‘Pagamenti gas solo in rubli’. La ricetta di Putin funziona (almeno nel breve): rublo in forte rimonta
Acquisti sul rublo, che continua a rafforzarsi nei confronti del dollaro Usa, salendo di oltre il 2%, a 87,40, livello record dal 28 febbraio, ovvero da quando erano passati quattro giorni appena dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Un articolo del Guardian riporta la dichiarazione di Iskander Lutsko, responsabile strategist della divisione di investimenti di ITI Capital: a suo avviso, la valuta è stata sostenuta proprio dalla richiesta (pretesa) avanzata giorni fa dal presidente russo Vladimir Putin; quella di vendere il gas e il petrolio russi ai ‘paesi ostili’ accettando solo pagamenti in rubli.
Una ritorsione, quella di Putin, seguita alle sanzioni che l’Occidente ha imposto sulla Russia, e che ha colto di sorpresa e spaventato soprattutto l’Europa, fortemente dipendente dalle forniture energetiche russe.
Putin ha vietato praticamente i pagamenti in euro, dollari e qualsiasi altra valuta che non sia il rublo, nell’intento di rivitalizzare la moneta, scivolata fino a valori minimi record nei confronti del biglietto verde e altre monete a seguito della guerra in Ucraina, prezzando anche l’isolamento totale in cui è piombata Mosca, colpita da più parti da varie misure punitive.
Il diktat ‘solo pagamenti in rubli’ è stato confermato qualche giorno fa dal colosso del gas russo Gazprom, a cui il capo del Cremlino ha dato solo quattro giorni di tempo per aggiornare il sistema dei pagamenti.
La questione è quanto mai attuale e tra i giganti dell’oil Eni, per voce dello stesso ceo Claudio Descalzi, ha manifestato tutta la sua intenzione di non pagare in rubli“.
Detto questo, il rublo ha ricevuto indubbiamente un assist dalle condizioni poste da Putin: in Russia sono inoltre attivi controlli sui capitali che obbligano le aziende esportatrici a convertire l’80% dei profitti conseguiti all’estero in rubli.
Il risultato è che la moneta paria è risalita al record in un mese nei confronti del dollaro.
Focus anche sulla borsa di Mosca, con il trading dell’indice MOEX tornato ieri operativo al 100%.
La borsa di Mosca ha riaperto i battenti il 24 marzo scorso, sebbene in modo parziale, dopo uno stop durato un mese: il trading è ripartito su 33 azioni, rispetto al totale di 50 titoli scambiati sull’indice azionario benchmark MOEX. Ferree le condizioni stabilite dalla Banca centrale della Russia: divieto agli investitori stranieri di vendere le azioni, in base a quanto deciso già alla fine di febbraio, e neanche bond denominati in rubli OFZ, almeno fino al prossimo 1° aprile. E divieto di short selling, ovvero di vendite allo scoperto.
Ieri, lunedì 28 marzo, è ripartito il trading su tutti i 50 titoli scambiati sull’indice MOEX.
Il listino oggi è in calo dello 0,91%, dopo essere scivolato fino a -2,45% e aver riportato all’inizio della sessione un guadagno di oltre il 4%. Molto meglio l’indice azionario denominato in dollari, l’RTS index, in rally del 4% dopo essere volato di oltre il 10% all’inizio delle contrattazioni.
La volatilità è destinata a permanere, e il trend dell’azionario russo, come ha detto l’analista Lutsko, “dipenderà dai progressi nei negoziati tra la Russia e l’Ucraina”.