Emissioni BTP a 7 e a 30 anni: tutti i dettagli del Mef
Mentre sui mercati impazza la corsa ai bond, arrivano i dettagli delle ultime emissioni lanciate dal Tesoro italiano in questo avvio di 2024: ovvero il nuovo BTP a 7 anni e la riapertura del BTP a 30 anni. I due titoli hanno, infatti, fatto il pieno di ordini, con una maxi-domanda da 155 miliardi (circa 75 miliardi per il nuovo titolo a 7 anni e addirittura oltre 80 miliardi per il 30 anni). Ecco i dettagli forniti dal Tesoro.
Emissioni BTP a 7 e a 30 anni: i dettagli del Mef
Sono arrivati oggi, a distanza di qualche giorno dal collocamento avvenuto lo scorso 9 gennaio, i dettagli da parte del ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) sulle Emissioni BTP a 7 e a 30 anni che hanno inaugurato il 2024. Il Tesoro ha evidenziato nella nota odierna che gli investitori che hanno partecipato al sindacato sono stati oltre 270 per il BTP a 7 anni, con scadenza il 15 febbraio 2031, mentre circa 385 hanno preso parte alla riapertura del BTP 30 anni in corso di emissione con scadenza 1° ottobre 2053. Con i fund manager che hanno sottoscritto il 42,4% del BTP a 30 anni mentre per il titolo con scadenza 7 anni la loro partecipazione è stata del 39,2%, mentre le banche hanno sottoscritto il 31,4% del titolo a 7 anni e il 34% circa del titolo a 30 anni.
Nella riapertura del BTP a 30 anni, banche centrali e istituzioni governative insieme a fondi pensione e assicurazioni hanno acquistato il 14,8% dell’emissione, mentre sul titolo a 7 anni la quota di questi investitori è stata pari al 26,8%. In particolare, la quota di fondi pensione e assicurativi si è attestata all’8% per il 30 anni e al 2,8% per il nuovo 7 anni mentre il 6,8% è stato acquistato dalle banche centrali nel titolo a 30 anni e il 24% nel nuovo 7 anni. Agli hedge fund è stato allocato circa il 4,3% per il titolo a 30 anni e il 2,4% nel titolo a 7 anni.
I due collocamenti, ha sottolineato ancora il Mef, hanno visto una partecipazione straordinariamente diversificata (circa 40 paesi), con un grande interesse di investitori esteri. Infatti, la quota allocata presso questi ultimi è stata pari all’80,7% per il titolo a 7 anni e al 76,6% per il titolo a 30 anni. Tra questi, è stata di particolare rilievo la quota sottoscritta da investitori del Regno Unito (il 13,3% sul titolo a 7 anni e il 15,7% su quello a 30 anni). Il resto del collocamento è stato allocato in larga parte in Europa continentale (il 36,3% sul titolo a 7 anni e il 43,6% su quello a 30 anni), con le quote più rilevanti assegnate a investitori francesi (rispettivamente il 10,6% e il 7,9%), provenienti da Germania, Austria e Svizzera (rispettivamente il 6,8% e il 5,7%), e dalla Penisola Iberica (rispettivamente il 6% e l’11,3%). Nei Paesi Scandinavi sono stati allocati rispettivamente il 7,3% e l’11,2%, mentre i sottoscrittori del Benelux hanno acquistato rispettivamente l’1,7% e lo 0,8%. Il resto del collocamento è stato sottoscritto da altri paesi europei, tra cui la Grecia (3,1% sul 7 anni e 5,6% sul 30 anni).
La quota allocata ad investitori nordamericani è stata del 15,4% e 15,8% rispettivamente sui titoli a 7 e 30 anni. La partecipazione di investitori asiatici è stata del 15,5% per il titolo a 7 anni mentre trascurabile sul titolo a più lunga scadenza.
Il collocamento è stato effettuato tramite la costituzione di un sindacato composto da cinque lead manager, Banca Monte dei Paschi di Siena, Crédit Agricole Corp. Inv. Bank, Deutsche Bank , Goldman Sachs Bank Europe e J.P. Morgan, mentre tutti gli altri Specialisti in titoli di Stato hanno rivestito il ruolo di co-lead manager dell’operazione.
Titoli a medio-lungo termine collocati attraverso sindacato, un collocamento, come spiega il Tesoro, “di norma limitato ai casi in cui si introducano nuovi strumenti o debbano essere fatte valutazioni particolarmente approfondite circa l’interesse del mercato, il quantitativo da offrire o il prezzo al quale emettere il titolo, come nel caso dei Btp e dei Btp€i a lungo termine”.
Emissioni, le attese per il 2024
“Nel 2024 le esigenze di finanziamento saranno determinate dalle scadenze dei titoli in circolazione che, al netto dei BOT, saranno pari a circa 265 miliardi di euro e dal nuovo fabbisogno del settore statale dell’anno che, in base alle stime preliminari di finanza pubblica coerenti con la NaDef di settembre e il Draft Budgetary Plan 2024 dello scorso ottobre, dovrebbe attestarsi intorno ai 130 miliardi di euro”. Questa l’indicazione arrivata dal Mef alla fine di dicembre, presentando il calendario delle aste previste per il 2024 e le linee guida di gestione del debito pubblico.
“Tenendo conto dei prestiti del pacchetto NGEU e dell’attività di gestione delle disponibilità di cassa, che beneficerà anche delle entrate della quarta rata NGEU in arrivo proprio a chiusura del 2023, le informazioni attualmente disponibili consentono di prevedere emissioni lorde complessive di titoli a medio lungo termine in un intervallo tra i 340 ed i 360 miliardi di euro, quindi in linea con quelle del 2023”.
Guardando al 2023, sono stati emessi complessivamente titoli per un ammontare di poco inferiore ai 516 miliardi, di cui quasi 360 miliardi di titoli a medio-lungo termine e poco oltre 156 miliardi di BOT. Il costo medio annuo all’emissione, al termine dei collocamenti del 2023, coerentemente con lo scenario globale di rialzo dei tassi, risulta essere stato pari al 3,76%, in aumento rispetto all’1,71% del 2022. La vita media a fine anno resta stabile intorno ai 7 anni (6,97 anni, rispetto ai 7,04 anni del 2022). Il dato migliora ulteriormente se si considerano anche i finanziamenti europei SURE e NGEU. In questo caso la vita media passa da 7,31 del 2022 ai 7,25 anni di fine 2023.
LEGGI ANCHE
Bollettino Bce, il tema Pepp
C’è poi il tema Bce da tenere in considerazione. Oggi, presentando il bollettino economico, dall’Eurotower hanno sottolineato che “il portafoglio del programma di acquisto di attività si sta riducendo a un ritmo misurato e prevedibile, in quanto l’Eurosistema non reinveste più il capitale rimborsato sui titoli in scadenza“. E il consiglio direttivo intende continuare a reinvestire integralmente il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PEPP nel primo semestre del 2024. Nella seconda metà dell’anno è, invece, prevista la riduzione del portafoglio del PEPP, in media, di 7,5 miliardi al mese e terminare i reinvestimenti nell’ambito di tale programma alla fine del 2024.
In ogni caso sui mercati l’Italia continua ad essere seguita da vicino. Certo, le tensioni e i timori sul debito sovrano viste lo scorso ottobre si sono al momento attenuate. Lo testimonia il termometro spread che viaggia sotto i 170 punti base con il rendimento del decennale sotto il 4%. E lo segnalano anche alcuni esperti, come S&P Global Rating. Presentando l’oulook per il 2024, Sylvain Broyer, Chief Economist EMEA di S&P Global Ratings, ha indicato di attendersi uno spread stabile per il resto dell’anno. Sulla stessa lunghezza d’onda Goldman Sachs che sottolinea di non vedere rischi sul debito sovrano, con uno spread sostanzialmente stabile nel 2024.
Dipende, però, come sempre da che prospettiva si osserva la questione. Perchè se è vero che lo spread è sotto controllo da qualche tempo, è anche vero che il differenziale tra i Btp e i Bund decennali è tra i più elevati tra i è Paesi del Sud Europa, come rimarca un articolo de “Il Sole 24 ore“.
La nota dolente per l’Italia, come spesso sottolineato, resta sempre l’elevato debito. “Ci aspettiamo il rapporto debito/PIL rapporto si muoverà lateralmente intorno al 140% nei prossimi anni”, hanno rimarcato in questi giorni in un report gli esperti della banca d’affari Usa.