Wall Street in rialzo nel Day After elezioni Usa, buy sul Nasdaq per no Blue Wave. Ecco come fanno dollaro, oro, petrolio, Treasuries
Wall Street riporta un solido balzo nel Day After delle elezioni presidenziali Usa.
Il Dow Jones Industrial Average balza di 270 punti (+1%), lo S&P 500 fa +1,% e il Nasdaq Composite segna un rialzo del 2,8%.
Così, intervenuto alla trasmissione “Squawk Box” della Cnbc, Mike Lewis, managing director della divisione azionario Usa presso Barclays:
“Credo che la grande notizia per i mercati, in questo momento, è che almeno, anche se su base preliminare, sembra che non ci sarà alcuna Blue Wave. Andando in avanti, l’outlook per i mercati dipenderà più dalla Fed che non dalla politica, e questo è un bene”.
A fare da assist al Nasdaq sono soprattutto i rialzi delle mega cap Facebook, Amazon, Apple, Alphabet e Microsoft. Gli investitori e i trader di Wall Street attribuiscono il trend dei titoli hi-tech e del Nasdaq a diversi fattori, tra cui la divisione confermata del Congresso (il Senato ancora ai repubblicani e la Camera dei Rappresentanti Usa ancora ai Democratici), che renderebbe più difficile l’imposizione di tasse più alte sui guadagni in conto capitale delle Big Tech.
La Blue Wave è quella situazione che si verrebbe a creare nel caso in cui i democratici riuscissero ad aggiudicarsi la vittoria alle elezioni presidenziali, conquistando non solo la Casa Bianca ma anche entrambi i rami del Congresso americano, ovvero la Camera dei Rappresentanti e il Senato: uno scenario, questo, sempre meno probabile visto che, in base alle proiezioni, la divisione del Congresso permarrà.
L’incertezza sull’esito delle elezioni presidenziali Usa si spiega sia con il testa a testa tra gli sfidanti Donald Trump e Joe Biden, che con il fatto che in alcuni stati americani il conteggio dei voti non è stato ancora completato.
E’ il caso dei tre swing states del Michigan, della Pennsylvania e del Wisconsin. Secondo fonti riportate dalla Cnbc, potrebbero volerci giorni prima di conoscere il risultato dei voti in questi stati, che hanno un bacino di 46 voti dei grandi elettori.
In particolare, il Michigan mette a disposizione 16 voti, la Pennsylvania 20, il Wisconsin 10, per un totale che corrisponde a quasi 1/5 dei 270 voti che il candidato all’Election Day deve assicurarsi per diventare presidente degli Stati Uniti.
Finora, stando ai calcoli di Bloomberg, Biden è in vantaggio con 238 voti dei grandi elettori, mentre Trump conta su 213 voti. NBC News calcola invece che TRump si è aggiudicato 213 voti, a fronte dei 224 pro-Biden.
Il clima è reso teso dalle dichiarazioni rilasciate durante la notte americana dal presidente Trump, che ha minacciato di ricorrere alla Corte Suprema, auto-proclamandosi contestualmente vincitore delle elezioni Usa.
“Stanno cercando di RUBARCI l’elezione. Non lo permetteremo mai. Non si può votare dopo che i seggi sono chiusi!”, ha scritto prima su Twitter, che ha prontamente oscurato il post laddove Trump ha accusato gli avversari di rubare voti.
Poi, in un discorso proferito dalla East Room della Casa Bianca, il presidente ha alzato ulteriormente la voce.
“Ci stiamo preparando a una grande celebrazione. Stavamo vincendo ovunque, e di colpo tutto è stato annullato – ha sottolineato – Andremo alla Corte Suprema Usa, vogliamo che tutte le votazioni si fermino. Non vogliamo che vengano trovati altri voti alle 4 di mattina, che vengano aggiunti poi alla lista”. Ancora, riferendosi alle elezioni Usa, questa, ha continuato il presidente, “è una frode contro il popolo americano. E’ un imbarazzo per il nostro paese”.
Ma non sono solo i risultati dei tre dei sei swing states di queste elezioni presidenziali del 2020 a non essere ancora noti; nessun verdetto è arrivato anche dalla Georgia e dal North Carolina, dove in palio ci sono rispettivamente 16 e 15 voti dei grandi elettori.
I sei swing states di queste elezioni sono Arizona, Florida, Michigan, North Carolina, Pennsylvania e Wisconsin: tutti stati in cui Trump vince nelle elezioni Usa del 2016.
Da segnalare che, come sempre, saranno i grandi elettori a decidere il destino dell’America.
Il presidente degli Stati Uniti non è eletto infatti dal voto popolare, ma dal collegio elettorale, composto da 538 grandi elettori. Per diventare presidente, il candidato deve assicurarsi la maggioranza semplice dei voti, ovvero 270 voti.
Il numero dei grandi elettori relativo a ogni Stato è proporzionale alla popolazione dello stato stesso. Chi vince il voto popolare di norma si assicura i voti di tutti i grandi elettori di quello stato, in base alla regola “Winner Takes it all”, ovvero “Il vincitore prende tutto”.
Schizofrenica è stata la reazione di alcuni asset finanziari. Il dollaro Usa ha prima segnato un forte calo, nella sessione di ieri, scommettendo sulla vittoria di Biden – che ha premiato dunque le valute più rischiose -, per poi rimbalzare in mattinata, quando le parole di Trump hanno rinfocolato l’incertezza.
Il dollaro ha poi smorzato i guadagni, permettendo alle quotazioni dell’oro di tornare positive, in area $1900 l’oncia.
Al momento il dollaro guadagna sull’euro, che scende dello 0,16% a $1,1696; dollaro-yen piatto con +0,03% a JPY 104,52; il dollaro avanza anche nei confronti della sterlina, con la valuta britannica che cede lo 0,70% a $1,2967; anche il dollaro australiano perde nei confronti del dollaro Usa, con il rapporto AUD-USD in flessione dello 0,40% a $0,7135.
L’euro sale in modo sostenuto nei confronti della sterlina, avanzando dello 0,54% a $0,9020. La moneta unica scende però sul franco svizzero, arretrando dello 0,16% a CHF 1,0675.
Prezzi del petrolio in solido rialzo, pari a circa 2 punti percentuali, dopo gli ultimi dati sulle scorte degli Stati Uniti, che hanno messo in evidenza un calo dell’offerta.
I rialzi del petrolio crude potrebbero essere ancora più importanti, se l’outlook sull’economia non fosse inficiato dall’incertezza sull’esito delle elezioni presidenziali Usa.
I prezzi hanno recuperato comunque terreno dopo il tonfo del 10% della scorsa settimana, alimentato dai timori sulle conseguenze del lockdown sull’economia europea e mondiale. Il contratto WTI sale ben oltre i $38 al barile, mentre il Brent supera la soglia di $40.
I tassi sui Treasuries Usa continuano a scontare l’incertezza sull’esito dell’Election Day, con quelli a dieci anni che scendono fino allo 0,766%, al minimo in due settimane, ovvero dallo scorso 18 ottobre.