Btp: la sostenibilità del debito e la spesa per interessi, numeri a confronto
I BTP, e più in generale i titoli di stato italiani, restano sotto i riflettori in questa prima settimana di ottobre. Non solo per il lancio della seconda edizione del BTP Valore (quarta giornata di collocamento, nelle prime tre sono stati raccolti quasi 13 miliardi di euro), ma soprattutto per il sell-off dei bond globali (italiani compresi). Nei giorni scorsi il rendimento all’emissione del BTP decennale ha oltrepassato la soglia critica del 5% in un clima di tensioni per i conti pubblici e dopo gli ultimi rialzi dei tassi della Banca centrale europea (Bce).
Oggi sui mercati globali la situazione sempre essere più distesa, con la corsa dei rendimenti che sembra al momento in pausa. Sono, infatti, scattati gli acquisti sui titoli di Stato governativi dopo i recenti ribassi.
Conti ai raggi x, timori in aumento su sostenibilità debito
Scenario internazionale a parte, quali sono i timori che ruotano attorno all’Italia? Uno su tutti è la sostenibilità del debito pubblico, Ad affrontare la questione l’ultimo osservatorio trimestrale di Mazziero Research sui dati economici italiani dall’eloquente titolo “La deriva dei conti pubblici” in cui ammette “siamo di fronte a uno scenario complicato dove si fa sempre più fatica a cogliere gli aspetti positivi, mentre emergono sempre più dati negativi. Certo è una congiuntura internazionale e l’inasprimento dei tassi della Bce non aiuta, ma tutti sanno che nei momenti favorevoli si dovrebbe ‘mettere fieno in cascina’ per i tempi difficili e questo noi non lo sappiamo fare”.
“Un deterioramento dei conti pubblici aumenta la percezione di rischio sui titoli di Stato e quindi la richiesta di maggiori rendimenti. Lo spread fra il BTP decennale italiano e il Bund tedesco, pur con tutti i suoi limiti, è un termometro della percezione di questo rischio. L’aumento recente dello spread si riflette in una deriva dei conti pubblici e in dichiarazioni disordinate di rappresentanti del Governo e non, che portano i mercati a una maggior percezione di rischio”, si legge nella parte introduttiva dell’analisi di Mazziero Research sull’Italia, che arriva a una settimana di distanza dalla presentazione della Nadef.
Una delle questioni e parola ricorrente quando si parla d’Italia è: debito. Ed è proprio la cavalcata del debito pubblico italiano a far preoccupare maggiormente i mercati e anche, come spesso ricorda la stampa estera, gli investitori esteri. “Partendo da 2.757 miliardi di euro a gennaio ogni mese successivo sino a luglio ha segnato un nuovo record, arrivando a 2.859 miliardi con un incremento di 102 miliardi in pochi mesi. Da qui in avanti la dinamica sarà più regolare, con oscillazioni verso l’alto e verso il basso, per terminare in una fascia compresa tra 2.839 e 2.875 miliardi”, ricorda Mazziero che cita poi la Nota di aggiornamento al DEF (NaDEF), il Governo stima un debito a fine 2023 a 2.874 miliardi, con un aumento di 116 miliardi rispetto a fine 2022.
In termini assoluti, spiega, il debito continuerà a crescere con una dinamica accentuata che ci porterà, secondo le stime del Governo riportate nella NaDEF, a sfiorare i 3.000 miliardi il prossimo anno, per poi superare stabilmente questa soglia dal 2025.
La voce spesa preoccupa
Anche la voce spesa preoccupa. Stando ai dati diffusi oggi da Mazziero Research, nei primi sette mesi del 2023 lo Stato ha speso 135 miliardi in più di quanto ha incassato; l’anno scorso dopo sette mesi aveva speso “solamente” 82 miliardi in più rispetto alle entrate. Sono numeri da emergenza e che avevamo visto solo nel 2020 in piena pandemia quando, come oggi, si spesero 135 miliardi in più.
Altro campanello d’allarme è la voce spesa per interessi. Il grafico mette in evidenza l’evoluzione della spesa per interessi indicata nella NaDef. “Stranamente per l’anno in corso viene indicata una spesa in calo di 4,5 miliardi rispetto al 2022, quando sia i rendimenti sia l’ammontare del circolante è aumentato. Questa dinamica era già presente nel DEF di aprile, ma gli importi sono aumentati”, spiega Mazziero che ricorda come la crescita della spesa per interessi riprenderebbe, secondo il Governo, nel 2024 per arrivare a superare i 100 miliardi nel 2026.
Come leggere il livello attuale di spread?
“Attualmente ci troviamo in una situazione in cui finanziare il debito è più oneroso, visti i tassi praticati dalla Bce per raffreddare l’economia. Ciò implica una minore crescita che, a sua volta, rende meno sostenibile un debito in continua crescita. Ovviamente gli investitori percepiscono un maggiore rischio e richiedono un maggiore rendimento per acquistare titoli governativi italiani, lo si vede in modo evidente con lo spread tra BTP e Bund arrivato a ridosso dei 200 punti”, si legge nel report.
Numeri che al momento non destano preoccupazione, visto che si tratta degli stessi livelli di inizio 2023 (nel 2022 erano state raggiunte punte più alte e vicine ai 260 punti). “Tuttavia, occorre considerare che la soglia di 200 è ritenuta un livello psicologico, il suo superamento potrebbe determinare un’accelerazione verso 250 punti – afferma l’esperto -. È inutile evocare complotti internazionali al riguardo, ma è il normale funzionamento dei mercati e della fiducia che, attraverso le decisioni di bilancio, si è in grado di riscuotere. Continuare ad esporre stime non realistiche nei documenti finanziari quieta per un certo periodo i timori dei mercati, ma poi le rese dei conti arrivano sempre puntuali”.
Sempre più emissioni
Per finanziare un debito pubblico sempre più crescente non resta altro che emettere sempre più titoli di Stato che vanno ad aumentare il circolante. Sempre più emissioni negli ultimi anni, con il maggiore incremento (145 miliardi) registrato tra il 2019 e il 2020 per finanziare le spese e le sovvenzioni legate alla pandemia. Sono soprattutto a tasso fisso (72,1%), essenzialmente BTP, a cui si accompagnano titoli a tasso variabile (11,5%), che comprendono i CCT a cui abbiamo aggiunto anche i BOT, una parte sempre più crescente.
Osservando il grafico, si può andare ancora più in dettaglio nella suddivisone per tipologia di titoli e vedere come larga preponderanza di BTP, “aspetto per il momento positivo dato che gran parte delle emissioni sono state fatte con rendimenti molto inferiori a quelli attuali, ma che penalizzerà in futuro per le emissioni più recenti – sottolinea Mazziero -. Seguono per importanza i BTP indicizzati all’inflazione europea, poi CCT e BOT”.