Borsa Tokyo in calo -0,29%, a Wall Street record S&P per quinta sessione consecutiva
Borse asiatiche sotto pressione, dopo la chiusura contrastata di Wall Street, che ha visto l’indice S&P 500 salire dello 0,13% a 4.297,50, anellando un nuovo record per la quinta sessione consecutiva. Il Dow Jones Industrial Average ha messo a segno un rialzo di 210 punti, a 34,502,51. Il Nasdaq Composite ha fatto invece dietrofront, scendendo dello 0,17% a 14,503.95. Chiusa oggi la borsa di Hong Kong.
L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso in calo dello 0,29% a 28.707 punti. La borsa di Shanghai sale dello 0,30%. Sidney in calo dello 0,44%, Seoul -0,48%.
Protagonista una carrellata di dati macro. A mettere sotto pressione l’azionario asiatico, in generale, è stata la pubblicazione dell’indice PMI manifatturiero della Cina, stilato da Caixin e Markit, che è sceso a 51,3 punti, dai 52 punti precedenti, facendo peggio dei 51,8 punti attesi.
Il dato è rimasto al di sopra dei 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione dell’attività economica – valori al di sotto – e di espansione – valori al di sopra.
L’indicatore è sceso tuttavia al minimo degli ultimi tre mesi, anche se ha riportato il quarto mese consecutivo di espansione: bene il sottoindice dell’occupazione, ancora in rialzo, mentre le esportazioni sono state stagnanti. In rallentamento anche le pressioni sui costi.
Ieri erano stati diramati i numeri ufficiali degli indici Pmi della Cina, relativi al mese di giugno. Il Pmi manifatturiero si è attestato a 50,9 punti, in lieve calo rispetto ai 51 punti di maggio, e praticamente in linea con i 50,8 punti attesi dal consensus. L’indice Pmi non manifatturiero ha rallentato il passo anch’esso, a quota 53,5 punti, rispetto ai 55,2 punti precedenti ma meglio dei 52,7 punti stimati. Il Pmi Composite si è attestato a 52,9 punti, in calo rispetto ai precedenti 54,2 punti.
Dal fronte macroeconomico del Giappone, è stato diffuso il rapporto Tankan stilato dalla Bank of Japan, relativo al secondo trimestre dell’anno.
Dal rapporto è emerso che l’indice delle grandi aziende manifatturiere si è attestato a 14 punti, livello inferiore rispetto ai 15 attesi dal consensus, ma in forte accelerazione rispetto ai 5 punti del primo trimestre.
Non solo, l’indice – che misura la fiducia delle grandi aziende giapponesi manifatturiere – è salito al record in due anni e mezzo, indicando come la ripresa della domanda globale stia aiutando l’economia del Giappone a emergere dalla crisi scatenata dalla pandemia Covid-19.
Reso noto in Giappone anche il Pmi manifatturiero stilato congiuntamente da Jibun Bank-Markit, che si è attestato a giugno a 52,4 punti, in calo rispetto ai 53 punti precedenti. Il dato è rimasto al di sopra dei 50 punti, linea di demarcazione tra fase di contrazione dell’attività economica – valori al di sotto – e di espansione – valori al di sopra. L’indice Pmi è tuttavia sceso al minimo dal mese di febbraio.