Mps, UniCredit il ‘cavaliere bianco’ che raddoppierà gli esuberi? A rischio 6000 dipendenti, più della metà del piano stand-alone
Quel salvataggio di Mps che il cavaliere bianco UniCredit si appresta – il forse è d’obbligo – a fare, si rivelerà alla fine la tanto temuta macelleria sociale paventata dal mondo dei sindacati e dal sindaco di Siena Luigi Mossi?
“La politica, quella di una parte ben precisa, ha prevalso sui progetti tecnici nelle vicende del Monte dei Paschi. Quando sono stati spesi quasi 2 miliardi di euro per comprare Banca 121 e 9,2 miliardi, più i 7 miliardi e mezzo per la fidejussione di Abn Amro, per acquisire Antonveneta. Ora ci impongono una soluzione tecnica per salvare Mps. Ma la politica deve rispondere, deve rimettere mano sul dossier per ridare dignità e futuro alla banca e alla città”, aveva tuonato il sindaco Mossi i primi di agosto, dopo che su Siena era caduta la notizia bomba su UniCredit e il Mef, quest’ultimo principale azionista della banca senese con una partecipazione del 64%.
Mps: da UniCredit salvataggio o manovra di lacrime e sangue?
Le continue voci di esuberi fino a 6.000 unità non fanno dormire i politici e, soprattutto, i dipendenti della banca più vecchia del mondo.
Il timore è che alla fine UniCredit di Andrea Orcel, nel rilevare la parte buona del Monte di Stato, finisca per lanciare una sorta di manovra di lacrime e sangue.
Quel piano industriale di Mps 2021-2025, d’altronde, sa già di vecchio. Lo stesso ministro dell’economia Daniele Franco, nella sua audizione al Parlamento di inizio agosto, ha sottolineato che “le stime di 2.500 esodi volontari e di 2,5 miliardi di aumenti di capitale vanno riviste verso l’alto“.
Non per niente le indiscrezioni parlano di esuberi, in caso di un accordo con UniCredit, attorno ai 6.000 dipendenti, più del doppio di quelli previsti nel piano strategico di gruppo.
Già l’Ansa riportava alla fine di luglio che “nell’ambito della vendita di Mps a Unicredit l’istituto senese dovrebbe registrare l’uscita, attraverso pensionamenti e prepensionamenti, di 5-6 mila dipendenti, pari a circa un quarto dell’organico della banca, allo scopo di alleggerire la struttura di costi dell’istituto senese”.
“Gli esuberi – in base a quanto riferito all’ANSA in ambienti bancari – verranno finanziati attraverso il fondo esuberi e dovrebbero essere tutti su base volontaria”.
L’agenzia aggiungeva:
“Il costo dell’operazione, che rientra nell’ambito dei costi di ristrutturazione che verranno sostenuti dallo Stato per ‘ripulire’ Mps, dovrebbe aggirarsi intorno a 1-1,2 miliardi di euro, ipotizzando un costo medio per dipendente attorno ai 200 mila euro”.
Mps, il nodo degli esuberi
Il ministro Franco non ha aspettato a dare rassicurazioni nel corso della sua audizione al Parlamento:
“Il governo garantirà la massima attenzione alla tutela dei lavoratori utilizzando gli spazi negoziali e definendo i presidi a tutela dell’occupazione del territorio con una pluralità di strumenti e iniziative. Anche la tutela del marchio rappresenterà una priorità del governo”.
E, di fatto, i costi degli esuberi dovrebbero essere sostenuti dal Tesoro, come ha messo in evidenza Lando Maria Sileoni, numero uno della Fabi, il sindacato dei bancari, sempre nei primi giorni di agosto, dopo che la notizia dell’entrata in data room da parte di Piazza Gae Aulenti aveva già creato scompiglio nel mondo politico, in fibrillazione sul futuro dei 21.000 dipendenti di Mps.
“Io non capisco tanta agitazione su questo argomento – aveva detto Sileoni, intervistato da Rai Radio Uno – Noi abbiamo un ammortizzatore sociale, il Fondo esuberi … consente di prepensionare il personale degli istituti di credito con un anticipo fino a 7 anni: con questo sistema abbiamo prepensionato, su base volontaria, 70.000 lavoratrici e lavoratori, appunto senza licenziamenti”.
Questo fondo è finanziato dalle banche, che si fanno ciascuna carico dei propri esuberi fornendo le risorse necessarie al fondo. Ora, “nel caso di Mps — ha spiegato Sileoni — sarebbe lo Stato a fornire la dotazione che serve al fondo”.
Così Fabrizio Massaro sul Corriere della Sera lo scorso 17 agosto:
“L’eccesso di personale del relativo costo di assorbimento in Mps è uno dei nodi della trattativa con il governo, in un’operazione che, precisano le stesse fonti, è ancora tutta da costruire e dall’esito non scontato. Le stime di fonte sindacale parlano di poco meno di seimila dipendenti Mps (su 21.388 totali) che maturano i requisiti per il prepensionamento volontario in sette anni, ai quali Unicredit potrebbe aggiungere 1-2 mila suoi dipendenti. Oggi Mps dispone di 1.418 filiali dopo averne chiuso più di 600 negli ultimi anni. Una parte delle filiali al Sud, circa 80, andrebbe a Mcc-Popolare Bari, con relativo personale. Il costo degli esuberi dovrebbe essere sostenuto dal Tesoro nell’ambito del rafforzamento patrimoniale da 2-2,5 miliardi (secondo le stime) propedeutico all’integrazione”.
Sempre in merito alla rete, La Repubblica – in un articolo del 13 agosto scorso, oltre a riportare anch’essa l’ipotesi di 80-100 sportelli a Mediocredito Centrale, faceva però notare che “dalla Campania alla Sicilia Mps ha ben 345 sportelli, che solo in parte dovrebbero interessare Unicredit: difficile per esempio che voglia la rete in Sicilia (105 agenzie) dove ha già una forte presenza, circa 220 punti, ex Banco di Sicilia. È possibile che una parte di sportelli verrà chiusa”.
Nell’articolo del 21 agosto scorso, La Repubblica ha poi sottolineato che da “Unicredit come dagli advisor (Credit Suisse e Mediobanca per Mps, Bofa per il Tesoro) filtra il più grande pragmatismo sui tagli di personale, stimati in 6 mila unità, e sulla sopravvivenza del marchio bancario più antico del mondo. Per il governo invece questi sono aspetti di rilievo, e vanno declinati nel nuovo ruolo da dare a Siena, alla Fondazione di origine bancaria e alla direzione generale della banca che a Rocca Salimbeni ha 1.800 dipendenti (ma sono oltre 5 mila gli addetti Mps che vi fanno riferimento tra Firenze, Milano, Padova, Mantova, Lecce e Sicilia). Va convinto un territorio recalcitrante che teme lo sradicamento di Mps da Siena, dove tra l’altro il 3 ottobre si gioca la delicata sfida tra centrosinistra e centrodestra, con il segretario del Pd Enrico Letta in corsa alle suppletive del collegio per la Camera”.
Il 3 agosto scorso la First Cisl Siena ha, si legge nella nota, “chiesto al Governo (maggior azionista) ed al Presidente del Consiglio Draghi, che ne è la massima espressione e che ben conosce da anni perfettamente le origini delle nostre vicissitudini, di adoperarsi perché si individui, assieme ovviamente alle parti sociali, una mediazione dignitosa a salvaguardia di Siena e dei livelli occupazionali che, se messi in discussione, dovranno ricadere esclusivamente sulla politica e sulla sua inerzia”. Aggiungendo: “A tale proposito vorremmo ricordare che gli esuberi del personale nell’eventualità della fusione con Unicredit e pubblicati da più parti senza una cognitiva analisi, assumono invece a nostro parere una validità numerica altamente superiore, pesante da sostenere economicamente e molto probabilmente impossibile da giustificare sia a livello di ‘settore’ che di ‘Paese’.
Il fatto che i costi degli eventuali esuberi saranno coperti dal Tesoro significherà d’altronde che saranno i contribuenti, di nuovo, a pagare il conto e a pagare, più in generale, per consentire a UniCredit di prendersi la parte migliore della banca senese”.
NY Times: ‘banca più vecchia del mondo potrebbe avere giorni contati
Nelle ultime ore si è parlato anche del nodo del marchio della banca più antica del mondo. La banca che è andata avanti da sola dal 1472, e che ora sembra inevitabilmente destinata a essere fagocitata da UniCredit. Non è detto che le cose andranno così ma, anche nel migliore dei casi, la realtà tutta senese Mps sparirà.
Qualche giorno fa un articolo del New York Times non ha fatto tanti giri di parole.
“Days May Be Numbered for the World’s Oldest Bank”. Ovvero: la banca più antica del mondo potrebbe avere i giorni contati”.
“Probabilmente Monte dei Paschi, fondata nel 1472, continuerà a vivere come marchio nelle filiali del centro Italia e, almeno all’inizio, non ci sarà una grande differenza per i clienti. Ma la banca cesserà di essere un’entità stand-alone e la testimonianza vivente del fatto che furono i mercati italiani, durante il Rinascimento, a inventare praticamente la banca moderna. Le operazioni della banca saranno gestite dal quartiere generale di UniCredit, a Milano, piuttosto che dalla sede in stile fortezza del Monte dei Paschi, a Siena. L’appellativo di banca più vecchia del mondo passerà a quel punto, probabilmente, a Berenberg Bank, fondata ad Amburgo nel 1590“.
Il New York Times prosegue affermando come “la maggior parte delle banche con problemi simili a quelli del Monte dei Paschi sarebbe stata venduta molto tempo fa, ma per la gente di Siena l’accordo proposto con UniCredit è come svendere la propria identità“.
“La città è infuriata”, ha confermato un 80enne intervistato dal quotidiano, sottolineando che cedere il controllo di Mps a UniCredit sarebbe (sarà?) come “perdere una figlia”.