Dossier Mps, ministro Franco presenta tempi aumento capitale e apre agli stranieri. Divieto di svendita
Che fine ha fatto il dossier Mps? Se lo chiedono in tanti. Oscurato dalle notizie di cronaca di guerra e per questo motivo dall’attenzione che il mercato ha dato ad altre banche italiane a causa della loro esposizione verso la Russia – vedi Intesa SanPaolo e UniCredit – il dossier è apparso congelato. Novità sono emerse ieri, con l’audizione del ministro dell’Economia Daniele Franco alla commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario. Il titolo Mps ha reagito bene alle dichiarazioni, salendo a Piazza Affari fino a +5% circa.
Oggi la fiammata si spegne, con l’azione che sottoperforma anzi l’indice Ftse Mib, perdendo più del 2%. Per certi versi il ministro ha confermato quanto si sapeva, ovvero l’inizio delle trattative tra il Tesoro maggiore azionista di Mps con una quota del 64% e l’Unione europea.
Trattative volte a prorogare la scadenza per l’uscita del Tesoro dalla banca, già ampiamente sforata, visto che era stata fissata alla fine del 2021 nell’accordo siglato cinque anni fa, quando lo Stato era entrato nel capitale del Monte con un intervento di ricapitalizzazione precauzionale.
Tra le condizioni, quella che il Mef uscisse dal capitale vendendo la quota di maggioranza a un privato: condizione che non si è materializzata, visto il flop delle trattative con UniCredit di Andrea Orcel.
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“E’ stata avviata una interlocuzione con la Commissione europea per concordare un nuovo termine” sulla cessione – ha rimarcato Franco – La precedente era dicembre 2021″, ha ricordato il numero uno di Via XX Settembre, aggiungendo che ora “l’obiettivo del Mef è conseguire una congrua dilazione, per effettuare la dismissione della partecipazione in tempi adeguati, in modo da poter valutare attentamente tutte le opzioni e scegliere una opzione adeguata per il futuro della banca”.
Ovvero? Tra le opzioni, come scrive il Messaggero, cade definitivamente il tabù della vendita della quota agli stranieri. “Mps, cade il tabù verso l’estero. “Valuteremo tutte le proposte”, mette in evidenza il quotidiano romano nell’articolo che porta la firma di Rosario Dimito.
Si parla di “svolta copernicana del governo, che apre il capitale delle grandi banche italiane agli stranieri, correggendo il tiro del governo Conte che, in pieno Covid, con il decreto Liquidità (aprile 2020) rafforzò la presa del golden power su asset strategici come gli istituti.
Su Mps “siamo aperti a qualsiasi ipotesi di operatori interessati”, ha risposto infatti il ministro interrogato dalla Commissione Banche anche in merito al dossier Banco BPM-Crédit Agricole. Su questo dossier, Franco ha optato per il massimo riserbo: “non ne so nulla”.
Su Mps invece non ha risparmiato parole: “Credo sia importante avere una soluzione adeguata, abbiamo avuto la trattativa l’anno scorso con UniCredit e abbiamo concluso che non era adeguato quanto proposto”. Il perno attorno a cui verranno lanciate eventuali future trattative con eventuali operatori interessati, ha precisato il ministro, è che “non dobbiamo svendere”.
E se “alcune banche italiane della stazza di Mps potrebbero essere interessate (nel corso delle audizioni vari parlamenti citano Bper e Bpm, stando a quanto riporta l’agenzia il Sole-Radiocor) “qualora lo fossero sarebbe una loro decisione”.
Ma in quali tempi orchestrare la privatizzazione del Monte dei Paschi?
Ovviamente “l’Ue come da prassi chiederà misure compensative“, e a tal proposito le trattative sono volte ad assicurare che tali misure siano “realistiche, sostenibili e non tali da compromettere il piano industriale della banca”.
Riguardo alla cessione, Franco ha parlato di tempi “congrui” necessari per valutare le proposte che arriveranno e, precisando che, in ogni caso, la vendita potrà arrivare solo dopo l’operazione di aumento di capitale, quest’ultima prevista entro la fine dell’anno.
“Verosimilmente (la vendita)- potrà avere luogo soltanto dopo il nuovo aumento di capitale”, che dovrebbe essere effettuato entro il 2022, e dopo l’avvio delle iniziative per il contenimento dei costi.
Tra le condizioni sine qua non poste dal governo italiano, ci sono quelle di “salvaguardare i livelli occupazionali, tutelare il marchio, salvaguardare il legame che Monte dei Paschi ha col patrimonio economico, innanzitutto, ma anche culturale e storico della città di Siena, della Toscana e anche del nostro Paese”.
Tornando all’apertura di una cessione a operatori esteri, Franco ha precisato che ” dal nostro punto di vista è importante il bilanciamento sul dare e avere: stranieri in Italia ma anche italiani all’estero. Il fatto di avere una pluralità di soggetti, compresi stranieri credo possa essere positivo, se questo aumenta l’offerta di servizi, l’importante è che il paese mantenga centri decisionali importanti e che le nostre aziende siano presenti simmetricamente all’estero”.
Nell’articolo odierno il Messaggero così commenta quella che ha per l’appunto definito una svolta copernicana: “l’apertura improvvisa e clamorosa di Franco è destinata a sollevare un dibattito: è possibile che al di là della vocazione di mercato del governo Draghi, su Mps possa esserci la difficoltà di individuare un soggetto italiano perchè probabilmente, dopo il passo indietro dell’ottobre scorso, da UniCredit arriverebbero segnali sempre gelidi e condizionati”.