Wall Street in ribasso, tassi Treasuries 10 anni oltre 1,5% dopo dato inflazione Usa. Sui mercati domina ansia Fed
Wall Street in ribasso dopo la pubblicazione di dati macroeconomici contrastati e in attesa degli annunci che arriveranno domani dalla Fed, alla fine della riunione di due giorni iniziata oggi.
Il Dow Jones perde lo 0,15% a a 34.340 punti circa; lo S&P scende dello 0,10% a 4.250, dopo aver inanellato in avvio di seduta un altro record. Il Nasdaq scende anch’esso dal massimo assoluto riportato alla vigilia, segnando un calo dello 0,32% a 14.132 circa. Ieri il listino dei titoli hi-tech aveva chiuso al record di 14.174,14 punti.
Tutti i riflettori sono puntati su ciò che dirà Jerome Powell, numero uno della Fed, che parlerà domani, mercoledì 16 giugno, in occasione della conferenza stampa successiva all’annuncio sui tassi, che dovrebbero rimanere inchiodati a valori vicini allo zero.
Le stime della banca centrale Usa sui tassi di interesse, sull’inflazione e sull’economia potrebbero muovere i mercati.
Dopo la pubblicazione del dato sull’inflazione – indice prezzi al consumo +5% a maggio, al record dal 2008, e componente core +3,8%, al massimo in quasi 30 anni – gli economisti ritengono quasi inevitabile un annuncio del tapering del Quantitative easing prima di quanto anticipato.
Oggi un’altra importante indicazione sul trend delle pressioni inflazionistiche negli States è arrivata con l’indice dei prezzi alla produzione, sempre di maggio.
Il dato è balzato dello 0,8% su base mensile, oltre il +0,5% atteso dal consensus. L’inflazione core è salita dello 0,7%, rispetto al +0,5% previsto. Preoccupante soprattutto il trend su base annua che, con un rialzo del 6,6%, ha confermato l’impennata più forte di sempre, rispetto al +6,2% atteso dal consensus. Escludendo le componenti dei prezzi dei beni alimentari ed energetici, il PPI è salito su base annua del 4,8%, in linea con le previsioni.
I tassi sui Treasuries decennali Usa tornano a salire oltre la soglia dell’1,5%.
Nelle ultime ore l’alert inflazione è arrivata anche dai nomi tra i più altisonanti del mondo dell’alta finanza.
Paul Tudor Jones ritiene per esempio che l’inflazione rimarrà. Dal gestore anche un consiglio operativo: se Powell farà finta di nulla l’unica salvezza, a suo avviso, sarà buttarsi sulle materie prime e sul Bitcoin.
Di inflazione Usa ha parlato nelle ultime ore anche il numero uno di Morgan Stanley, il ceo James Gorman.
In un’intervista alla Cnbc l’AD ha detto di ritenere che l’inflazione più alta potrebbe perdurare nel tempo, costringendo dunque la Fed ad alzare i tassi prima delle attese. “La domanda è…quand’è che la Fed si muoverà? A un certo punto si dovrà muovere, e credo che sia più probabile che si muova prima che dopo, e prima rispetto a quando il dot plot attuale lasci pensare”, ha detto Gorman.
Intervenuto sulla questione anche il ceo di JP Morgan, Jamie Dimon. Dimon ha detto che il colosso bancario che gestisce sta “facendo incetta” di cash, di contanti, invece di utilizzare la liquidità che ha a disposizione per acquistare Treasuries o fare altri investimenti.
“Disponiamo di molto cash e di capacità e saremo molto pazienti, perché credo che ci sia una possibilità molto alta che l’inflazione si riveli più di un fenomeno transitorio”, ha detto il ceo, precisando che la banca numero uno degli Stati Uniti per valore degli asset si è posizionata per beneficiare dell’aumento dei tassi di interesse, fattore che le consentirà di acquistare quegli asset che presenteranno finalmente un rendimento più alto.
Dal fronte macroeconomico Usa, sono stati resi noti oggi anche i dati, non proprio elettrizzanti, relativi alle vendite al dettaglio e alla produzione industriale.
La produzione industriale statunitense ha segnato un miglioramento a maggio, salendo dello 0,6% contro il -0,1% della passata lettura (dato rivisto al ribasso da +0,5%). Il mercato si attendeva un aumento dello 0,6% su base mensile.
Nello stesso mese, le vendite al dettaglio degli Stati Uniti sono scese dell’1,3%, ben oltre il calo atteso dagli analisti, pari a -0,8%. Occhio tuttavia al dato di aprile, che è stato rivisto decisamente al rialzo a +0,9% rispetto al trend invariato inizialmente reso noto.
Escluso il settore auto, le vendite al dettaglio sono scese dello 0,7%, peggio del -0,4% atteso, e rispetto al -0,8% di aprile.