Borse Asia-Pacifico tra le migliori della classe, anche meglio di Europa e Usa. Febbre M&A ai record
Nulla da ridire sulla performance, nei primi sei mesi del 2021, di Wall Street e dell’azionario europeo, con lo S&P 500 e lo Stoxx 600 che sono balzati rispettivamente del 14,4% e del 13,5%. Ma non sono stati sicuramente questi indici azionari i primi della classe.
Molto meglio hanno fatto alcune borse dell’area Asia-Pacifico.
Stando ai calcoli di Cnbc, l’indice VN del Vietnam è balzato del 27,6% nel periodo compreso tra l’inizio del 2021 e il 30 giugno; il Taiex di Taiwan è salito del 20,5%, il Kospi sudcoeano ha riportato un rally simile a quello dello S&P 500, pari a +14,73%, mentre i trend del Nifty 50 indiano e dello S&P/ASX 200 australiano sono stati inferiori a quelli della borsa Usa e delle borse Ue, rispettivamente pari a +12,44% e +11,02%. Sono state queste le borse migliori dell’area.
Rialzi più contenuti per la componente Shenzhen della Cina continentale, salita del 4,78%.
Tra le borse perdenti, la peggiore dell’area Asia-Pacifico è stata la borsa malese, con il FTSE Bursa Malaysia KLCI Index che si è confermato l’indice azionario con il trend peggiore nei primi sei mesi dell’anno, in flessione del 5,8%. Il PSE Composite delle Filippine ha perso il 3,33%.
I ribassi si spiegano con i casi di recrudescenza del Covid-19, in paesi in cui le vaccinazioni continuano ad andare a rilento, soprattutto nel sud est dell’Asia.
Guardando in avanti, Alex Wolf, responsabile della strategia di investimento in Asia di JP Morgan, ritiene che l’area sia comunque destinata “a rimanere in modo ampio su un sentiero positivo di ripresa”.Detto questo, “gli investitori devono aspettarsi una continua divergenza, visto che le vaccinazioni, i fattori di crescita, le politiche lanciate, sono ampiamente divergenti nella regione, fattore che deve portare gli operatori a investire in modo selettivo e attivo”.
Lo strategist ha elencato in particolaere i tre fattori che dovrebbero essere monitorati dagli operatori di mercato durante il resto dell’anno:
- La ripresa della Cina
- Il progresso nelle vaccinazioni
- Le esportazioni, in particolare dei semiconduttori.
“Preferiamo tuttora il Nordest dell’Asia (ovvero le borse di Cina, Corea e Taiwan) vista la sua esposizione a forze strutturali come la digitalizzazione e la domanda dei semiconduttori, ma con le maggiori vaccinazioni la ripresa si allargherà alla fine al Sud e al Sudest dell’Asia, sostenendo sia le valute che i mercati azionari”.
Un articolo di Reuters mette comunque in evidenza come il Sudest asiatico sia stato teatro, nei primi sei mesi dell’anno, di un boom di operazioni di M&A (Merger and acquisition, ovvero fusioni e acquisizioni).
In numeri, stando ai dati di Refinitiv, gli annunci di M&A che hanno coinvolto società asiatiche si sono attestati nel periodo gennaio-giugno a $707,7 miliardi, in crescita del 75% su base annua, e non lontano dal record di $758,6 miliardi del primo semestre del 2018.
Nello specifico, i deal del Sudest asiatico sono volati dell’83%, al record di $124,8 miliardi, grazie ad alcune mega transazioni, tra cui la fusione da $40 miliardi del gigante del food delivery Grab con la SPAC Altimeter Growth.
“Siamo solo a metà anno, ma se le condizioni del mercato rimarranno costruttive e in linea con le nostre previsioni, vuol dire che ci apprestiamo a sforare tutti i record – ha commentato David Biller, responsabile della divisione di banking, mercati dei capitali e advisory della divisione del Sudest asiatico di Citi, stando a quanto riportato da Reuters. “I temi continuano a essere tech, consumi e healthcare. La diffusione degli accordi di M&A e dei mercati dei capitali è significativa in tutti i paesi”. Boom anche per gli accordi sostenuti dal private equity, più che raddoppiati al record di $102 miliardi.