Bce conferma paura inflazione, fine scudo anti-spread ormai vicina. Rialzo tassi? Lagarde non si sbilancia troppo
L’inflazione da guerra corre e la Bce di Christine Lagarde si prepara all’inevitabile: porre fine a uno dei pilastri della politica monetaria in stile Whatever It Takes che venne lanciata anni fa dalla banca centrale europea, ai tempi della presidenza di Mario Draghi: la spina al QE ordinario o classico, il cosiddetto Asset Purchase Program (APP o PPA in italiano), che vide la luce nel 2014, sarà staccata nel terzo trimestre di quest’anno.
Addio dunque al programma lanciato dall’attuale presidente del Consiglio Mario Draghi per blindare i titoli di stato dell’area euro, BTP in primis, e mettere così in sicurezza l’euro. Un piano che diverse volte, nel caso dell’Italia, è stato considerato uno scudo anti-spread.
Per avere un’idea di questo strumento di Quantitive easing, o anche di acquisti di asset, basta andare sul sito della Banca d’Italia:
“Nell’ambito dell’Asset Purchase Programme (APP) – si legge -l’Eurosistema conduce quattro programmi di acquisto di titoli pubblici e privati: il terzo Covered Bond Purchase Programme (CBPP3, dal 20 ottobre 2014), per l’acquisto di obbligazioni bancarie garantite; l’Asset-Backed Securities Purchase Programme (ABSPP, dal 21 novembre 2014), per l’acquisto di titoli emessi in seguito alla cartolarizzazione di prestiti bancari; il Public Sector Purchase Programme (PSPP, dal 9 marzo 2015), per l’acquisto di titoli emessi da governi, da agenzie pubbliche e istituzioni internazionali situate nell’area dell’euro; il Corporate Sector Purchase Programme (CSPP, dall’8 giugno 2016), per l’acquisto di titoli obbligazionari e commercial paper emessi da società non finanziarie dei paesi dell’area dell’euro”.
Oggi la Bce ha confermato l’intenzione di un’uscita più rapida dagli stimoli monetari alla luce delle crescenti pressioni inflattive.
“L’inflazione è aumentata in misura significativa e rimarrà elevata nei prossimi mesi, soprattutto a causa del forte incremento dei costi dell’energia. Le pressioni inflazionistiche si sono intensificate in molti settori”, ha spiegato la Bce.
Di conseguenza, sul fronte del Quantitative easing, Francoforte ha deciso che gli acquisti netti mensili nel quadro del PAA saranno pari a 40 miliardi di euro ad aprile, 30 miliardi di euro a maggio e 20 miliardi di euro a giugno. Gli acquisti dovrebbero poi concludersi nel terzo trimestre.
Verrà così a mancare dunque un pilastro, se non IL pilastro, che ha blindato in tutti questi anni i debiti sovrani dell’Eurozona, facendo da garanzia, tra gli altri, ai BTP, i titoli di stato italiani, e allontanando così le speculazioni che avevano attaccato l’Italia negli anni precedenti.
La Bce ha in ogni caso precisato che “la calibrazione degli acquisti netti per il terzo trimestre sarà guidata dai dati e rifletterà l’evolversi della valutazione delle prospettive da parte del Consiglio direttivo”. Come per dire: niente è inciso davvero nella pietra.
Per ora, il must è contrastare l’inflazione galoppante, che si è infiammata con la guerra in Ucraina.
Lagarde, che ha indetto la conferenza stampa post annuncio tassi della Bce in smart working, da casa, in quanto risultata positiva al Covid, ha ammesso che, con il conflitto in corso scatenato dall’invasione del paese da parte della Russia di Vladimir Putin (il 24 febbraio scorso), “i rischi al ribasso sull’economia sono aumentati in modo significativo”, così come “si sono intensificati i rischi al rialzo sull’inflazione”.
“L’inflazione è più diffusa – ha detto la numero uno della banca centrale europea, pur tornando a precisare che l’impennata dei prezzi “è provocata principalmente dallo shock energetico” e che è “incerto l’aumento dell’inflazione core”.
Il Consiglio direttivo della Bce sta monitorando inoltre attentamente il trend dei salari, consapevole che dipenderà anche da come avverrà la rinegoziazione dei contratti nazionali di lavoro tra i sindacati e i governi.
Detto questo, in un contesto in cui i “prezzi dell’energia rimarranno alti nel breve periodo”, e in cui si assiste anche al “balzo dei prezzi dei beni alimentari e dei fertilizzanti”, Lagarde ha fatto notare che l’affacciarsi di “segnali iniziali che indicano che le aspettative sull’inflazione hanno superato il target è un fenomeno che va monitorato“.
Certo, ha risposto a una domanda, “non sarà la fine del piano di acquisti di asset a far scendere i prezzi del petrolio”. Ma è compito della banca centrale europea accertarsi che l’inflazione si stabilizzi, centrando il target del 2%.
Ribaditi i criteri che continueranno a orientare la politica monetaria della Bce, criteri con cui si deciderà anche il momento in cui la questione del rialzo dei tassi arriverà anche sul tavolo dell’Eurozona. Su quando i tassi saranno alzati, Lagarde ha continuato a mantenere uno stretto riserbo (dovuto ovviamente anche all’incertezza su quali saranno i reali danni che la guerra in Ucraina infliggerà all’economia, danni che dipenderanno a loro volta dalla durata stessa del conflitto) sui tempi in cui arriveranno le prime strette monetarie, facendo al contempo qualche precisazione e ribadendo, di nuovo, i principi dell’opzionalità, del gradualismo e della flessibilità.
Non è certo semplice la posizione della Bce, in una situazione che vede l’Europa pagare lo scotto più alto della guerra in Ucraina, sia per la sua forte dipendenza dal gas e petrolio russi, che per i legami commerciali sempre stretti che l’hanno legata alla Russia.
Anna Stupnytska, economista global macro di Fidelity International, ha messo in evidenza il dilemma che l’istituzione affronta:
“Da una parte, è chiaro che l’attuale impostazione di politica monetaria dell’Eurozona, con i tassi di interesse che sono ancora in territorio negativo e il bilancio (della Bce) ancora in crescita, è troppo accomodante in un contesto in cui l’inflazione si fa sempre più diffusa e radicata. Ma dall’altra parte, l’area euro sta affrontando un enorme shock sulla crescita, provocato simultaneamente sia dalla guerra in Ucraina che dal rallentamento dell’economia cinese dovuto alla politica zero-Covid (lanciata da Pechino). I dati ad alta frequenza indicano già un forte impatto sull’attività dell’Eurozona relativa al periodo marzo-aprile, con gli indicatori legati alle spese per consumi che si dimostrano deboli in modo preoccupante“.
Non per niente, lo scenario di base di Fidelity è di una recessione in Europa, la cui gravità e durata dipenderanno da quante ulteriori sanzioni saranno comminate contro la Russia.
“Con la prospettiva di un embargo completo sull’energia che diventa più probabile, si fa più probabile anche lo scenario peggiore della recessione – ha continuato Stupnytska, intervistata dalla Cnbc – Noi crediamo che, con lo shock sulla crescita che diventerà più evidente con i dati che saranno comunicati nelle prossime settimane, l’attenzione della Bce si sposterà dall’elevata inflazione alla necessità di limitare i danni sull’economia e sui mercati”.
Wolfgang Bauer, Fund Manager di M&G Public Fixed Income Team, ha così commentato quanto emerso oggi dalla riunione del Consiglio direttivo:
“La BCE è ferma al momento. L’aumentata incertezza economica causata dalla guerra in Ucraina fa passare in secondo piano le crescenti pressioni inflazionistiche in Europa. Quindi, anche se ha riconosciuto che l’inflazione si è notevolmente intensificata e diffusa a molti settori, la BCE ha scelto di mantenere ‘opzionalità, gradualismo e flessibilità’, lasciando i tassi inalterati. Se da un lato è comprensibile che la Presidente Lagarde non voglia intraprendere una strada più assertiva verso la normalizzazione della politica monetaria considerando le difficoltà attuali sul lato della domanda e della fiducia delle imprese in Europa, l’ovvio rischio è che la banca centrale resti ulteriormente indietro della curva, il che potrebbe spingerla ad agire in modo ancora più vigoroso nel corso dell’anno se l’inflazione continuerà a regnare sovrana”.