Azionario Asia sconta nuovi timori no-deal Brexit, Tokyo -0,55%. Focus su piano Hong Kong su operazioni Ipo
L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso la sessione in ribasso dello 0,55% a 23.934,43 punti. Borsa di Shanghai in calo dello 0,30%, Hong Kong giù dello 0,14%, Sidney piatta con +0,06%, Seoul -0,10%.
Azionario asiatico in generale sotto pressione, con gli operatori che tornano a scontare il rischio di no deal Brexit, alimentato dal premier Boris Johnson, reduce da una vittoria significativa alle elezioni generali UK dello scorso 12 dicembre, con il partito dei Tories.
In primo piano le indiscrezioni riportate dalla stampa britannica, secondo cui Johnson rivedrà la legge sulla Brexit (formalmente nota come Withdrawal Agreement Bill) per escludere in modo esplicito la possibilità di una qualsiasi estensione del periodo di transizione, oltre il dicembre del prossimo anno.
Se ciò avvenisse, il Regno Unito avrebbe solo 11 mesi di tempo per siglare un accordo commerciale con l’Unione europea, dopo la sua uscita dal blocco prevista entro il prossimo 31 gennaio 2020. Secondo alcuni analisti, il tempo potrebbe non bastare.
Focus anche sul piano dell’Hong Kong Stock Exchange, che punta – secondo indiscrezioni Reuters – a ridurre il tempo che intercorre nelle operazioni di Ipo tra il momento in cui l’Ipo viene prezzata e quello in cui la società in questione sbarca in Borsa ad appena un giorno. Questo, al fine di consentire che il mercato sia in linea con altre piattaforme di scambio, come quelle di New York.
Dal fronte delle banche centrali, oggi la People’s Bank of China ha tagliato i tassi reverse repo a 14 giorni dal 2,7% al 2,65%, lasciando invariato il tasso a 7 giorni al 2,50%. I tassi a sette giorni erano stati tagliati a novembre per la prima volta in più di 4 anni.
Il taglio del tasso a 14 giorni è il primo in oltre tre anni e arriva in aggiunta alla prima iniezione di fondi operata dalla banca centrale cinese dopo 20 giorni in cui l’istituzione non ha effettuato alcuna operazione di mercato aperto. E’ stato iniettato oggi l’equivalente di 200 miliardi di yuan.
Dal fronte macro rese note le esportazioni giapponesi, scese per il 12esimo mese consecutivo a novembre, a causa soprattutto del calo delle consegne negli Stati Uniti e in Cina. Il dato aumenta i timori di una contrazione del Pil giapponese nel corso del quarto trimestre dell’anno.
I dati ufficiali diramati oggi hanno mostrato che l’export del Giappone è calato del 7,9% su base annua a novembre, meno del -8,6% atteso dagli economisti intervistati da Reuters. Il dato risulta tuttavia negativo, soprattutto a causa delle minori esportazioni di auto e macchinari per il mercato edilizio verso gli Usa e le minori consegne di prodotti chimici alla Cina.
La serie di ribassi delle esportazioni è la più lunga dal calo dell’export durato 14 mesi fino al novembre del 2016, e riflette la guerra commerciale inaugurata dall’America First di Donald Trump che dura da 18 mesi.
Tonfo delle importazioni del Giappone, crollate del 15,7% su base annua a novembre, con un calo che si conferma il peggiore dall’ottobre del 2016, ben superiore al -12,7% atteso dal consensus. Il risultato è che la bilancia commerciale del Giappone ha rivelato un deficit di 82,1 miliardi di yen, comunque molto inferiore al buco da 369 miliardi stimato dagli analisti.