Speranze Opa KKR ridotte al lumicino, TIM soffre in Borsa. Titolo alle prese con supporto fondamentale
Ancora debole la performance di Tim che si trova al momento in ribasso dell’1% (-39% da Opa Kkr), appesantito dalle ultime indiscrezioni sulle possibili intenzioni di Kkr. Secondo diverse fonti di stampa il Cda di Tim avrebbe ricevuto ieri la tanto attesa risposta di Kkr e nel documento il fondo americano avrebbe segnalato un peggioramento delle condizioni di mercato rispetto alla proposta che era stata formulata lo scorso novembre da 11,9 miliardi di dollari. Nella nota Kkr non conferma l’impegno a promuovere un prezzo e un’offerta e avrebbe ribadito l’esigenza di una due diligence precedente a qualsiasi offerta, cosa che fino a questo momento è sempre stata negata da Tim. Inoltre, Kkr, ribadendo che lo scenario è cambiato, afferma che anche le attese per il 2022 di Tim sono inferiori al 2021. Proprio per questi motivi le diverse fonti di stampa sono concordi nell’indicare che la risposta poco convincente di Kkr sembrerebbe far tramontare le ipotesi di Opa sul gruppo, soprattutto vista la posizione contraria di Tim all’apertura di una due diligence. A riguardo avremo sicuramente un aggiornamento sul tema a seguito del consiglio di amministrazione programmato per il 7 aprile giorno in cui l’assemblea sarà chiamata a deliberare sul bilancio al 31 dicembre 2021; sulla copertura della perdita d’esercizio mediante l’utilizzo di utili portati a nuovo e prelievo delle riserve, oltre che confermare il mandato di Pietro Labriola come amministratore delegato fino all’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2023.
Se da una parte diminuiscono le probabilità che si realizzi l’Opa di Kkr, dall’altra aumentano sempre più le possibilità che si concretizzi il progetto della rete unica con Tim e CdP unite nell’obiettivo di accelerare lo sviluppo dell’infrastruttura in fibra. A riguardo il 2 aprile Tim ha ufficialmente comunicato la firma di un accordo di riservatezza con Cassa depositi e Prestiti al fine di avviare le interlocuzioni preliminari riguardanti l’eventuale integrazione della rete di Tim con quella di Open Fiber, di cui CdP detiene il 60% del capitale sociale. L’obiettivo di questo progetto è una fusione delle attività di rete fissa tra Tim e la più piccola rivale Open Fiber, sostenendo in questo modo l’obiettivo del Governo di costruire una sola rete nazionale in fibra evitando di duplicare gli investimenti soprattutto in quelle aree del Paese considerate a bassa redditività. L’accordo di riservatezza firmato qualche giorno fa è funzionale ad avviare indicativamente entro il 30 aprile il protocollo di intesa (memorandum of understanding) con l’obiettivo di definire il perimetro e i principali criteri di valutazione del progetto di integrazione. Nonostante tutto la fusione con Open Fiber sarebbe tutt’altro che facile, ma “lunga e piena di ostacoli, anche sotto il profilo antitrust”. Infatti, la regia del piano per la rete unica spetta a Cassa Depositi e Prestiti, la quale sarebbe in potenziale conflitto di interessi, in quanto Cdp è proprietaria sia di Tim che di Open Fiber.
In gioco nel piano industriale di Labriola c’è anche l’ipotesi di divisione di Tim in una società incaricata di gestire la rete (NetCo) e una seconda società (ServCo) incaricata di gestire i servizi. E come se quello attuale non fosse di per sé uno scenario abbastanza complesso, Tim ha recentemente annunciato di aver ricevuto dal fondo britannico CVC una proposta non vincolante avente oggetto l’acquisto per la ServCo di Tim. A riguardo il Sole 24 Ore riporta una valutazione di CVC per il business enterprice di Tim di 6 miliardi di euro ossia 6,5x EV/Ebitda. Gli analisti di Equita che mantengono un giudizio Hold (mantenere in portafoglio) con target price a 0,40 euro, ritengono queste valutazioni compresse visto il profilo dell’asset in questione (in moderata crescita), con margine intorno al 30% e opportunità legate al Pnrr. Secondo La Stampa il termine ultimo per una risposta al fondo britannico CVC sarebbe stato spostato all’11 aprile.
Il punto tecnico:
Il quadro tecnico di Tim è in via di miglioramento pur rimanendo complicato, infatti, dopo aver perso più del 50% dai massimi di fine novembre, nelle ultime settimane è rimbalzato del 42% dal minimo toccato il 7 marzo a quota 0,2204 euro ad azione. Ora i prezzi si trovano in prossimità di un supporto fondamentale posto a 0,3035 area che aveva sostenuto efficacemente le quotazioni a marzo, ottobre 2020 e ad ottobre 2021. In caso di violazione al ribasso del livello precedentemente citato i prossimi supporti che potrebbero evitare ulteriori cali sono prima 0,2870 euro e poi 0,2366 euro. Al contrario, in caso di un proseguo del rimbalzo avviato dal 7 marzo i livelli di resistenza che potrebbero ostacolare una risalita dei prezzi sono posti prima a 0,3336 euro e un breakout con volumi di tale livello potrà favorire un ulteriore allungo prima verso 0,3633 con target posto a 0,38 euro. Dal punto di vista dell’analisi algoritmica un miglioramento della situazione tecnica di breve è dato anche dal taglio al rialzo dei prezzi sulla media mobile a 21 periodi, nonostante le quotazioni si trovino comunque al di sotto delle medie mobili a 50 e 200 periodi segnalando una fase di debolezza del titolo nel medio e lungo periodo. L’oscillatore di momentum Rsi dopo aver raggiunto l’area di ipervenduto si sta muovendo lentamente verso l’area di ipercomprato, mentre l’indicatore di direzione Parabolic Sar ha virato in posizione short.