Pmi Ue delineano scenario debole, sorprese negative dalla Germania. I nuovi numeri sul tavolo Bce
Era conosciuta come la locomotiva della zona euro. Adesso, c’è chi la guarda come il nuovo sospetto “malato d’Europa”. Il riferimento è alla Germania. Uno scenario che fa discutere e che è stato analizzato anche dall’autorevole “Economist” nell’articolo dall’eloquente titolo: “Is Germany once again the sick man of Europe?“.
Un dibattito sullo stato di salute della Germania che si è acceso negli ultimi mesi dopo i recenti deboli dati macroeconomici che dipingono un quadro economico in deterioramento per la prima economia della zona euro. Vanno in questa direzione anche la lettura flash degli indici Pmi per il mese di agosto diffusi questa mattina per la zona euro in termini aggregati, e anche per la Germania (con la marcata contrazione del settore servizi).
Sorpresa (negativa) dal Pmi servizi tedesco
Nel mese di agosto l’attività economica dell’eurozona è diminuita ad un tasso accelerato con una contrazione della regione che si è estesa ulteriormente dal manifatturiero al terziario. Nel dettaglio, l’indice HCOB PMI Flash della produzione Composita dell’eurozona destagionalizzato, si è attestato a 47, in discesa dai 48,6 di luglio (minimi da novembre 2020). Se si escludono i mesi pandemici, quest’ultima lettura è stata la più bassa da aprile 2013.
Scandagliando la crescita all’interno dell’eurozona, la contrazione più forte è stata quella della Germania, dove la produzione di beni e servizi si è contratta per il secondo mese consecutivo e ad un tasso mai visto da maggio 2020 (e da giugno 2009 se si esclude il periodo pandemico). Ad un severo e acuto calo della produzione manifatturiera, si legge nella nota che accompagna il dato, si è unita la prima contrazione dell’attività del settore terziario tedesco da dicembre scorso. Dati che sarebbero compatibili con un Pil tedesco del terzo trimestre in calo di circa l’1%.
“Germania che è passata dalla crescita alla contrazione ad un ritmo inconsueto, mentre in Francia le aziende dei servizi hanno ridotto la loro attività ad una velocità simile a quella del mese scorso. Nel settore manifatturiero, la produzione delle aziende tedesche ha registrato un calo ad un tasso di gran lunga più rapido di quelle francesi e questo alimenterà il dibattito nel considerare la Germania come malato d’Europa“, commenta Cyrus de la Rubia, capo economista presso Hamburg Commercial Bank.
Intanto nei giorni scorsi è scattato anche l’allarme crescita della Bundesbank. Secondo le previsioni economiche per il terzo trimestre, l’economia tedesca dovrebbe ristagnare, estendendo la crisi economica che ha colpito il paese nell’ultimo anno. La Bundesbank ha previsto che il PIL tedesco “rimarrà probabilmente sostanzialmente invariato” da luglio a settembre, rispetto al trimestre precedente.
Il nodo ‘mosse future Bce’, pausa o nuovo rialzo?
Un rapporto, quello sui Pmi, che giunge in un momento cruciale per la Bce, indecisa se aumentare i tassi per la decima volta consecutiva a settembre o prendersi una pausa. Secondo alcuni economisti, nonostante il rallentamento della crescita le indicazioni di pressioni salariali ancora robuste potrebbero indurre l’istituto di Francoforte ad annunciare un rialzo dei tassi anche a settembre.
Sull’argomento Tomasz Wieladek, Chief European Economist di T. Rowe Price, che scrive: “La Bce potrebbe dare meno peso ai PMI perché negli ultimi trimestri hanno rispecchiato meno l’attività reale. La correlazione tra il PMI manifatturiero e l’attività manifatturiera effettiva nell’area euro è stata solo di circa 0,2 dalla pandemia. Tuttavia, la correlazione del PMI dei servizi con l’attività reale dei servizi rimane forte (0,7). Ritengo che i prezzi degli asset finiranno per adattarsi alla nuova realtà di un’attività dei servizi più debole, ma solo quando la Bce smetterà di aumentare i tassi”.
“Il quadro economico a cui stiamo assistendo è piuttosto preoccupante”, commenta Bert Colijn, senior economist per la zona euro di ING, sottolineando che “le pressioni inflazionistiche sui servizi restano persistenti mentre le pressioni salariali continuano a destare preoccupazione. Quest’ultimo aspetto rafforza la nostra aspettativa che il ciclo di rialzi della Bce non sia ancora terminato”.