Wall Street in tempi di guerra: verso prima perdita trimestrale da inizio incubo Covid. Ecco il trend del I trim del 2022
Wall Street si prepara a chiudere il primo trimestre del 2022 in rosso, soffrendo la prima perdita su base trimestrale degli ultimi due anni, dal primo trimestre del 2020, inizio ufficiale della pandemia Covid.
In tempi di guerra la borsa Usa rimane in attesa di avere informazioni più precise sull’impatto che il conflitto tra la Russia di Vladimir Putin e l’Ucraina avrà sulla sua economia, come sull’economia di tutto il mondo.
Su base mensile, lo S&P 500 e il Nasdaq hanno guadagnato a marzo ciascuno il 5% circa, mentre il Dow Jones è salito di quasi il 4%. Dall’inizio dell’anno, tuttavia, dunque nell’intero primo trimestre, il Dow Jones e lo S&P 500 hanno perso entrambi il 3% circa, mentre il Nasdaq è scivolato di oltre il 7%.
La paura di rialzi dei tassi Usa più importanti da parte della Fed che finiscano con il provocare una recessione negli Stati Uniti continua a essere oggetto di dibattito, tra chi ha fiducia nella resilienza della crescita economica americana e chi è più pessimista. Alle 15.50 ora italiana, il Dow Jones perde più di 81 punti (-0,23%), a 35.147 punti, lo S&P 500 arretra dello 0,22% a 4.592 e il Nasdaq scende dello 0,27% a 14.404.
Protagonista il tonfo dei prezzi del petrolio, che si spiega sia con la contrazione degli indici Pmi in Cina che con le indiscrezioni sul piano di emergenza anti inflazione e anti caro benzina del presidente americano Joe Biden, pronto a liberare fino a 1 milione di barili al giorno dalle riserve strategiche di petrolio Usa.
Biden, secondo alcune fonti, sarebbe pronto al rilascio di riserve strategiche Usa fino a 180 milioni di barili.
L’indiscrezione conferma la battaglia che il presidente americano ha lanciato contro l’impennata dell’inflazione negli States, provocata dal balzo del petrolio e di altre commodities.
L’annuncio del piano di emergenza, riportano fonti della Casa Bianca, potrebbe arrivare nella giornata di oggi, insieme alla presentazione di altre misure che l’amministrazione avrebbe intenzione di varare per far abbassare i prezzi alla pompa. Non sono emersi finora dettagli sulla durata del prelievo di emergenza di petrolio dalle riserve strategiche Usa, ma le fonti interpellate hanno parlato di un intervento che potrebbe durare diversi mesi.
L’annuncio dell’Opec+ ha ridotto tuttavia le perdite, anche se tutto è avvenuto da programma. Il cartello ha ratificato l’aumento della produzione di 432.000 barili al giorno previsto, continuando a non prendere in considerazione gli effetti dell’aggressione militare in Ucraina portata avanti da uno dei membri, ossia la Russia.
I prezzi del WTI scendono del 3,8%, rivedendo quota $103,70 al barile, dopo essere scesi fino all’area di $101, mentre il Brent arretra di oltre il 4% a $108,54.
Dal fronte macro, è arrivata l’ennesima prova del nove dell’accelerazione dell’inflazione in Usa: nel mese di febbraio, l’indice PCE core – parametro preferito dalla Fed per orientare la propria politica monetaria – è salito su base annua del 5,4%, rispetto al +5,2% di gennaio, accelerando così il passo: l’accelerazione è stata inferiore al ritmo di crescita del 5,5% stimato dal consensus degli analisti, ma ha confermato anche il trend più forte dal 1983. L’indice headline PCE Index è avanzato invece su base annua del 6,4%, dal +6,1% di gennaio, ma a un ritmo inferiore rispetto al +6,7% previsto dal consensus.
L’indice PCE è stato diramato con la diffusione del dato relativo alle spese per consumi e ai redditi personali, da cui è emerso che, sempre a febbraio, i redditi personali degli Stati Uniti sono saliti dello 0,5%, come da attese, accelerando il passo rispetto al dato invariato di gennaio. Le spese per consumi sono cresciute invece dello 0,2%, meno del +0,5% stimato, ma meglio del -0,2% del mese precedente. Su base reale, le spese per consumi sono arretrate tuttavia dello 0,4%, rispetto al +2,2% di gennaio.
Confermata la solidità del mercato del lavoro Usa:
Nella settimana terminata il 26 marzo, il numero di lavoratori americani che hanno chiesto di ottenere per la prima volta i sussidi di disoccupazione è salito di 14.000 unità a 202.000 unità, rispetto alle 188.000 unità della settimana precedente. Il dato, lievemente superiore al rialzo a 196.000 stimato dal consensus, è risalito dal minimo dal 1969 testato la settimana precedente.
In calo, dopo i dati, i tassi sui Treasuries: quelli decennali scendono al 2,34%; quelli a 30 anni viaggiano al 2,467%; cedono anche i rendimenti a due e 5 anni, fattore che evita il fenomeno dell’inversione della curva, tornata alla normalità sia nel tratto tra 5-30 anni (che si era invertito per la prima volta dal 2006), che nel tratto tra 2 e 10 anni, che si era invertito per qualche secondo appena, per la prima volta dal 2019.