Bce: nel 2023 tassi +200 bp, impatto su Btp. Rischi se Fed non taglia
La Bce ha presentato il rapporto annuale del 2023, un anno in cui l’istituto di Francoforte “ha consolidato i progressi compiuti nella lotta all’inflazione”, grazie anche ad un rialzo complessivo dei tassi pari a 200 punti base. L’inasprimento monetario ha avuto effetti anche sui Btp, determinando un aumento dei rendimenti che ha ingolosito gli investitori istituzionali e retail. Grazie ai progressi raggiunti, i funzionari della Bce si preparano a tagliare il costo del denaro a giugno, prima della sua controparte statunitense, la Federal Reserve.
Progressi sull’inflazione nel 2023
Il rapporto della Bce sottolinea “due importanti sviluppi” che hanno “aperto la strada a un netto calo dell’inflazione nel corso dell’anno” pari a 6,3 punti percentuali. Da un lato, la “brusca riduzione” dei prezzi dell’energia dopo l’impennata registrata a seguito dell’invasione russa in Ucraina. “Nel 2023 la diminuzione dei prezzi dell’energia ha rappresentato la metà del calo dell’inflazione”.
In secondo luogo, la Bce “ha continuato a inasprire la politica monetaria e ha contribuito pertanto a ridurre ulteriormente l’inflazione frenando la domanda”, attraverso un incremento complessivo dei tassi pari a 200 punti base. Le decisioni sono state prese sulla base dei dati e di tre criteri: “prospettive di inflazione, dinamica dell’inflazione di fondo e intensità della trasmissione della politica monetaria”.
Grazie a queste misure, “a settembre si è osservato un miglioramento delle prospettive di inflazione e una vigorosa trasmissione della politica monetaria. L’inflazione di fondo, tuttavia, è rimasta elevata, con forti pressioni interne sui prezzi.” Per questo motivo, la Bce si è impegnata a mantenere i tassi su livelli restrittivi per assicurare il ritorno dell’inflazione al target del 2%.
In tale contesto, il mercato del lavoro dell’area dell’euro ha mostrato capacità di tenuta, con un tasso di disoccupazione che si è mantenuto sostanzialmente stabile al 6,5%.
La Bce riduce il bilancio di oltre €1.000 miliardi
In parallelo, prosegue la Bce, “abbiamo proseguito nella normalizzazione del bilancio dell’Eurosistema affinché restasse coerente con l’intonazione complessiva della nostra politica monetaria”.
Il bilancio dell’istituto ha registrato una riduzione di oltre 1.000 miliardi di euro nel 2023, “determinata in gran parte dalle scadenze e dai rimborsi anticipati nell’ambito delle nostre operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine”, ossia i prestiti TLTRO.
Nel corso dell’anno, il Consiglio direttivo ha inoltre “interrotto i reinvestimenti dei titoli giunti a scadenza nell’ambito del nostro programma di acquisto di attività”, il cosiddetto piano PAA. Inoltre, “a dicembre abbiamo annunciato la graduale cessazione dei reinvestimenti in seno al programma di acquisto per l’emergenza pandemica”.
I reinvestimenti del capitale rimborsato sui titoli in scadenza del PEPP proseguiranno fino a metà 2024. Dopodiché, il Consiglio direttivo intende ridurre il portafoglio del PEPP di 7,5 miliardi di euro al mese, in media, e terminare i reinvestimenti nell’ambito di tale programma a fine anno.
Aumenti tassi Bce spingono i rendimenti dei Btp
Il ciclo di inasprimento della Bce ha avuto effetti sui titoli di Stato europei, provocando un innalzamento dei rendimenti. Questo fino a ottobre 2023, quando le aspettative di un allentamento della politica monetaria nel corso del 2024 sono state incorporate, forse anche in misura eccessiva, nelle valutazioni dei bond governativi. Inizialmente, infatti, si pensava che la Bce potesse tagliare i tassi cinque-sei volte quest’anno, proiezioni quasi dimezzate in seguito.
A partire da luglio 2022, mese in cui il Consiglio direttivo ha decretato il primo incremento dei costi di finanziamento, il rendimento dei Btp è salito di quasi 200 punti base fino a toccare un picco in area 5%, poco dopo l’ultimo ritocco al rialzo della Bce (settembre 2023). Da quel momento, il decennale italiano è sceso fino al 3,5% circa, per poi stabilizzarsi in un range fra il 3,6% e il 3,9% attuale.
Nello stesso periodo, lo spread Btp-Bund è salito inizialmente da 200 a 250 bp (a settembre 2022), per poi ridimensionarsi progressivamente fino ai 160 bp dell’estate 2023. Dopo una momentanea risalita in area 200 bp si è ridotto fino ad un minimo di poco superiore a 120 bp, per poi attestarsi ai 140 bp attuali.
Anche la normalizzazione del bilancio ha avuto effetti sui Btp. Il quantitative tightening (QT), infatti, ha posto fine all’era del QE (quantiative easing), nel corso della quale l’Eurotower ha acquistato ripetutamente titoli di Stato italiani e dell’area euro. Questo ha generato una continua domanda che ha sostenuto i prezzi, contribuendo a tenere sotto controllo i rendimenti nelle fasi di maggior tensione sui mercati. Una domanda destinata a venir meno con la fine del QE e l’implementazione del QT. A questo problema, il governo Meloni sta cercando di far fronte anche con iniziative come il Btp Valore per il pubblico retail.
De Guindos, vicepresidente Bce, ottimista su taglio a giugno
Il rapporto annuale 2023 è stato illustrato dal vice presidente della Bce, Luis de Guindos, alla Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo.
Nell’occasione, Guindos ha ribadito che se il processo disinflazionisticio in atto proseguirà secondo le attese, il Consiglio direttivo potrebbe ritenere “opportuno ridurre l’attuale livello di restrizione della politica monetaria”.
Il vice di Christine Lagarde ha mantenuto comunque toni cauti, sottolineando che l’inflazione diminuirà “a un ritmo più lento” e che la Bce non si sta “impegnando preventivamente su un particolare percorso dei tassi”, mantenendo un approccio guidato dai dati.
Un allentamento sarebbe gradito a molti governi della zona euro, alla luce dell’inizio debole di 2024 e di una ripresa solo graduale prevista nella seconda metà dell’anno.
Voce fuori dal coro: “Divergenza Bce-Fed rischiosa”
Le dichiarazioni più recenti dei funzionari e le aspettative del mercato convergono su un probabile taglio dei tassi nella riunione del 6 giugno. In tal caso, si verrebbe probabilmente a creare una divergenza tra Bce e Fed, dato che la banca centrale americana difficilmente ridurrà il costo del denaro prima di luglio o settembre. Lagarde e colleghi hanno più volte affermato che l’istituto di Francoforte agirà indipendentemente dalla sua controparte statunitense, ma non tutti sono d’accordo su questa visione.
Bostjan Vasle, governatore della banca centrale slovena e membro del Consiglio direttivo Bce, ha concordato sul fatto che “la situazione economica negli Stati Uniti sia attualmente diversa da quella dell’area euro, quindi anche la reazione della politica monetaria potrebbe essere diversa”. Tuttavia, ha precisato, “questa divergenza ha dei limiti”.
Per Vasle “c’è una significativa probabilità che i fattori alla base di un’inflazione più elevata o più persistente negli Stati Uniti diventino visibili anche in altre parti del mondo, compresa l’area dell’euro”. Il governatore sloveno ha anche citato i “molti flussi commerciali e finanziari tra Europa e Stati Uniti”. Inoltre, un periodo prolungato di allentamento monetario in Europa senza che avvenga lo stesso negli Stati Uniti potrebbe intaccare l’euro.
Vasle ha anche messo in guardia contro un possibile impatto delle tensioni geopolitiche sui prezzi energetici, che potrebbe vanificare i tagli dei tassi anche in Europa. Ciononostante, rimane ottimista e ritiene che, se tutto procederà secondo i piani sul fronte dei salari, “l’inflazione si modererà e saremo in grado di essere sempre meno restrittivi durante tutto l’anno.”