Incubo coronavirus, in Cina inizia conta danni a economia. Impatto Pil peggio che da Sars?
Mentre il bilancio delle vittime e dei casi accertati continua a salire, inizia in Cina anche la triste conta dei danni che il coronavirus sta infliggendo all’economia. Per la precisione, la seconda economia del mondo, con tutte le ripercussioni sull’economia mondiale che si possono immaginare.
L’impatto più immediato, nel bel mezzo dei festeggiamenti (tristi, se non in alcuni casi banditi) del Capodanno lunare, è stato sul settore del turismo. Diversi i viaggi che sono stati cancellati da e verso le città cinesi messe in quarantena. Ma diverse, anche, le cancellazioni da e verso la Cina.
A livello nazionale, come riportato dal viceministro dei trasporti Liu Xiaoming, nella giornata di sabato 25 gennaio, primo giorno del Nuovo anno lunare, i viaggi sono crollati del 28,8% su base annua, così distribuiti: -41,6% di viaggi con aerei civili; -41,5% gli spostamenti via treno; -25% viaggi in macchina. E il settore viaggi-turismo, ovviamente, è solo una parte dell’immensa economia cinese.
Forbes riporta in un articolo dedicato agli effetti del coronavirus sull’economia cinese le parole di Agathe Desmarais, economista globale presso l’Economist Intelligence Unit, secondo cui, se il diffondersi del virus raggiungerà la potenza del contagio della Sars, la crescita del Pil reale della Cina potrebbe essere ridotta, nel 2020, di metà punto percentuale, portando il ritmo di espansione al di sotto del 5,5% per la prima volta in assoluto.
Per avere un’idea degli effetti che una pandemia potrebbe avere sull’economia cinese, ma anche mondiale, Forbes cita uno studio condotto dalla John Hopkins University, stilato in collaborazione con il World Economic Forum e la Fondazione di Bill and Melinda Gates, e presentato a ottobre dello scorso anno all’Event 201: A Global Pandemic Exercise.
Lo studio si basa sull’assunto di un virus proveniente dagli allevamenti di suini in Brasile che inizia a infettare il mondo intero. Dalla simulazione emerge un numero di 65 milioni di persone infettate nell’arco di 18 mesi. Gli autori precisano che non si tratta né di una previsione né di uno studio che si basi sul coronavirus che ha colpito la Cina e che sta mettendo in allarme tutto il mondo. La pandemia contemplata presuppone infatti il diffondersi di un virus molto più potente di quello che sta infettando il paese.
Dall’analisi emerge che una eventuale riduzione della crescita del Pil cinese di 1 punto percentuale sottrarrebbe all’economia mondiale una espansione pari a -2 punti percentuali. Vale la pena ripetere che lo scenario paventato è decisamente più drammatico di quello che sta sviluppando nella realtà dei fatti.
Certo, il timore è che il contagio del coronavirus rischi di essere superiore addirittura a quello della Sars, che infettò 8.096 persone in tutto il mondo, provocando 774 morti. E’ questo il pericolo di cui Barclays ha parlato in una nota ai clienti. Gli analisti della banca d’affari hanno tra l’altro calcolato che, dallo scorso 10 gennaio fino a quando Wuhan, focolaio del coronavirus, è stata isolata lo scorso 23 gennaio, è possibile che 4-5 milioni di persone abbiano lasciato per motivi di lavoro o personali la città.
E se la Sars aveva colpito principalmente Pechino, Guangdong e Hong Kong, viene fatto notare, la maggiore mobilità dei cinesi rischia di rendere più difficile frenare il contagio del coronavirus.
La BBC riporta in un articolo le previsioni di Jennifer McKeown di Capital Economics basate sugli studi effettuati sulla Sars. L’esperta ricorda che il Pil globale scontò il contagio del virus con una perdita di 1 punto percentuale nel secondo trimestre del 2003.
Le conseguenze, ha scritto McKeown, furono dunque notevoli. Ma notevole fu anche la capacità di ripresa dell’economia. Certo, è difficile fare una comparazione esatta, visto che il quadro all’epoca, e anche oggi, era condizionato dalla presenza di altri fattori che condizionavano il tasso di crescita. Un report per ora segnalato dalla BBC quantifica i danni all’economia globale in 40 miliardi di dollari da parte del coronavirus.
I pessimisti, in ogni caso, non mancano. Intanto, si deve considerare come la seconda economia del mondo sia cresciuta, l’anno scorso, al ritmo più lento in quasi trent’anni, alle prese con diverse sfide, tra cui l’aumento del debito, il rallentamento della domanda interna e i dazi Usa, ovviamente, molti dei quali rimangono in essere nonostante la recente tregua “Fase 1” firmata con Washington lo scorso 15 gennaio.
Altra preoccupazione di Pechino è la disoccupazione, tanto che il governo ha annunciato di recente una nuova ondata di stimoli per prevenire nuovi round di licenziamenti massicci.
Robert Carnell, economista di ING, fa notare che, al momento, l’economia cinese ce la sta appena facendo, e che il timing del coronavirus non poteva essere peggiore, visto che il virus si è presentato proprio in quella parte dell’anno – in cui si festeggia per l’appunto il Capodanno lunare – che tende a dare una forte spinta al Pil cinese.
Macquarie Group ricorda poi che, nel secondo trimestre del 2003, in piena fase di panico per la Sars, il tasso di crescita dell’economia cinese rallentò al 9,1%, rispetto all’11,1% del primo trimestre di quell’anno. Questa volta, secondo gli analisti di Commerzbank Hao Zhou e Marco Wagner, l’impatto potrebbe essere più forte. Basti pensare, per esempio, che il turismo oggi incide sul Pil cinese per il 5% circa, rispetto al 2% nel 2003.