Notizie Indici e quotazioni Spread BTP-Bund a record da nascita Conte bis. Trader tornano a vendere Italia e anche Spagna

Spread BTP-Bund a record da nascita Conte bis. Trader tornano a vendere Italia e anche Spagna

15 Novembre 2019 12:42

Torna la paura spread in Italia. Diversi sono i motivi che hanno scatenato nella giornata di ieri i forti smobilizzi sulla carta italiana. C’è chi ha citato la pubblicazione, da parte di Moody’s del Global Macro Outlook, da cui è emerso, come ha fatto notare Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr, che “in Italia la crescita rimarrà debole e inferiore alla maggior parte dei paesi dell’Eurozona”.

Per la precisione Moody’s ha reso noto di stimare una crescita del Pil +0,2% nel 2019, seguita da un +0,5% nel 2020″. Sempre Sersale ha fatto notare che è tuttavia “difficile identificare una causa singola per lo storno” e che, “come notato nei giorni scorsi, il newsflow per i periferici non è stato granchè bello di recente”.

Ovvero: “le elezioni spagnole non hanno risolto l’impasse, e in Italia vi è stato l’1-2 delle elezioni in Umbria e della crisi Ilva, con quest’ultima vicenda che sembra complicarsi sempre più”.

Fatto sta che “il consenso degli investitori si era forse un po’ adagiato sull’eliminazione del rischio di scontri con l’EU, e lo spread generoso, in una fase in cui i rendimenti sono bassissimi, aveva indotto a creare posizioni rilevanti, che ora stanno venendo eliminate un po’ precipitosamente, per proteggere le performance in vista di fine anno. In più sulla parte breve l’entrata in vigore del tiering sta forse inducendo alcune banche a vendere, per parcheggiare a 0% presso l’ECB nell’ambito del proprio plafond. Infine si ricorda che, stasera a mercati chiusi, DBRS aggiornerà il suo rating sull’Italia (attualmente BBB con outlook stabile)”.

Il risultato è che lo spread con i Bund a 10 anni ha toccato ieri il picco a 168 punti base, al record dalla fine di agosto, praticamente al record dalla nascita del governo Conte bis, rispetto ai minimi sotto quota 130 che erano stati testati appena un mese fa.

Oggi lo spread si sta restringendo, attestandosi attorno a 161 punti base secondo i dati di Bloomberg. Ma il forte rialzo dei rendimenti, nelle ultime settimane, è un dato inequivocabile. Ieri i tassi sui BTP decennali sono saliti fino all’1,32%, rispetto al minimo storico dello 0,805% toccato lo scorso 4 settembre. Su base settimanale, secondo i dati di Reuters, i tassi italiani sono saliti di ben 11 punti base, e si avviano a concludere la quarta settimana consecutiva di rialzi.

Interpellato da Reuters, un trader dei BTP ha così commentato: “I volumi sono molto sottili. Di conseguenza ogni movimento del mercato è accentuato. Detto questo, stiamo assistendo al ritorno al passato, con i paesi periferici dell’Eurozona – Italia ma anche Spagna – che si stanno differenziando dai ‘core’ a causa dei loro problemi politici interni”.

Nel caso dell’Italia, il problema risiede nell’eterno dubbio sulla sopravvivenza del governo M5S-PD, visto che non sono mancati scontri interni alla maggioranza nella formulazione della legge di bilancio per il 2020.

Oggi Bankitalia ha reso noto che a settembre il debito pubblico italiano è sceso. Nel dettaglio,  il debito delle amministrazioni pubbliche è diminuito di 23,5 miliardi rispetto al mese precedente, risultando pari a 2.439,2 miliardi (ad agosto era pari a 2.462,6 miliardi). Il calo, spiega Bankitalia, è dovuto alla riduzione di 43,7 miliardi delle disponibilità liquide del Tesoro (a 45,8 miliardi alla fine di settembre), che ha più che compensato il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (22,6 miliardi); gli scarti e i premi all’emissione e al rimborso, la rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e la variazione dei tassi di cambio hanno complessivamente diminuito il debito di 2,3 miliardi.

Sebbene in calo, il debito rimane tuttavia incredibilmente elevato, motivo per cui la carta italiana rimane, più che ostaggio dei casi Ilva, delle percezioni su cosa farà la Bce, o dei vari giudizi delle agenzie di rating, ostaggio prima di tutto dei conti pubblici eternamente in rosso dell’Italia.

Molti sono tra l’altro i trader che sottolineano come una Bce guidata da Christine Lagarde – si deve ancora capire fino a che punto la neo presidente dell’istituto riuscirà a essere dovish tanto quanto il suo predecessore Mario Draghi, e soprattutto se lo vorrà – potrebbe decidere di aspettare un po’ prima di lanciare nuovi stimoli monetari, dopo il bazooka di Draghi annunciato a settembre, che include anche il ripristino del Quantitative easing (ripartito all’inizio di questo mese).

Ma non è solo la carta italiana a soffrire. Le elezioni in Spagna hanno rinnovato anche i timori sulla stabilità politica del paese, tanto che lo spread Bonos-Bund a 10 anni viaggia attorno a 79 punti base, al massimo dalla metà di settembre. Il rialzo riflette il timore dei mercati sulla possibilità che un governo tra i socialisti di Pedro Sanchez e la sinistra di Podemos possa premere l’acceleratore sulla spesa pubblica.

Così Daniel Lenz, strategist sui tassi presso DZ Bank, stando a quanto riporta Reuters: “In generale, negli ultimi giorni c’è stata un’avversione al rischio e uno spostamento degli investimenti dalla periferia ai mercati core. Questo, anche perché gli investitori stanno optando per le prese di profitto prima della fine dell’anno, ma anche perchè, ogni volta che i Bund diventano appetibili, gli investitori iniziano a spostare soldi dalla periferia”.

A conferma di come l’appetibilità dei Bund sia tornata, i tassi decennali sulla carta tedesca sono scesi di 8 punti base, questa settimana, riportando la flessione più forte dalla metà di agosto.

In ribasso anche i rendimenti decennali olandesi, calati di 7 punti base, mentre i tassi sui bond francesi sono scesi di 5 punti base.

Il calo dei tassi conferma – per la relazione inversamente proporzionale che esiste tra i prezzi delle obbligazioni e i rendimenti – che questa settimana gli investitori sono tornati a puntare sui titoli di stato dei paesi ‘core’, in quanto considerati più sicuri, anche alla luce delle incertezze sulla reale intenzione di Usa e Cina di firmare la Fase 1 di una eventuale intesa commerciale.