L’autore del Cigno Nero cambia idea sul Bitcoin: ‘non è una valuta e vale esattamente zero’
Mentre Elon Musk continua a postare nuovi tweet sul mondo cripto, un nuovo schiaffo all’affidabilità del Bitcoin arriva da Nassim Taleb, autore del libro “The Black Swan”, il Cigno Nero, al momento professore di ingegneria del rischio presso la Tandon School of Engineering della New York University e, anche, consulente scientifico di Universa Investments.
Taleb ha affossato totalmente l’entusiamo dei fan della criptovaluta numero uno al mondo, reduce da un tonfo del 40% nel mese di giugno: a suo avviso, stando a quanto riportato da un articolo della Cnbc, il Bitcoin non è né una valuta, né uno strumento di hedge contro l’inflazione, e né tanto meno un investimento in asset sicuri.
“Pochi asset nella storia finanziaria si sono confermati più fragili del Bitcoin“, ha detto. Un dietrofront per Taleb visto che, in precedenza l’economista aveva guardato con favore alla moneta digitale, tanto da parlare nel 2018 di un “Bitcoin Standard”, paragonando la criptovaluta a una “assicurazione” per tutelarsi dai controlli sui capitali lanciati dai governi.
Nassim Taleb: Bitcoin vale esattamente zero
E invece no. Qualcosa ha fatto cambiare idea a Nassim Taleb che, vale la pena ricordarlo, è stato anche un trader quantitativo per un arco di tempo piuttosto lungo. In un suo recente paper dal titolo “Bitcoin, Currencies, and Fragility”, pubblicato alla fine di giugno, Taleb ha scritto che il Bitcoin vale “esattamente zero”, mentre “l’oro e altri metalli preziosi godono di una manutenzione in gran parte gratis, non sono soggetti a deterioramento nel corso della storia e non richiedono manutenzione per rinnovare nel tempo le loro proprietà fisiche”.
Taleb ha fatto notare anche che, nel marzo del 2020, la moneta digitale è crollata più del mercato azionario, per poi riprendersi grazie a “una massiccia iniezione di liquidità”; e questo fattore “è un prova sufficiente a dimostrare che (il Bitcoin) non potrebbe essere lontanamente utilizzato come hedge contro il rischio sistemico”.
Praticamente, la criptovaluta tende a rispondere alla liquidità e non è chiaro cosa accadrebbe se ci fosse un blackout di Internet in una determinata area, soprattutto se il fenomeno si verificasse durante un collasso finanziario. Ancora, il Bitcoin “ha mantenuto una volatilità estremamente elevata”, tra il 60% e il 100%, “per tutto il corso della sua vita”.
Detto questo, Taleb crede ancora che “sia desiderabile disporre almeno di una moneta reale che non dipenda da un governo. Ma la nuova valuta dovrebbe essere più attraente come riserva di valore, replicando un paniere ponderato di beni e servizi con un errore minimo”.
Rimane nel frattempo debole la performance del Bitcoin, in lieve ribasso attorno a $32.300, ingabbiato in un range compreso tra $32.000 e $36.000 da circa un mese.
Taleb ha detto inoltre che, affinché si possa parlare di valuta, l’asset in questione dovrebbe avere due caratteristiche: una qualche forma di stabilità e un suo utilizzo.
Per Roubini Bitcoin non è neanche un asset
Le parole di Taleb sul Bitcoin riportano alla mente quelle di un suo collega della New York University, ovvero di Nouriel Roubini.
Noto anche come Mr. Doom, professore di economia presso la New York University’s Stern School of Business e presidente di Roubini Macro Associates, Roubini si è così espresso in una intervista rilasciata a Goldman Sachs a fine maggio, riferendosi in generale al mondo delle criptovalute:
“Intanto, per iniziare, chiamarle valute è fuorviante. Le valute devono disporre di quattro qualità: devono essere 1) unità di conto; 2) strumenti di pagamento; 3) riserve stabili di valore; 4) agire come un singolo numeraire. Il Bitcoin e la maggior parte delle criptovalute, invece, non presentano neanche una di queste caratteristiche – ha detto Roubini, intervistato da Allison Nathan, Senior Strategist della divisione di ricerca macro globale di Goldman Sachs – Perfino i Flintstones disponevano di un sistema più sofisticato, utilizzando le conchiglie come un singolo numeraire per fare un paragone tra i prezzi di beni diversi”.
I Bitcoin e altre criptovalute, inoltre, non sono neanche asset, per Roubini.
“Gli asset assicurano un qualche flusso di cassa o un’utilità che può essere utilizzata per capire il loro valore fondamentale. Un’azione assicura dividendi, che possono essere scontati al fine di arrivare alla valutazione. I bond garantiscono le cedole, i prestiti gli interessi, il mercato immobiliare genera affitti o servizi immobiliari, ha detto l’economista”. Continua a leggere l’intervista QUI
Intanto, un altro articolo della Cnbc parla del successo, negli ultimi mesi, degli altcoins (alternative digital coins, monete digitali alternative), come l’ XRP e il polkadot“, riferendosi in particolar modo al successo strepitoso del Dogecoin (che come il Bitcoin ha tuttavia sperimentato e sofferto una forte fuga nel mese di giugno), alimentato anche, e in alcuni casi soprattutto, dai vari tweet del numero uno di Tesla, Elon Musk.
La cripto meme, viene ricordato, è diventata così popolare da arrivare a una capitalizzazione di mercato tra le 10 top delle criptovalute, dopo aver toccato il record di quasi 74 centesimi nel mese di maggio.
Di recente, Musk ha fatto volare anche il Baby Doge, spin off del dogecoin, con un semplice tweet in cui ha ripreso la nota meme song Baby Shark, di cui aveva tra l’altro già parlato – provocando ennesimi tumulti sul mercato -, limitandosi semplicemente a scrivere “Baby Doge, doo, doo, doo, doo, doo”. E qualcuno, rimanendo in tema di pesci, ha abboccato, se si considera che il prezzo del Baby Doge (creato appena 1 mese fa) è più che raddoppiato quel giorno (il 2 luglio scorso) a $0,000000002000 da $0.000000000916 dopo il tweet di Elon Musk. Tant’è che ora i riflettori sono puntati anche su questa new entry nel mondo cripto.