M&A banche, per le fusioni dote fiscale sale a 11,6 miliardi. Draghi rende più attraente Mps agli occhi di UniCredit
Il Sole 24 Ore svela il mistero della dote fiscale più ricca che, chi deciderà di accollarsi Mps, riceverà dallo stato.
Nell’articolo dal titolo “Banche, la dote sale a 11,6 miliardi. Cresce l’appeal di UniCredit-Mps”, il quotidiano di Confindustria si riferisce alla novità che era stata anticipata nei giorni scorsi da altri quotidiani, incisa del Decreto Sostegni Bis.
Dalla bozza del decreto emergono i dettagli sul maxi regalo che il governo Draghi è disposto a elargire a chi deciderà di acquistare il Monte di Stato, in cui il Tesoro detiene la quota di maggioranza del 64% circa.
“La novità, tecnica ma di sostanza, è contenuta nella bozza del Decreto Sostegni Bis e prevede una serie di modifiche alla normativa sulle Dta (Deferred tax asset) ovvero le perdite fiscali che già da inizio anno possono essere trasformate in credito d’imposta (e quindi in capitale) in caso di fusione con altre banche a fronte della corresponsione di ‘commissioni’, deducibili ai fini Ires e Irap, pari al 25% dell’importo”.
Questo “tesoretto nascosto”, come lo chiama il Sole 24 Ore, ai bilanci di fine 2020 vale, secondo i calcoli di Deutsche Bank, circa 11,6 miliardi per gli istituti italiani (contro i 10,8 precedenti).
La trasformazione delle DTA in crediti di imposta, si ricorda, è stata varata dall’ultima legge di bilancio del governo Conte come incentivo alle fusioni che tuttavia dovranno essere approvate entro la fine del 2021.
La dote fiscale di 11,6 miliardi riguarda, è bene precisarlo, tutte le banche italiane e, nel caso specifico di un deal tra UniCredit e Mps, sarebbe pari a 3,4 miliardi circa, 1,1 miliardi in più rispetto alla norma vigente.
Il Sole mette tra l’altro in evidenza che “il legislatore ha ‘indirettamente’ innalzato l’appeal di una operazione di M&A tra UniCredit e Mps e ridotto la forchetta con quello generato da UniCredit-BancoBpm:
“in questo caso il beneficio è stimato attorno a 4,1 miliardi, ma la componente principale arriverebbe dalle Dta di UniCredit (circa 4,35), e non di piazza Meda, pari a circa 1 miliardo. Senza impatti invece i benefici di una fusione tra Banco-Bper, pari a circa 1 miliardo”.
Gli analisti di Equita SIM, nel commentare la dote fiscale più ricca a Mps, avevano già segnalato nelle ultime ore come nella bozza del Decreto Sostegni Bis fosse presente una modifica relativa alla conversione delle DTA in crediti fiscali in caso di aggregazioni. La modifica è che la soglia delle DTA convertibili passerebbe dal 2% al 3% del totale degli attivi del soggetto minore coinvolto nella fusione.
“Se approvata, la norma fornirebbe un ulteriore impulso al processo di consolidamento nel settore (bancario), supportando in particolar modo una soluzione per Monte dei Paschi (che ha in dote DTA potenzialmente oggetto di conversione per 3,8 miliardi), con tempistiche che tuttavia potrebbero essere più lunghe rispetto a quanto inizialmente ipotizzato”.
“Sulla base dei nostri calcoli – si legge ancora nella nota di Equita SIM – in caso di M&A tra UniCredit e Mps, il beneficio dalla conversione delle DTA ammonterebbe a 3,4 miliardi (1,1 miliardi circa in più rispetto alla norma vigente), con un impatto sul CET1 della combined entity stimato in 90 punti base circa (rispetto a precedenti 60 punti base)”.