Bce, Lagarde mostra maggiore preoccupazione su rialzo euro. Ma il danno è stato ormai fatto?
Non si tratta di un vero e proprio dietrofront, di quello famoso che fece dopo la gaffe sullo spread. E, in ogni caso, il raggio di azione della Bce continua a essere limitato dalle ferree regole del mandato che disciplina l’istituzione. La numero uno della banca centrale europea Christine Lagarde è tornata però a parlare di euro, assicurando di nuovo che la Bce monitorerà ‘attentamente’ i dati in arrivo, inclusi quelli relativi a un eventuale rafforzamento della moneta unica: rafforzamento, ha precisato, che ha rischiato di zavorrare sia la crescita del Pil che l’inflazione dell’Eurozona.
Lagarde ha parlato in occasione della riunione annuale del Consiglio dei governatori delle banche centrali e delle autorità monetarie dei paesi arabi: durante l’intervento, non è mancato l’appello lanciato ai governi affinché combattano la crisi della pandemia da coronavirus utilizzando manovre espansive di politica fiscale:
“E’ cruciale che le politiche fiscali espansive continuino, al fine di evitare un taglio eccessivo dei posti di lavoro, e per sostenere i redditi delle famiglie fino a quando la ripresa dell’economia non sarà più robusta”.
Di fatto, nel corso della conferenza stampa successiva alla fine della riunione dell’Eurogruppo, lo scorso venerdì, la numero uno della Bce ha sottolineato come la ripresa del Pil dell’area euro fosse asimmetrica, incompleta e non equilibrata.
Lagarde ha auspicato anche un’accelerazione dei tempi per liberare le risorse del Recovery Fund, il fondo per la ripresa da 750 miliardi di euro su cui i leader europei hanno trovato l’accordo nel mese di luglio.
Ma ad attrarre l’attenzione dei mercati sono state soprattutto le sue dichiarazioni sull’euro – vista la confusione palese in materia – che, ha sottolineato, con il suo apprezzamento ha parzialmente compensato l’impatto positivo degli stimoli monetari lanciati dalla Bce per sostenere l’inflazione.
Di conseguenza, il Consiglio direttivo – ha aggiunto Lagarde, secondo quanto riporta Bloomberg, valuterà in modo attento tutte le informazioni che arriveranno dall’economia dell’area euro, inclusi gli sviluppi del tasso di cambio, in relazione al loro impatto sull’outlook sull’inflazione di medio termine.
Un chiarimento resosi probabilmente necessario, dopo le dichiarazioni di giovedì scorso, quando Lagarde aveva innescato prima un rally della moneta unica oltre quota $1,19, per poi azzerare il rally stesso nel momento in cui aveva detto, incalzata dai giornalisti durante la conferenza stampa successiva alla decisione di Francoforte sui tassi, che la Bce avrebbe monitorato attentamente il rapporto di cambio.
C’è da dire che, se l’euro era salito, era stato anche per le revisioni al rialzo, da parte della banca centrale, delle stime sull’inflazione del 2021 e sul Pil di quest’anno.
Le parole di Lagarde sulla necessità di rispettare il mandato della Bce , con tanto di precisione – il valore dell’euro non fa parte del nostro mandato – avevano fomentato ulteriori buy sulla moneta unica, facendo spaventare l’Europa intera (più precisamente i paesi dell’Eurozona, che tanto soffrirebbero in presenza di un Super euro, a causa della dipendenza delle loro economie dalle esportazioni). La confusione era aumentata, dopo che Lagarde aveva perfino detto che i rischi di deflazione erano diminuiti, nonostante il calo dell’inflazione ad agosto. Frase che aveva mostrato tutta l’imperturbabilità dell’ex direttrice dell’Fmi nei confronti del rialzo della valuta, contrariamente ad alcuni suoi colleghi.
Nei giorni precedenti la riunone del Consiglio direttivo, era stato l’FT a svelare, infatti, che gli esponenti top della Bce avevano avvertito che, nel caso in cui la moneta avesse continuato ad apprezzarsi, avrebbe pesato sulle esportazioni, affossando i prezzi e intensificando le pressioni sul lancio di nuovi stimoli.
Alcuni di questi esponenti si sono fatti avanti, nelle ultime ore, soprattutto il vicepresidente della Bce, Luis de Guindos, che ha affermato che, è vero che “la Bce non ha come target un valore preciso dell’euro nell’ambito del suo mandato”, ma è altrettanto vero che la moneta unica “è una variabile importante”, che “la banca (centrale) monitora quando deve valutarne gli effetti sulla stabilità dei prezzi”.
A rimetterla in riga, nel giorno post Bce, era stato anche Philip Lane, esponente del Consiglio direttivo della Bce, di cui è anche capo economista, che non aveva nascosto neanche in precedenza la propria preoccupazione per il rialzo dell’euro: “L’euro più forte deprime l’outlook sull’inflazione – ha detto, con una frase che potrebbe essere intesa come un avvertimento lanciato a Lagarde -L’entità della revisione al rialzo dell’inflazione core è stata depressa in modo significativo dall’apprezzamento dell’euro”.