Petrolio schizza +3% dopo tonfo post Opec+. Focus su FMI e negoziati Usa-Iran su nucleare: outlook Goldman Sachs
Petrolio in rally, con il contratto WTI sul petrolio che balza del 3,07% a $60,48 al barile e il Brent che avanza del 2,64% a $63,79 al barile. Entrambi i contratti avevano perso 3 dollari circa alla vigilia, scontando sia la decisione che l’Opec+ ha preso la scorsa settimana sui livelli di produzuone, sia l’aumento delle infezioni Covid-19 in India e alcuni paesi europei.
Buone notizie oggi dal Fondo Monetario Internazionale, che ha rivisto al rialzo l’outlook sul Pil mondiale del 2021 dalla precedente crescita stimata a +5,5% nel mese di gennaio, a +6%. Per le economie dei paesi avanzati, il Fondo prevede un’espansione del 5,1%, e in particolare per gli Stati Uniti del 6,4%.
Da segnalare che l’Opec+ ha raggiunto un accordo per iniziare a ritirare gradualmente i tagli all’offerta, lanciati a partire dall’anno scorso, nel pieno dell’emergenza della pandemia, per sostenere le quotazioni del petrolio crude.
A partire dal mese di maggio, un’offerta aggiuntiva di 350.000 barili al giorno tornerà sul mercato, con altri 350.000 barili al giorno che arriveranno a giugno.
La produzione di luglio sarà poi aumentata di 450.000 barili al giorno a iniziare da luglio.
Market mover di questa settimana saranno le discussioni a Vienna tra l’Iran e gli Stati Uniti che anticiperanno negoziati più diretti tra le controparti per ripristinare l’accordo nucleare del 2015 che era stato concluso tra Teheran e le potenze mondiali.
L’accordo era stato raggiunto tra l’Iran e il cosiddetto P5+1 (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti – più la Germania e l’Unione europea). Dall’accordo, gli Stati Uniti si sono successivamente ritirati per la decisione del presidente americano Donald Trump.
Gli Usa hanno ripristinato così nel novembre del 2018 le sanzioni economiche contro l’Iran, in particolare contro il petrolio e le banche iraniane. Gli analisti di Goldman Sachs hanno avvertito comunque che un qualsiasi eventuale ripresa delle esportazioni di petrolio iraniano non rappresenterebbero comunque uno shock ‘esogeno’ per il mercato, e che una piena ripresa dell’export non arriverebbe prima dell’estate del 2022. Dall’analisi della banca Usa è emerso tuttavia che, nel caso in cui una normalizzazione delle esportazioni iraniane avvenissero prima della fine del 2021, le stime di Goldman sul petrolio Brent di fine 2021 e 2022 verrebbero ridotte di $5 al barile rispetto all’attuale outlook di $75. L’assenza di un accordo nel 2022 creerebbe invece un rischio al rialzo superiore ai 10 dollari.