Unicredit: con Orcel asso pigliatutto. Fusione a tre con Mps e Banco BPM con il gioiello Anima. Intesa SanPaolo sull’attenti
E se alla fine il prossimo ceo di UniCredit, indicato dal cda nella persona di Andrea Orcel, decidesse di tagliare la testa al toro lanciando una fusione a tre UniCredit-Mps-Banco BPM?
L’ipotesi torna sotto i riflettori con un articolo de Il Messaggero, che parla per l’appunto dell’opzione di una fusione multipla. Quale modo migliore per battere Intesa SanPaolo se non inglobando non una sola banca, tra l’altro anche azzoppata come Mps, ma ben due?
Bisogna ricordare, infatti, che il banchiere romano è “specializzato in merger multipli (Unicredit-casse, Abn-Santander-Fortis-Rbs)”. Il suo DNA di dealmaker, di conseguenza, “potrebbe aprire con la tentazione di una combinazione a tre con Banco Bpm e Mps, scatenando un terremoto che metterebbe in discussione la leadership di Intesa SanPaolo”.
Il quotidiano romano ribadisce cher “Orcel è tra i maggiori esperti di fusioni multiple”, facendo notare contestualmente che “con il Banco coprirebbe il buco nella rete da Milano al Nordest e in più avrebbe in dote Anima, leader della gestione del risparmio. Quanto a Mps – la banca che cerca disperatamente di convolare a nozze con UniCredit, a chi in questi giorni di colloqui con gli investitori gli chiedeva conto, il banchiere avrebbe risposto che «Mps può essere una opzione da esaminare senza pressioni politiche, sulla base di una fattibilità industriale che non comporti un prezzo sociale troppo alto”.
Così Andrea Lisi di Equita SIM riassume i rumor, commentando un eventuale risiko bancario a tre:
“Un’eventuale M&A Unicredit-Banco BPM-Mps porterebbe alla creazione del principale operatore domestico in termini di filiali (23% vs 20% di Intesa SanPaolo-Ubi Banca), con una market share in Nord Italia del 25% (rispetto al 19% di Intesa SanPaolo-UBI). Sarebbe poi da verificare l’emergere di eventuali vincoli antitrust. Riteniamo che la precondizione per UniCredit rimanga la neutralità sul capitale, la sterilizzazione dei rischi legali di Mps, oltre ad un miglioramento dell’asset quality della combined entity (realizzabile con la cessione di NPL ad AMCO)”.
Equita SIM studia quelli che potrebbero essere gli effetti sulla nuova entità che verrebbe a essere creata con le nozze:
“Secondo i nostri calcoli, assumendo una valutazione di Banco BPM a 0,35x P/TE (rispetto al PTE attuale di 0.27x) e di MPS in linea con i prezzi di mercato (P/TE = 0.22) interamente per carta, la combined entity atterrerebbe con un CET1 del 12,7% (allineato con la nostra stima di UniCredit standalone) e un NPE ratio del 5%, dopo aver incorporato 4,5 miliardi di contributo da conversione DTA, 2,5 miliardi di oneri di integrazione e la cessione di 14 miliardi di NPE (di cui 10 miliardi ad AMCO). Stimiamo che l’aggregazione sia sostanzialmente EPS neutral (neutrale sull’earning per share, ovvero sull’utile per azione) al 2022 e diventi 10% EPS accretive al 2023 grazie alle sinergie. Il gruppo tratterebbe con un 2022 P/TE = 0,3 volte a fronte di un ROTE del 6,7% (rispetto all’8,9% di Intesa SanPaolo)”.
Detto questo, avverte Lisi, “un’operazione del genere si caratterizzerebbe tuttavia da un execution risk molto alto. Tuttavia, se si dovesse perseguire l’operazione ipotizzata da Il Messaggero, riteniamo diventi probabile un M&A tra Bper e Banca Popolare di Sondrio, la cui trasformazione in spa dovrebbe finalizzarsi entro fine anno. Un’operazione UniCredit-Banco BPM e Mps avrebbe a nostro avviso Anima come perno per il risparmio gestito, quest’ultima forte degli accordi di distribuzione con Banco BPM (fino al 2037) e Mps (al 2030), oltre che della presenza di Banco BPM nell’azionariato (con una quota del 20%)”.