Notizie Notizie Mondo Altro che parole dovish post Fed, la Bce Lagarde snobba corsa euro, alza stime Pil e inflazione

Altro che parole dovish post Fed, la Bce Lagarde snobba corsa euro, alza stime Pil e inflazione

10 Settembre 2020 16:11

Verbal intervention? La Bce abbaierà ma non morderà, come aveva anticipato Goldman Sachs? Nulla di fatto, ma solo parole?Niente di tutto questo. La Bce di Christine Lagarde è riuscita a sorprendere i mercati in negativo: non solo non ha annunciato alcuna nuova misura di politica monetaria (ma questo era scontato), ma non ha mostrato neanche di provare un certo disagio per il recente rally dell’euro.

Insomma, non solo non ci sono stati interventi dovish, a mancare sono state anche le parole. Eppure, ha esordito nella conferenza stampa successiva all’annuncio della Bce sui tassi, anche se “i dati macroeconomici indicano una forte ripresa dell’attività economica, i livelli attività rimangono ben al di sotto di quelli precedenti all’esplosione della pandemia COVID”. Inoltre, “c’è molta incertezza riguardo al modo in cui avverrà la ripresa, in quanto questa è molto dipendente dall’evoluzione della pandemia e dal successo delle politiche di contenimento (lockdown)”.

Detto questo, Lagarde si è mostrata fin troppo imperturbabile nei confronti della moneta unica che, dai minimi a $1,06 della metà di marzo, è salita fino a $1,20 qualche giorno fa. Ripetendo che no, il mandato della Bce non prevede che la banca centrale punti a un determinato livello del tasso di cambio. 

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GRANDE SPINTA A EURO DA RIVOLUZIONE FED, MA LAGARDE NON BATTE CIGLIO

Per l’euro, la grande spinta è arrivata con l’annuncio, a fine agosto,  di Jerome Powell che, alla fine di agosto, ha sancito l’inizio di una nuova era di politica monetaria da parte della Federal Reserve.

A sorpresa, Powell ha lanciato la strategia dell’AIT (average inflation targeting) che implica, in sostanza, che la Fed sarà disposta a chiudere un occhio nel caso in cui il tasso di inflazione degli Stati Uniti dovesse temporaneamente superare la soglia finora target del 2%. E questo perchè quel target del 2% sarà riferito alla MEDIA del tasso di inflazione di un determinato periodo, non più al tasso di inflazione puntuale.

La rivoluzione Fed ha subito portato vari strategist a sondare le intenzioni della Bce, soprattutto alla luce di un euro che, nelle ultime settimane, continuava ad apprezzarsi, fino a testare il nuovo record degli ultimi due anni nei confronti del dollaro.

Fino a qualche giorno fa analisti vari, inclusi quelli di Goldman Sachs, riconoscevano che gli strumenti di politica monetaria ultra accomodante a disposizione della Bce erano ormai quasi finiti, ma prevedevano che, almeno, Lagarde avrebbe cercato di smorzare i timori di un Super euro, che sono stati espressi tra l’altro anche dall’ex esponente della Bce e attualmente presidente di Société Générale, Lorenzo Bini Smaghi:

“È possibile che quando l’Europa si riprenderà, la politica monetaria della Bce diventi meno espansiva senza curarsi se sarà stata raggiunta la soglia critica del 2%. Al contrario, Powell dice che la politica monetaria resterà espansiva quando l’economia si riprenderà anche se l’inflazione supererà il 2%, e per lungo tempo. Se prevarrà quest’impostazione, i tassi in Europa aumenteranno prima che in America, con una divaricazione monetaria tra le sponde dell’Atlantico che potrebbe determinare un rincaro dell’euro molto negativo per l’export”, aveva detto Bini Smaghi. Con tanto di rischio di deflazione.

Rischio di deflazione che, tuttavia, Lagarde ha smontato, affermando che quei numeri che sono arrivati dal fronte macro sono stati il risultato, tra le altre cose, del taglio dell’IVA in Germania.

C’è da dire che, parole e/o gaffe di Lagarde a parte, la Bce è davvero meno pessimista rispetto a giugno sui danni che la pandemia da coronavirus ha inflitto all’economia dell’Eurozona.

Per il 2020, la banca centrale prevede infatti ora una contrazione del Pil reale dell’area euro pari a -8%, rispetto al -8,7% previsto nell’outlook diffuso a giugno. Francoforte stima ancora una crescita del Pil, nel 2021, pari a +5%, e del 3,2% nel 2022.

Sul fronte della dinamica dei prezzi, pur prevedendo un tasso di inflazione probabilmente negativo nell’arco dei prossimi mesi, la Bce ha rivisto al rialzo il dato relativo al 2021. In questo caso le stime sono state alzate da +0,8% al +1%. Invariate invece le stime per quest’anno e per il 2022, rispettivamente a +0,3% e +1,3%.

EURO SCHIZZA A $1,19: NIENTE PAROLE DOVISH DA LAGARDE

In questo contesto, privo anche dell’assist di eventuali dichiarazioni dovish da parte di Lagarde, l’euro non ha potuto far altro che puntare verso l’alto, riportando l’ennesima fiammata, fino a riagguantare la soglia di $1,19 nei confronti del dollaro. L’euro ha segnato un forte rally anche nei confronti della sterlina, che è tornata a pagare nelle ultime sessioni le giravolte del Regno Unito sulla Brexit: la moneta unica è volata di oltre +1%, a GBP 0,9198.

Rialzi anche sul franco svizzero a CHF 1,0782, e sullo yen a JPY 126,06 (+0,74%). D’altronde Lagarde non l’ha detto una volta, ma lo ha anche ripetuto: “Abbiamo parlato dell’apprezzamento dell’euro, ma stabilire un target sul rapporto cambio non fa parte del nostro mandato. Il nostro obiettivo è la stabilità dei prezzi”.

Riguardo ai principali strumenti di politica monetaria lanciati dalla Bce, questi sono stati tutti confermati, incluso il valore dei tassi:

Il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali e i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centralerimangono invariati rispettivamente allo 0,00%, 0,25% e -0,50%. Il Consiglio direttivo – si legge nel comunicato – si aspetta inoltre che i tassi di interesse chiave della BCE rimangano ai livelli attuali o inferiori fino a quando non avrà visto le prospettive di inflazione “convergere in modo robusto a un livello sufficientemente vicino, ma inferiore, al 2% entro il suo orizzonte di proiezione”.

La Bce ha reso anche noto che continuerà i suoi acquisti nell’ambito del programma di acquisto per l’emergenza pandemica (PEPP) con una dotazione complessiva di 1.350 miliardi di euro.

“Questi acquisti contribuiscono ad allentare l’orientamento generale della politica monetaria, aiutando così a compensare l’impatto al ribasso della pandemia sul percorso previsto dell’inflazione”, rimarca lo statement della Bce. Gli acquisti, ha sottolineato la Bce, continueranno a essere condotti in modo flessibile nel tempo.

Il Consiglio direttivo effettuerà acquisti di attività nette sotto PEPP almeno fino alla fine di giugno 2021 e, in ogni caso, fino a quando non giudicherà che la fase di crisi del coronavirus sia terminata. Inoltre, gli acquisti netti nell’ambito del QE continueranno a un ritmo mensile di 20 miliardi di euro, insieme agli acquisti al di sotto della dotazione temporanea aggiuntiva di 120 miliardi di euro fino alla fine dell’anno.