Chip sono il nuovo petrolio della rivoluzione digitale? Il colosso TSMC aumenterà prezzi fino al 20%
Oltre a essere sempre più introvabili, i chip diventeranno anche più cari. Il colosso Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), che copre una quota di mercato a livello mondiale intorno al 30%, aumenterà i prezzi fra il 10% ed il 20% con efficacia fra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal. Un duro colpo per i suoi clienti che vanno dall’industria automotive al comparto tecnologico, che dovranno fare i conti non solo con la strozzatura alle forniture ma anche con prezzi più alti. D’altronde, i seminconduttori sono diventati fondamentali nell’economia dell’innovazione. Secondo un recente rapporto del Capital International Group, i semiconduttori sarebbero il “nuovo petrolio” senza il quale non sarebbe possibile mettere in moto la rivoluzione digitale.
Certamente, la carenza di chip ha acceso i riflettori su questo settore che ha visto salire le valutazioni verso livelli estremi rispetto alle medie storiche. I semiconduttori sono diventati costantemente più costosi negli ultimi 10 anni, se si considera che il rapporto tra prezzo e vendite (P/E) è aumentato da meno di 2 durante la crisi finanziaria globale a più di 7 oggi. E questo in una fase in cui i margini lordi sono saliti, in qualche caso, del 20%.
I multipli prezzo/vendite nel settore dei semiconduttori
“Abbiamo dunque assistito a un’ampia espansione dei PE, spesso difficile da giustificare – commenta Mark Hawtin, Investment Director e gestore del GAM Star Disruptive Growth di GAM – Un rapporto tra prezzo e vendite pari a 7 è in linea con quello delle società di software più mature e consolidate. È paragonabile in termini del profilo di crescita e di maturità di queste aziende, però il software comporta margini lordi assai più elevati”. Il consiglio dell’esperto, quindi, è quello di fare attenzione a non generalizzare. “Secondo noi – prosegue l’esperto – le decisioni di investimento nel mercato dei semiconduttori non dovrebbero più basarsi sul settore in generale, ma più specificatamente sulla singola industria. (…) Questo non significa escludere completamente le aziende di semiconduttori. Al contrario, rileviamo opportunità interessanti nelle società in grado di beneficiare del Digital 4.0. In particolare, le società esposte agli sviluppi nel 5G, nell’Internet of Things (IoT), nel campo dei dati e dell’intelligenza artificiale (AI) potrebbero offrire un potenziale di investimento interessante”.
Previsti rincari sui chip, quali implicazioni?
Tornando alla notizia di TSMC, se confermata, l’incremento avrà l’effetto di un aumento dei prezzi a cascata da parte dei clienti della società taiwanese, che includono la maggioranza delle aziende di semiconduttori a livello globale, come Infineon e STMicroelectronics, e alcuni importanti produttori di dispositivi, come Apple. Ciò potrebbe tradursi, a sua volta, anche in un aumento dei loro margini, ma non per tutti. “Infineon e STM, che vantano un modello integrato con la produzione interna che supera il 70% dei volumi, in cui hanno continuamente investito anche durante la fase Covid, dovrebbero beneficiare di un maggiore aumento della top line con aumento di prezzi accompagnato da leva operativa e miglioramento dei margini”, hanno indicato da Equita.
Le ricadute sul comparto auto, volumi produzione da rivedere al ribasso
Nell’industria automobilistica si prevede una sostenuta crescita di domanda di chip nel lungo periodo, legata allo sviluppo della guida autonoma. Da una recente ricerca di Arete, è emerso che il contenuto di semiconduttori per veicolo leggero è aumentato da 310 dollari per auto nel 2015 a 397 dollari per auto nel 2019, con un tasso di crescita composito annuo modesto del 6,4% (CAGR). Nei prossimi cinque anni la crescita dovrebbe accelerare a 630 dollari per auto, con un CAGR di quasi il 10%.
Da qui si intuisce come la carenza dei chip possa pesare sul comparto auto, costretto a fermare la produzione o a rallentarla per mancanza di semiconduttori e altri componenti. A questo riguardo, gli analisti di Equita ritengono che le stime 2021 del settore auto siano da limare. “Riteniamo si tratti di una situazione temporanea, sapendo che il basso livello di scorte lungo tutta la filiera imporrà un recupero a livello produttivo nei prossimi trimestri non appena gli approvvigionamenti di componenti torneranno alla normalità – spiegano dalla sim milanese – tuttavia, un impatto sui numeri del secondo semestre pare inevitabile”.
Stellantis ferma stabilimento Sevel per una settimana
Proprio in questo contesto, Stellantis avrebbe deciso uno stop di una settimana del suo stabilimento Sevel, dove si producono veicoli commerciali leggeri. Diverse agenzie di stampa citano Ferdinando Uliano, segretario nazionale Fim-Cisl, che, dopo l’avviso ricevuto dal gruppo, avrebbe detto: “Da tempo siamo preoccupati per la situazione che si sta creando sul fronte semiconduttori nel settore automotive. Come Fim-Cisl abbiamo denunciato anche al Governo questo rischio che si va ad aggiungere alla situazione già complicata del settore automotive coinvolto da un forte cambiamento, con forti rischi di impatto occupazionale. La comunicazione di oggi di Stellantis ci preoccupa enormemente, fermare per una settimana continua Sevel significa che la situazione si è particolarmente aggravata sul lato dell’approvvigionamento”, ha dichiarato Uliano.