Petrolio, minaccia shock con Russia: Goldman Sachs presenta soglia pericolo recessione
Goldman Sachs presenta la soglia pericolo recessione Usa dei prezzi del petrolio. La soglia è pari a 200 dollari al barile, come fa notare il capo economista Jan Hatzius:
“Stimiamo che sarebbe necessario un aumento sostenuto dei prezzi del petrolio fino a 200 dollari per provocare uno shock sui redditi simile in intensità a quelli che scatenarono le recessioni del 1974 e del 1979. E questo aumenterebbe in modo significativo le probabilità di una recessione nel 2022″.
Il tema petrolio è quanto mai attuale, in un momento in cui il mercato teme uno shock dell’offerta provocato da una eventuale chiusura dei rubinetti verso i paesi occidentali da parte della Russia di Vladimir Putin.
In realtà Putin non ha affatto intenzione, almeno per ora, di vietare le esportazioni delle sue materie prime: le ultime dichiarazioni confermano la sua intenzione di continuare con le consegne, a patto tuttavia che i paesi ostili paghino in rubli.
E’ vero anche che, contrariamente all’Europa tuttora angustiata dai dubbi a causa della sua forte dipendenza dalla Russia, gli Stati Uniti di Joe Biden hanno imposto un embargo sul petrolio e sul gas di Putin.
Proprio il timore di uno shock dell’offerta ha fatto volare i prezzi del petrolio, nelle ultime settimane, fino ai nuovi massimi in più di un decennio, con il Brent che si è avvicinato alla soglia di $140 al barile, record dal 2008 e il WTI schizzato fino a $130,50 valore più alto, anche in questo caso al livello più alto degli ultimi 14 anni.
I prezzi hanno fatto poi dietrofront in modo brusco, bucando anche la soglia di $100 al barile, poi prontamente riacquistata, tanto che sia il WTI e il Brent si apprestano a concludere questa settimana in rialzo per la prima volta in tre settimane, con il Brent che ha incassato un guadagno del 10% e il WTI avanzato del 7%, sulla scia dei timori, di nuovo, di una contrazione dell’offerta dovuta alle sanzioni contro la Russia che, ricordiamo, è il secondo esportatore al mondo di oil.
Per Michael Tran, analista di RBC Capital, non è impensabile che i prezzi del petrolio volino “fino a $200 entro l’estate, scatenando così una recessione, per terminare poi nei pressi di $50 al barile”.
“A essere chiari – ha detto questo Tran a Yahoo Finance Live – non è il nostro scenario di base, ma non è neanche uno scenario non plausibile”.
Detto questo, l’avvento di una recessione negli Stati Uniti non è neanche lo scenario di base di Hatzius, almeno per quest’anno, visto che la view è di una crescita del Pil Usa pari a +1,9%.
Il motivo viene spiegato dallo stesso capo economista di Goldman Sachs: c’è una differenza con gli shock che si sono manifestati negli ultimi anni, in quanto in quei casi le recessioni e gli shock delle commodities – si parla degli anni 1974, 1980, 1990 e 2008 “compensarono a pieno il trend su base annua dei redditi su base reale, portando i consumi su base reale a non riuscire ad aumentare senza attingere ai risparmi”.
“Non è questo il caso del 2022 – scrive Hatzius – grazie alla forte crescita dell’occupazione e dei salari, così come non è stato nel caso dei rialzi dei prezzi delle commodities e delle fasi di espansione del 1999, 2005 e 2010. In più, ci sono risparmi in eccesso per un valore superiore ai $2 trilioni accumulati durante la pandemia e, ancora, il rapporto record tra la ricchezza delle famiglie e il reddito significa che esistono ulteriori cuscinetti per la crescita delle spese per consumi di quest’anno”.
Dunque, per ora si può stare tranquilli. Non sono tranquilli però certo i consumatori e le aziende, dagli Stati Uniti all’Europa, alle prese con i rincari dei prezzi della benzina e dei carburanti. Una rassicurazione arriva però da JP Morgan:
“Sono i prezzi elevati la cura per i prezzi elevati (delle commodities)”.
Per JP Morgan, i prezzi diventeranno talmente insostenibili da provocare la distruzione della domanda: fattore che, di per sé, farà scendere le quotazioni del petrolio.
Ovviamente, hanno scritto gli analisti di JP Morgan tra cui Natasha Kaneva, “i prezzi elevati non solo l’unica forza distruttiva della domanda del mondo, in questo momento”. (le quotazioni sono scese a un certo punto anche per l’alert Covid in Cina).
In ogni caso JP Morgan ha rivisto al ribasso le stime sulla domanda del secondo trimestre di 1,1 milioni di barili al giorno, riducendo l’outlook per i due trimestri rimanenti di 500.000 barili circa. “Le revisioni sono concentrate pesantemente in Europa, che rimane l’epicentro dello shock geopolitico“.