Intesa SanPaolo: Messina pronto a operazione NPL, verso cessioni di 12 miliardi di crediti deteriorati
Carlo Messina, AD di Intesa SanPaolo, sa bene che la fine delle agevolazioni anti-COVID concesse dallo stato -con moratorie e garanzie sui prestiti – prima o poi ci sarà, così come sa bene che le banche dell’area euro sono destinate a essere colpite da uno tsunami di NPL a causa degli effetti dell’emergenza in corso. Uno tsunami che potrebbe ammontare a 1,4 trilioni di euro, come ha paventato Andrea Enria, numero uno della Vigilanza bancaria della Bce.
Inoltre, inglobando Ubi Banca, Intesa ha inglobato anche i suoi bad loans. E Messina non ha certo intenzione di rimanere con le mani in mano e l’operazione di cessione di NPL a Banca Ifis, comunicata ieri, ne è la prova. In tutto, sono stati ceduti a Banca Ifis 553 milioni di crediti deteriorati unsecured (Npl) ,
Sarebbe solo l’inizio.
L’operazione di pulizia di bilancio andrà avanti, e in modo anche importante. Ne parla oggi un articolo de Il Sole 24 Ore, sottolineando come lo stock di crediti deteriorati, con l’acquisizione di UBI, sia salito da “29 a 35,6 miliardi lordi (pari a 17 netti)”. Ora, la cifra esatta di quanti NPL saranno smobilizzati dovrebbe arrivare entro fine anno. Vengono riportate nel frattempo le indiscrezioni di Bloomberg, che avevano ventilato l’ipotesi di una cessione di 12 miliardi lordi.
Per ora, senza andare troppo in là, il Sole sottolinea come l’opzione che circola riguardi i 5 miliardi legati all’eredità di Ubi Banca. Qualche anticipazione è stata rilasciata dallo stesso AD Messina, nel presentare i conti del trimestre:
“Nel quarto trimestre utilizzeremo parte del badwill negativo superiore alle attese per accantonamenti aggiuntivi così da aumentare la copertura e accelerare il deleveraging – aveva detto, indicando anche l’iter. “Aggiungendo, grazie a questo scudo magico, 1,8 miliardi di accantonamenti ai dati di settembre – ha precisato il ceo – la copertura sarebbe aumentata a oltre il 57% e l’Npl net ratio sarebbe sceso al 3%”. (da segnalare che al momento l’NPL net ratio è pari al 3,5%.
Il quotidiano di Confindustria sottolinea come Intesa SanPaolo abbia tutte le carte in tavola per entrare a far parte delle migliori della classe in Europa, best-in-class, in termini di Npe ratio, premendo l’acceleratore sulla pulizia di bilancio.
MF ha riportato intanto la nota degli analisti di Banca Akros, che hanno segnalato che, nel portare la soglia dell’NPE lordo sotto al 5%, Intesa SanPaolo avrebbe un asso nella manica in vista della richiesta del ceo Messina alla Bce di poter staccare agli azionisti sia la cedola del 2020 messa a riserva causa Covid-19, sia quella del 2021.
Per la precisione: “Come ha scritto Milano Finanza in edicola, può essere complicato per la Banca centrale europea dare il via libera ad un doppio dividendo considerata la seconda fase di pandemia in atto, ma a Francoforte si sta discutendo di permettere agli istituti di credito europei più solidi di avere un payout ratio al 100% nel 2021, ovvero distribuire tutto il dividendo preventivato con gli utili di quest’anno più una parte del pregresso. A questo punto il dividend yield di Intesa sarebbe del 15%, davvero molto alto. Akros nota anche che, nella policy di Messina, le operazioni straordinarie non devono essere a carico degli azionisti, ed ecco perché l’uso del badwill da Ubi renderà la cessione neutrale”.
Anche MF riprende le indiscrezioni di Bloomberg, secondo cui Intesa SanPaolo punterebbe a smobilizzare 12 miliardi di NPL, “una fra le più importanti operazioni sul mercato dal 2018”. Secondo il quotidiano finanziario, l’operazione avverrebbe in due fasi: nella prima si cederebbero 7 miliardi di euro derivanti dai crediti deteriorati di Intesa, nell’altra di 5 miliardi sul debito distressed ereditato dall’acquisizione di Ubi, con la possibilità di chiedere la garanzia Gacs statale sulla parte senior di entrambi.
Sale intanto in tutta Europa la preoccupazione che le banche possano perdere di colpo ingenti ammontari di capitali, in caso di una valanga di default che non può essere assolutamente esclusa, considerata la gravità della crisi scatenata dalla pandemia COVID-19.
I worst case scenario indicano come rischi estremi la necessità di ricorrere a salvataggi dallo Stato, i cosiddetti bailout, o la fine stessa delle attività di business, con i fallimenti.
La stessa Elke Konig, responsabile del meccanismo di risoluzione delle banche, agenzia Ue creata a seguito della crisi finanziaria europea per la gestione degli istituti in difficoltà, ha avvertito che la priorità, per il settore, è quella di agire velocemente per identificare i prestiti che rischiano di non essere rimborsati.
“Non c’è nessuna bacchetta magica capace di far sparire le perdite potenziali”, ha detto.
Cautela è stata espressa più volte anche da Andrea Enria, che ha avvertito le banche di agire prontamente per individuare i crediti a rischio, e che ha avvertito anche che alcuni istituti stanno peccando di ottimismo, come se potessero permettersi di aspettare il momento in cui un eventuale cliente finirà in bancarotta.
“Dobbiamo prepararci al peggio”, ha detto, auspicando la creazione di una bad bank europea, in cui potrebbero andare a confluire tutti gli NPL delle banche più importanti in Europa, per essere poi gestiti e smobilizzati sul mercato dei bad loans. Idea che la collega Koning, in realtà, non ha proprio caldeggiato, tutt’altro.
Intanto Messina non aspetta l’evolversi degli eventi e non si perde in congetture, muovendosi per mettere al sicuro Intesa dal rischio della valanga NPL: