Biden e la mossa anti caro petrolio e benzina: verso maxi piano emergenza per rilasciare fino a 180 milioni di barili
Joe Biden pronto a intensificare la sua lotta contro il caro-benzina con il rilascio di riserve strategiche Usa fino a 180 milioni di barili. L’indiscrezione conferma la battaglia che il presidente americano ha lanciato contro l’impennata dell’inflazione negli States provocata dal balzo del petrolio e di altre commodities.
La notizia, insieme a quella relativa alla contrazione degli indici Pmi in Cina per effetto lockdown da Covid, ha affondato i prezzi del petrolio con ribassi fino a quasi -6%.
L’annuncio del piano di emergenza, riportano fonti della Casa Bianca, potrebbe arrivare nella giornata di oggi, insieme alla presentazione di altre misure che l’amministrazione avrebbe intenzione di varare per far abbassare i prezzi alla pompa.
Non sono emersi finora dettagli sulla durata del prelievo di emergenza di petrolio dalle riserve strategiche Usa, ma le fonti interpellate hanno parlato di un intervento che potrebbe durare diversi mesi.
La mossa, indubbiamente, è tesa a risollevare anche la popolarità del presidente degli Stati Uniti: popolarità affondata proprio a causa della fiammata dell’inflazione che, come dimostrato dall’indice dei prezzi al consumo volato del 7,9% a febbraio, continua a inanellare nuovi record degli ultimi 40 anni.
Il costo della benzina e del carburante è schizzato al rialzo con l’invasione dell’Ucraina dalla Russia del 24 febbraio scorso. Gli Stati Uniti, all’inizio di marzo, hanno annunciato l’embargo sul petrolio e sul gas della Russia.
Sebbene in ritirata dai massimi storici, i prezzi del petrolio crude – che nelle ultime settimane erano volati fin oltre quota $130 – oscillano nei pressi di $105, rispetto ai $60 dell’anno scorso.
Il rally è stato fomentato soprattutto dalla paura di uno shock dell’offerta provocato dal fattore Russia, primo esportatore globale di petrolio, e il secondo esportatore di petrolio crude al monddo dopo l’Arabia Saudita (dati dell’Agenzia Internazionale di energia) .
C’è da dire che, negli Stati Uniti, i produttori di petrolio si sono concentrati inoltre più sulle esigenze degli azionisti che non su quelle dei consumatori, stando almeno a quanto riportato la scorsa settimana dalla Dallas Federal Reserve: il 59% circa dei manager intervistati ha riferito infatti che, tra le ragioni che hanno frenato la loro maggiore produzione, c’è stata la pressione degli azionisti, che hanno chiesto alle aziende di preservare “la disciplina di capitale” e dunque di non aumentare l’offerta di oil.
Biden aveva già attinto alle riserve strategiche Usa lo scorso novembre, quando aveva annunciato il rilascio di 50 milioni di barili in coordinamento con altri paesi.
Dopo l’inizio della guerra in Ucraina, gli Stati Uniti e 30 altri paesi avevano raggiunto inoltre un accordo per rilasciare una quantità aggiuntiva di 60 milioni di barili dalle loro riserve, con gli Usa che avevano inciso sul contributo per la metà circa.
Nelle ultime ore si è diffusa anche la notizia della riunione di emergenza indetta per la giornata di domani dall’Agenzia internazionale dell’Energia (The International Energy Agency) per discutere in merito all’offerta di petrolio.
Petrolio in primo piano oggi anche per la riunione odierna dell’Opec+, l’associazione che riunisce i paesi Opec come l’Arabia Saudita e non Opec come la Russia:
a tal proposito, nelle ultime ore, il ministro dell’energia dell’Arabia Saudita ha già detto che l’OPEC+ terrà la politica fuori dal suo processo decisionale, a favore del “bene comune” della stabilizzazione dei prezzi dell’energia, il che significa che nel meeting odierno sarà confermata l’intenzione dell’Opec+ di rimanere fedele a quanto deciso l’anno scorso, ovvero di proseguire con il rilascio di una ulteriore offerta pari a 400.000 al giorno anche per il mese di aprile.
Biden sta facendo pressioni sia sull’Arabia Saudita che sul Venezuela, entrambi paesi membri dell’Opec, affinché aumentino la produzione di petrolio per far scendere i prezzi. Gli stati membri dell’Opec hanno tuttavia risposto finora sempre con un no deciso.
All’inizio della settimana il ministro dell’energia degli Emirati Arabi Uniti è stato chiaro nel sottolineare che nessun paese potrebbe mai sostituire il petrolio della Russia.
“La Russia è un membro importante (dell’Opec+) e, politica a parte, di quella quantità oggi c’è bisogno. A meno che qualcuno non arrivi e non porti 10 milioni di barili”, nessuno potrà sostituire l’offerta russa, ha sottolineato il ministro.
Tornando al piano di emergenza di Joe Biden Warren Patterson, responsabile della divisione di strategia sulle commodities di ING, riferendosi all’obiettivo presunto di liberare dalle riserve strategiche fino a 180 milioni di barili, ha così commentato: “Se fosse così, si tratterebbe di una quantità significativa, che sarebbe sicuramente di aiuto fino a un certo punto per ovviare a parte dell’offerta, ma non a tutta”. “Un’altra domanda chiave è se questa quantità farebbe parte di un rilascio coordinato” con altri paesi.