Mps-UniCredit, Mef preme sull’acceleratore per fusione. Ma i fondi stranieri drizzano le antenne
Il matrimonio tra Mps e UniCredit ci sarà. Lo ha detto ai microfoni di Class Cnbc Lando Maria Sileoni, numero uno del sindacato dei bancari FABI.
“Lo Stato ha già deciso: stanno andando non a 200 km orari, ma vanno a 400 km orari. Io credo che entro poche settimane l’operazione si concluderà e quindi non c’è una fretta, una forte spinta da parte della Bce. C’è un interesse convergente da parte del Mef e da parte della Bce per risolvere un problema che sta più o meno a cuore a tutti, soprattutto all’interno del settore bancario in Italia”.
Continuando, Sileoni ha ricordato che “l’impegno (dello Stato) verso la Bce era già stato preso e non credo che la Bce voglia garantire in qualche modo, aggiungo io purtroppo, altro tempo. Sarebbe l’ideale ma questo sicuramente non potrà in qualche modo realizzarsi e non credo neanche che ci sia tutta questa voglia da parte del Mef e da parte dello stesso governo di andare a ridiscutere con la Bce quello che è già stato stabilito da tempo”.
Piazza Gaulenti finirà dunque per inglobare la banca senese?
Indiscrezioni su ciò che sta avvenendo nei piani alti di UniCredit, a caccia anche di un AD dopo l’addio annunciato dal numero uno attuale Jean-Pierre Mustier, vengono riportate oggi dal quotidiano La Repubblica, nell’articolo di Andrea Greco, dal titolo “Unicredit-Mps la fusione rischia di slittare all’estate”.
Viene segnalato come i fondi stranieri azionisti di UniCredit stiano osservando attentamente le mosse del primo azionista (Mef) verso la fusione con Mps.
“Si dice che negli ultimi giorni le interlocuzioni di Blackrock e Capital Research, soci forti in Unicredit con il 5% ciascuno, abbiano indotto il presidente in pectore Pier Carlo Padoan, già ministro del Tesoro e parlamentare del Pd, a valutare con la più grande attenzione ogni fuga in avanti verso Siena”, riporta il quotidiano La Repubblica.
Secondo i rumor del quotidiano, insomma, il dossier Mps-UniCredit rischia di andare per le lunghe, nonostante il corteggiamento serrato lanciato dal Tesoro, primo azionista della banca senese con una quota del 64%.
“Lo scetticismo degli azionisti di Unicredit – che ha perso quasi metà del suo valore in Borsa quest’anno – potrebbe ritorcersi contro gli amministratori, al rinnovo per tre anni tramite lista, che il cda stesso dovrà inoltrare entro il 25 marzo; ma tale lista deve trovare ampio supporto per battere eventuali fondi attivisti e produrre una governance consona all’unica banca “sistemica” italiana”.
E’ dunque probabile che l’appoggio ufficiale di UniCredit a Mps avvenga soltanto durante l’estate, e non entro poche settimane come ha detto Sileoni.
E’ vero però anche che la norma sulle Dta per promuovere le fusioni è rimasta nel suo impianto originario, in base ai desiderata del Tesoro di Roberto Gualtieri, scartando un ostacolo non di poco conto, visto che i 5Stelle avevano presentato un emendamento per ridurne la potenza di fuoco.
Non c’è dubbio, infatti, che la trasformazione delle attività differite in crediti di imposta sia l’esca perfetta con cui il Tesoro punta far abboccare UniCredit all’amo Mps una volta per tutte. A tal proposito, Equita SIM ha calcolato in 2,5 miliardi di euro le Dta fuori bilancio che il Monte di Stato potrebbe utilizzare per una fusione.
Un regalo di Stato perfetto per ridisegnare le sorti di Mps senza che UniCredit debba pentirsi di essersi accollata la banca: e un regalo che arriva tra l’altro nel momento in cui l’istituto si prepara all’ennesimo aumento di capitale inevitabile, tra i 2 e i 2,5 miliardi di euro, il quarto in dieci anni.