Sholz) a sospendere la certificazione di un gasdotto già completato”.
L’appello del Financial Times è il seguente:
“L’Europa deve trovare ora urgentemente soluzioni per sostituire il gas russo, nel caso in cui Putin decidesse di tagliare le forniture di energia in risposta alle sanzioni e al lodevole sostegno che l’Europa sta dando all’Ucraina” Ma “anche escludendo una tale reazione – qualcosa che non può essere fatto – l’Unione europea dovrebbe in ogni caso mettersi nella posizione di lanciare un embargo sulle vendite russe di gas e petrolio, nel caso in cui una opzione del genere venisse considerata il modo migliore di aumentare la pressione sul Cremlino”.
Certo, “riuscire a farcela senza il gas russo è difficile. Ma non impossibile. La primavera è alle porte, una quantità ulteriore di gas naturale liquefatto può essere acquistata sui mercati mondiali, e si può decidere di riattivare sia l’energia fossile e l’energia nucleare. Possono essere adottate misure di conservazione dell’energia per abbassare la domanda a livelli gestibili”.
L’FT non vuole minizzare l’impatto di un divorzio europeo dal gas russo: ma cita le parole del ministro delle finanze tedesco Christian Lindner, che ha detto che l’energia libera dal carbone sarà l’energia della libertà dell’Europa.
E’ insomma questo il momento di investire in forme di energia pulita, fermo restando che, nel breve termine, l’articolo ammette che potrebbe essere necessario rimettere in moto l’energia fossile.
Gas russo, Draghi: imprudenza di non aver diversificato fonti energia
Da segnalare le parole del presidente del Consiglio, Mario Draghi, nell’informativa alla Camera sul conflitto tra Russia e Ucraina, che ha ammesso che “potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato”. E che “il Governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia, ove questo fosse necessario”.
Draghi ha ricordato che “la maggiore preoccupazione riguarda il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento dal 27% di dieci anni fa”.
Ancora: “Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 – a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi. Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità e evitare il rischio di crisi future”.