Turismo indietro tutta: nel 2020 le presenze sui livelli degli anni ’60
Il coronavirus ha cancellato oltre mezzo secolo di turismo. Anche immaginando una risoluzione veloce dell’emergenza sanitaria in Italia, l’effetto della pandemia sul mercato internazionale e sulla fiducia dei viaggiatori porterà a chiudere l’anno con una riduzione di oltre 260 milioni di presenze rispetto allo scorso anno (-60%). Il turismo italiano chiuderebbe dunque il 2020 con circa 172 milioni di presenze, livelli che si registravano a metà anni ‘60, quando il mondo era diviso in blocchi e i viaggi aerei erano un lusso per pochi. E la ripresa del mercato non avverrà prima dell’inizio del 2021, se tutto va bene. A stimarlo è CST per Assoturismo Confesercenti.
La stima, oltretutto, si muove dall’ipotesi di un contenimento della fase peggiore dell’emergenza sanitaria italiana entro aprile, con un graduale ritorno alla normalità a maggio. Ma è lecito presumere che frontiere e collegamenti internazionali rimarranno bloccati finché la pandemia non sarà arretrata almeno nei principali mercati turistici esteri, che dovrebbero recuperare, nella migliore delle ipotesi, solo a partire dal 2021.
Una frenata di questo tipo porterebbe a 29,1 miliardi di minore spesa turistica. E l’impatto non sarebbe limitato solo alle imprese del settore della ricettività, ma coinvolgerebbe anche altri comparti correlati. Quasi la metà della perdita dei consumi (14,4 miliardi), infatti, si realizzerebbe nel settore ristorazione e servizio bar (6,4 miliardi in meno), nelle vendite della rete commerciale (5,1 miliardi di euro in meno) e nei fatturati delle imprese di trasporti collegate alla mobilità territoriale, compreso autonoleggio NCC (2,9 miliardi in meno).
“Di fronte a uno scenario così, gli interventi previsti dal decreto Cura Italia per le imprese del turismo, purtroppo, sono inconsistenti”, ha commentato Vittorio Messina, presidente di Assoturismo Confesercenti.