Cina, tra l’inflazione e le contromosse governative crescono le opportunità nell’azionario
Sbucano ogni giorno nuove opportunità d’investimento molto interessanti nell’azionario cinese. Nonostante una crescita più moderata rispetto al passato, la risposta della Cina ai rischi dell’inflazione sta generando sui mercati finanziari delle valutazioni al ribasso che possono offrire rendimenti considerevoli a chi ci investe. A evidenziare il trend è l’analisi di GAM (Italia) SGR, curata dal Market Specialist Carlo Benetti.
Dal post-Covid alla crescita soft
La Cina, in una sorta di schema “first in, first out” nell’emergenza Covid, ha guidato il resto del mondo sulla curva della ripresa. L’effetto “molla” e il “Revenge Spending”, naturali reazioni al lungo periodo di compressione della domanda, hanno enormemente contribuito alle recenti performance dell’economia cinese. L’attività economica nel secondo trimestre è cresciuta di +1,3% (+7,9% anno su anno), sotto le attese e di molto inferiore al +18,3% del primo trimestre, più una risposta alla straordinaria debolezza del 2020 che forza autonoma. Sono tornati a crescere le esportazioni e, dopo mesi di declino, il peso nel commercio internazionale: nel 2021 la Cina potrebbe mettere a segno un surplus record della bilancia commerciale, relegando la guerra commerciale con Trump nell’album dei ricordi.
Sono tornati ad aumentare la produzione industriale e gli investimenti in capitale fisso, con loro è però salita anche la preoccupazione sulla qualità della crescita, alimentata dall’aumento del debito, il vero cruccio delle autorità di governo e monetarie. Nella seconda parte dell’anno dovranno esercitarsi a preservare la crescita economica e nello stesso tempo garantire la stabilità finanziaria. Uno schema di gioco difficile, avanzare e nello stesso tempo applicare il catenaccio, ovvero mettere un freno all’accelerazione del rapporto debito/PIL che nel 2020 ha superato il 300%.
Perlomeno, il rallentamento dell’attività economica nel secondo trimestre ha frenato anche la crescita dei prezzi: l’ultima rilevazione dei prezzi alla produzione è di 8,8%, al di sotto del picco di 9% in maggio. La Banca del Popolo ha immediatamente approfittato del maggior spazio di manovra e, con una mossa a sorpresa, ha preso in contropiede i mercati tagliando di cinquanta punti base il coefficiente di riserva obbligatoria delle banche. Il taglio è il primo dal marzo 2020 e va nella direzione opposta alla politica restrittiva degli ultimi mesi.
Le mosse della banca centrale cinese
La banca centrale giustifica la mossa con argomenti tecnici, una facilitazione alle banche in vista della minor liquidità per prossime scadenze di prestiti, ma non manca chi solleva dubbi sulla robustezza della ripresa nella seconda parte dell’anno. L’abbassamento delle riserve ha liberato liquidità per circa centocinquanta miliardi di dollari (un trilione di Renmimbi), un sollievo per piccole e medie società alle prese con una ripartenza irregolare e, soprattutto, con la crescita dei costi di produzione.
L’inflazione è piuttosto temuta in Cina. Il Partito Comunista esercita un ferreo controllo dell’attività economica e della pubblica opinione anche perché non dimentica le pericolose conseguenze di una crescita dei prezzi fuori controllo, fenomeno già verificatosi in altri momenti della storia cinese, come nel 1949 e nel 1988: c’era anche l’impoverimento dei salari dietro le proteste dei giovani in piazza Tienanmen.
Il taglio delle riserve obbligatorie da parte della Banca del Popolo è avvenuto in concomitanza con altri segnali politici ancor più interessanti: il governo ha chiesto una accelerazione nell’emissione di finanziamenti a sostegno delle energie rinnovabili e un ex membro della banca centrale ha accennato a un possibile taglio dei tassi ufficiali. Sembra quindi che questi giorni di metà anno traccino una linea di demarcazione tra un primo semestre sotto il segno del tapering, sia pure con “caratteristiche cinesi”, e un secondo semestre più concentrato sulla conservazione della crescita evitando rischi di crisi finanziarie.
Le opportunità sui titoli azionari
La borsa cinese, sensibile come tutte le altre ai segnali della politica monetaria, ha mostrato sentimenti contrastanti, è rimasta indietro rispetto alle altre principali borse e oggi, al mutare delle condizioni generali, si trova con livelli di valutazione ancora più interessanti. Soprattutto i titoli della tecnologia vengono trattati a sconto rispetto ai loro valori storici, e rispetto ai titoli di società del medesimo settore che, in tutti gli altri listini, vengono scambiati a premi elevati.
Gli ultimi dati sul PIL autorizzano a pensare positivo per la seconda parte dell’anno e considerare la volatilità come occasione per favorevoli momenti di ingresso su specifici settori e società. Le autorità di governo e monetarie continuano nel lavoro di “pulizia della casa” ovvero, come ha detto il premier XI Jinping, stretta sorveglianza della politica del credito e prevenzione di rischi finanziari. Venti favorevoli alla spinta economica verranno anche dagli ulteriori programmi di stimolo americani.
Nel lungo periodo l’investimento nel mercato azionario cinese presenta almeno quattro punti di forza: resistenza ciclica, dimostrata nella reazione alla pandemia, crescita “premium”, ovvero tassi di aumento della ricchezza ineguagliati in nessuna altra area o paese, miglioramento della sostenibilità e qualità della crescita, valutazioni interessanti.
Le occasioni di breve periodo
Nel breve termine, vediamo opportunità di investimento in tre aree. La prima è la digitalizzazione, che resta un fattore centrale nella crescita economica del Paese: coinvolge il settore dei consumi (tramite le vendite online), la ricerca (5G), il cloud computing, i semiconduttori. La seconda è la transizione ambientale: il Piano Quinquennale del 2021 mette molta enfasi sul traguardo della “carbon neutrality” per il 2060 e, di conseguenza, sugli enormi investimenti necessari per portare le energie rinnovabili a principale fonte energetica nazionale. Da ultimo, ricordiamo che anche la Cina è un Paese vecchio: la percentuale di persone con più di 65 anni di età sul totale della popolazione, oggi sopra il 17%, è destinata a crescere e ci vorranno decenni prima che saranno avvertiti gli effetti della legge che autorizza il terzo figlio, approvata poche settimane fa. La diminuzione della forza lavoro spinge le aziende a maggiori investimenti in automazione e il governo ad approntare sistemi sanitari, welfare e assicurazioni in grado di assistere i molti milioni di futuri anziani.