Bond India, cresce la fiducia di JPMorgan e dei mercati
La scorsa settimana, l’India è entrata ufficialmente a far parte del Government Bond Index-Emerging Markets (GBI-EM), indice di JP Morgan che monitora le performance delle obbligazioni governative denominate in valuta locale emesse da paesi emergenti. L’inclusione dei titoli indiani (per circa il 10%) all’interno di un benchmark visto con così tanta attenzione dagli investitori getta le basi per significativi afflussi finanziari nella quinta economia mondiale. Un’analisi curata da LGIM aiuta a comprendere uno scenario in continua crescita, nonostante le tante difficoltà interne.
Esito politico debole, senza influenzare le riforme
Nonostante il mancato raggiungimento della maggioranza assoluta da parte di Bharatiya Janata, partito dell’attuale primo ministro Narendra Modi, questo non ha inciso troppo sulla tenuta dei titoli indiani, forti di riforme strutturali che LGIM reputa solidamente attuabili dal leader in carica. Si intendono investimenti sulle infrastrutture chiave, ma anche «per instaurare una politica monetaria più concreta e dare al paese un maggiore consolidamento dal punto di vista fiscale».
Le prospettive future rimangono incoraggianti, tanto che – secondo il report dell’asset manager – tutte queste novità potrebbero addirittura trasformare Nuova Dehli nella terza economia del mondo già entro i prossimi 6 anni.
Debito India sempre più aperto
Da anni ormai gli sforzi per rendere l’accesso al debito indiano sempre più aperto agli investitori stranieri fruttano risultati interessanti. Basti pensare ai FAR (Fully Accessible Route), obbligazioni governative indiane acquistabili in maniera semplice e senza limiti massimi dall’estero, che dal 2020 (anno di lancio) ad oggi hanno generato un valore totale di 320 miliardi di dollari esteso per ben 22 bond FAR.
Un trading con l’estero così aperto ed elevato assicura al mercato obbligazionario indiano maggiore liquidità e accessibilità da parte degli investitori stranieri, che possono fare affidamento su una gamma più ampia di investimenti per diversificare al meglio i loro portafogli.
La fiducia di JPMorgan nell’India
Per sottolineare l’ondata di ottimismo a sostegno del Paese, il 28 giugno JPMorgan ha ufficialmente messo in pratica quanto annunciato a settembre: portare nel proprio GBI-EM Global Diversified Index una quota di titoli governativi indiani pari al 10%. Un segnale di forte fiducia, spiega LGIM, aggiungendo che questa quota potrebbe aumentare mensilmente dell’1% e «generare un flusso di capitali complessivo verso il sub continente tra i 30 e i 40 miliardi di dollari».
L’esempio potrebbe rapidamente essere seguito dall’agenzia britannica Bloomberg, intenzionata dal 2025 ad inserire i titoli indiani nel suo indice Bloomberg Emerging Markets Local Currency Liquid Government Bond, un altro punto di riferimento autorevole per misurare la performance delle obbligazioni emesse da governi di paesi emergenti.
Attenzione crescente anche da parte dei mercati?
Nel lungo periodo, segnala l’analisi, queste decisioni invoglieranno sempre più investitori a detenere bond indiani, tanto da delineare una quota di debito pubblico in mano straniera in crescita «dal 2% al 9% entro il 2030, generando ulteriori grandi afflussi di capitali».
Influisce l’esigenza di inserirsi in un mercato prima che lo facciano tutti gli altri. Si parla in questi casi di “first mover advantage”, ossia il potenziale beneficio che deriva dall’essere i primi a stabilire una presenza in un determinato mercato, avvantaggiandosi di opportunità non più disponibili per tutti i successivi investitori.
Oppure la più scontata esigenza di inserire in portafoglio titoli con rating più bassi e rischiosi, ma con aspettative di rendimento anche del 7%. D’altronde, per quanto riguarda le obbligazioni emesse da governi di paesi emergenti, ad una maggiore volatilità si risponde con rendimenti decisamente più elevati rispetto ai mercati più sviluppati.