Tregua commerciale toccasana su più fronti, dalla campagna di Trump all’azionario cinese
La rinnovata tregua sul fronte commerciale e la ripresa dei negoziati, potrebbe portare nel breve termine ad uno slancio positivo sull’azionario. A dirlo Anthony Chan, Chief Asia Investment Strategist di Union Bancaire Privée (UBP) il quale ricorda come lo scorso 11 ottobre Cina e Stati Uniti hanno deciso di lavorare a un accordo commerciale parziale che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha definito “Fase uno”, propedeutica ad una serie di fasi successive che serviranno ad affrontare questioni più ampie e fondamentali.
Tregua commerciale: dove la Cina farà concessioni
Sono tre le aree principali di discussione e Trump spera di firmare un accordo commerciale parziale con il presidente cinese Xi Jinping alla riunione APEC di metà novembre. Trattasi in particolare dell’apertura dei servizi finanziari cinesi, la protezione dei diritti di proprietà intellettuale (DPI) delle imprese statunitensi in Cina e un’intesa su un patto valutario simile a quello previsto dall’accordo commerciale USA-Messico-Canada. Secondo l’esperto di UBP, su queste tre questioni la Cina non avrà difficoltà a fare delle concessioni ma, al di là della “Fase Uno”, le discussioni sulle questioni fondamentali sono le più difficili su cui raggiungere un compromesso. Il problema più incombente, dice l’analista, è che la politica statunitense di isolamento della Cina si è ramificata in aree più ampie che hanno un sostegno bipartisan.
Tregua commerciale non basterà alle aziende
Uno scenario ottimale (anche se ancora poco probabile), a nostro avviso, è che Trump accetti un “accordo a metà”, da utilizzare poi durante la campagna per la rielezione. Certo che, sottolinea Chan, la tregua commerciale fornirà un certo sostegno agli investitori e al sentiment dei consumatori ma non sarà sufficiente per rilanciare in modo significativo gli utili aziendali, i piani di spesa in conto capitale, la spesa per i consumi e la crescita della Cina, data la persistente incertezza su quelle questioni fondamentali relative al commercio e all’accesso al mercato, nonché sull’attuale rallentamento strutturale dell’economia cinese.
“Detto questo, siamo costruttivi nel breve termine e vediamo uno slancio positivo per l’azionario cinese e di Hong Kong da qui alla firma della Fase Uno” continua l’analista. “I livelli di aprile/inizio maggio – in cui gli investitori erano ottimisti su un accordo commerciale interinale – restano il nostro riferimento di rialzo per entrambi i mercati. Per qualsiasi overshooting dei multipli al rialzo e, in assenza di passi in avanti nelle trattative della seconda fase, è necessaria cautela dal punto di vista del rischio e della ricompensa”. “In particolare, ci aspettiamo che l’Hang Seng Index (HSI) riveda il livello da 28.500 a 29.500 (forward price to earnings o P/E a 11,7x dall’attuale 10,7x) – supponendo che il prolungarsi delle proteste di Hong Kong rimanga costante. L’MSCI Cina – conclude l’esperto – godrà di un altro 8-10% in rialzo in quanto il forward P/E tratta fino a 12,5x a 13,0x (da 11,7x) con il continuo lancio di stimoli politici”.