Il conto che il COVID presenta all’Italia: debito-PIl oltre 166% e zavorra banche da 12 MLD
Altro che contrazione dell’8% prevista dal governo M5S-PD: il Fondo Monetario internazionale prevede per l’Italia una recessione molto più profonda nel 2020, caratterizzata da un crollo del Pil del 12,8%, peggiore di 3,7 punti percentuali rispetto al -9,1% dell’outlook diramato ad aprile. E’ quanto emerge dall’aggiornamento del World Economic Outlook, l’outlook sull’economia mondiale stilato dall’istituzione di Washington.
Il pesante downgrade sul Pil italiano è nell’ordine delle cose se si considera che, dopo una espansione pari a +2,9% nel 2019, l’Fmi stima per il Pil globale una crescita negativa pari a -4,9% nel 2020, a causa degli effetti della pandemia del coronavirus e del conseguente lockdown sull’economia, peggiore di 1,9 punti percentuali rispetto al -3% atteso ad aprile.
Il Pil mondiale recupererà poi nel 2021, salendo del 5,4%. Insomma, l’Fmi ammette che l’impatto del dramma COVID-19 sulla congiuntura sarà peggiore di quanto atteso fino a due mesi fa.
“Nella prima metà del 2020, la pandemia COVID-19 – si legge nel World Econonomic Outlook – ha avuto un impatto sull’attività più negativo di quanto anticipato, e la ripresa sarà più graduale rispetto alle attese. Nel 2021 la crescita globale è prevista a +5,4%. Questo signidica che il Pil del 2021 sarà inferiore di 6,5 punti percentuali circa rispetto all’outlook pre COVID-19 stilato a gennaio del 2020. L’impatto avverso sulle famiglie a basso reddito è particolarmente acuto, e metterà in pericolo il progresso significativo che era stato fatto a partire dagli anni ’90 nel ridurre la poverà estrema nel mondo”.
ITALIA: PREVISIONI DRAMMATICHE PER DEBITO E DEFICIT
Tornando all’Italia, previsioni drammatiche per i conti pubblici, già tallone d’Achille del paese. Dopo il 134,8% del 2019 il debito è atteso gonfiarsi fino al 166,1% del pil nel 2020, per poi scendere al 161,9% nel 2021. I numeri sono peggiori di quelli che erano stati snocciolati nel report precedente.
Il Fondo Monetario Internazionale prevede un’impennata più forte anche per il deficit, atteso al 12,7% del pil quest’anno, rispetto all’8,3% di aprile e raddoppiato al 7% nel 2021, rispetto alla stima precedente del 3,5%. Certo, a salire non saranno solo i debiti e i deficit dell’Italia, ma anche quelli del resto del mondo, come trapela dallo stesso report.
Nello scenario di base dell’Fmi, il debito pubblico globale è atteso salire ai record di sempre, sia nel 2020 che nel 2021, rispettivamente al 101,5% e al 103,2% del Pil. Il deficit è stimato volare al 13,9% del Pil quest’anno, ben 10 punti percentuali in rialzo rispetto al 2019.
ROBERTO GUALTIERI SU FMI: ERRATO ESAGERARE IN CHIAVE PESSIMISTICA
Nel commentare le stime dell’Fmi, il ministro dell’economia Roberto Gualtieri, nel parlare alla Commissione bilancio della Camera del decreto Rilancio, definisce le stime dell’istituzione di Washington pessimistiche: “Siamo consapevoli dei rischi al ribasso” del Pil ma “aggiorneremo a breve la previsione ufficiale” e “riteniamo errato esagerare in chiave pessimistica perché la riapertura dell’economia sta già producendo effetti tangibili”. E aggiunge: “Le nostre valutazioni non sono altrettanto pessimistiche di quelle ad esempio oggi del Fmi, peraltro per tutti i Paesi europei”.
Detto questo, a spaventare l’Italia, nonostante i progressi compiuti sul fronte della qualità degli attivi, è anche il problema degli NPL (crediti deteriorati) che ingolfano i bilanci delle banche. E che con la pandemia indiscutibilmente aumenteranno, ovviamente non solo nel caso specifico del paese. A tal proposito, vale la pena riprendere il report di Equita SIM che Finanzaonline ha già ripreso e che oggi riappare nella prima pagina del Sole 24 Ore. La SIM milanese ha riportato sia le previsioni dell’Eba, Autorità bancaria europea, che sono particolarmente nefaste -deterioramento del CET1 di -233/-380 punti base e di un costo del rischio di 116/200bps – che il proprio outlook.
Dal canto loro, gli analisti di Equita stimano un impatto negativo sul CET1 di 75bps, decisamente meno horribilis “(<50%) di quanto previsto dall’EBA. n generale gli analisti hanno “identificato 184 miliardi di impieghi ad alto rischio (13% del portafoglio) ie forborne performing, UTP e crediti in moratoria”, spiegando che “è ragionevole ipotizzare che questi portafogli siano i primi ad essere impattati dal deterioramento macro: abbiamo ipotizzato che il 20% diventi impaired, con un aumento dell’NPE ratio dal 6,9% (del primo trimestre del 2020) all’8,4%”.
Il Sole scrive oggi, sulla base di quanto rilevato da Equita che, “ipotizzando che il 50% dei forborne diventi Utp, che ci sia un raddoppio del tasso di decadimento rispetto al 2019 (ovvero del passaggio da Utp a sofferenza) e che il 10% dei prestiti in moratoria diventi Utp, dalla crisi potrebbero emergere (per Equita) 22 miliardi di crediti malati in più, con un Npe ratio che passerebbe dal 6,9% attuale all’8,4%. Da qua, la necessità come detto di 12 miliardi di accantonamenti extra, pari a 75 punti di Cet 1″.
Del balzo temuto degli NPL delle banche italiane ne parlano diversi economisti ed esperti. D’altronde, la pandemia del coronavirus COVID-19 ha bloccato con il lockdown quelle operazioni di cartolarizzazione degli NPL necessarie per permettere alle banche di liberarsi del pesante fardello.
Un articolo recente, in particolare, mette in evidenza le previsioni di Scope Ratings, secondo cui in Italia le cartolarizzazioni dovrebbero crollare di ben il 70% quest’anno, e che sottolinea come gli smobilizzi di NPL si siano confermati lo strumento migliore per garantire la pulizia dei bilanci degli istituti di credito. Questo, soprattutto grazie alla presenza della garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, la cosiddetta Gacs. Ora, questo piano di garanzia statale scadrà nel 2021, anno in cui le banche italiane si ritroveranno già con una mole di crediti deteriorati tra le più alte in Europa, a causa dell’incapacità o difficoltà delle aziende a rimborsare i prestiti.
A questo punto la speranza, secondo Mandeep Lopay, socio di Freshfields Bruckhaus Deringer, a Londra, è che lo schema di garanzia GACS venga esteso e anche ampliato, visto che, a suo avviso, la quantità di NPL sia dell’Italia che della Grecia potrebbe balzare ai livelli record della grande crisi finanziaria. (l’impatto sul Regno Unito e sull’Irlanda, secondo l’analista, dovrebbe essere meno marcato).
Certo, la soluzione migliore sarebbe la creazione di una bad bank europea, in cui potessero essere convogliati tutti i prestiti ‘andati a male’ degli istituti. Ma a gelare le speranze, alimentate da recenti rumor su eventual piani della Bce, è stato uno stesso esponente della banca centrale, il vicepresidente Luis de Guindos, che giorni fa ha chiarito che è prematuro parlare della possibilità di creare una bad bank a livello europeo che si accolli i debiti rischiosi delle banche.