Btp volatile: fiammata rendimento 10 anni, poi cala sotto il 3,8%
Nella giornata odierna il rendimento del Btp decennale è tornato ai livelli di oltre tre settimane fa, superando momentaneamente anche il 3,9%, per poi scivolare sotto il 3,8%. Il movimento ricalca quello dei principali benchmark in Europa e negli Usa, dopo i dati macro di giornata sull’inflazione dell’eurozona e il mercato del lavoro statunitense che raffreddano parzialmente le scommesse sui tagli dei tassi da parte di Bce e Fed.
Rendimento Btp tocca il 3,9%, Bund al 2,2%
Giornata all’insegna della volatilità sul mercato obbligazionario, con un’impennata dei rendimenti seguita da un ridimensionamento. Il Btp a 10 anni è tornato a rivedere il 3,9% per la prima volta dal 13 dicembre, per poi scendere sotto il 3,8%, sotto i livelli di chiusura di ieri.
Movimento simile anche per il Bund tedesco, che si attesta al 2,13% dopo aver toccato il 2,21% (top dal 13 dicembre). Lo spread fra il decennale tedesco e quello italiano si riduce lievemente, continuando ad oscillare tra 165 e 170 punti base.
Rispetto ai minimi del 27 dicembre, il Btp è risalito di oltre 30 bp, mentre il Bund ha subito una variazione di circa 25 bp. Il titolo di Stato italiano, infatti, ha un beta più elevato e tende ad amplificare l’andamento al rialzo o al ribasso del benchmark europeo.
Su Btp pesano dati inflazione Ue e mercato lavoro Usa
Il temporaneo rialzo odierno dei rendimenti segue la pubblicazione di alcuni dati macroeconomici chiave in Europa e negli Usa. In particolare, stamani è stata diffusa la lettura preliminare sull’inflazione dell’eurozona, che ha evidenziato un andamento in linea con le attese.
La crescita su base annua dell’indice complessivo, a dicembre, è risalita al 2,9% mentre il dato core è sceso al 3,4%. Numeri che confermano le prospettive relativamente favorevoli per l’inflazione, ma anche la residua distanza dall’obiettivo della Bce di raggiungere stabilmente il 2% nel medio termine.
Negli Usa, i nonfarm payrolls di dicembre sono risultati superiori alle attese (216 mila vs 175 mila) e il tasso di disoccupazione inferiore alle stime (stabile al 3,7%), con una crescita dei salari medi orari su base annua oltre il consensus (4,1% vs 3,9%, in aumento dal 4,0% di novembre). Dati che certificano la solidità del mercato del lavoro a stelle e strisce, allontanando la prospettiva di imminenti tagli dei tassi da parte della Fed.
Si ridimensionano leggermente prospettive tagli tassi
Nel complesso, i dati odierni suggeriscono una parziale revisione delle scommesse dei mercati sui tagli dei tassi nel corso del 2024. Fino ad una settimana fa gli operatori stimavano complessivamente una riduzione del costo del denaro mediamente pari a 175 bp da parte della Bce e 150 bp per la Fed entro fine 2024, mentre ora tali valori sono scesi rispettivamente a 141 e 133 bp, corrispondenti a 5 o 6 tagli da 25 bp ciascuno.
Come previsto da alcuni analisti alla fine del 2023, i mercati si stanno trovando costretti a ridimensionare le aspettative sull’allentamento monetario, riallineandole maggiormente con le indicazioni prudenti dei banchieri centrali. La minor probabilità di un taglio imminente dei tassi si è inizialmente riflessa nei rendimenti dei titoli di Stato, generando il movimento osservato oggi sui Btp e le altre obbligazioni dei Paesi europei.
Anche negli Usa, il rendimento del Treasury a 10 anni è balzato oltre il 4,09% dopo la pubblicazione del job report, per poi scendere al 3,96%, 4 bp in calo rispetto alla vigilia.
In ogni caso, i mercati continuano a scontare i primi tagli in primavera, con due ritocchi entro le riunioni di giugno sia per quanto la Fed sia per la Bce.