Prezzi oro, appesi alle decisioni Fed. Alcuni grafici a confronto
Due gli appuntamenti chiave dell’ultima settimana di luglio sui mercati: la riunione della Federal Reserve (Fed) e quella Banca centrale europea (Bce), in calendario rispettivamente il 26 e 27 luglio. Gli operatori non hanno dubbi sul fatto che arrivi l’annuncio di una stretta di 25 punti base sia a Washington sia a Francoforte. Invitano però a seguire con attenzione la comunicazione che verrà adottata nel corso delle conferenze stampa di Powell e Lagarde per intercettare le future mosse dei due istituti centrali. Con un atteggiamento che appare orientato sui dati.
In attesa dei riscontri in arrivo da Fed e Bce, l’oro resta alla finestra dopo i recenti rialzi. Questa mattina, poco prima delle 12, le quotazioni del metallo giallo sono stabili in area 1.967 dollari l’oncia.
Oro, appeso alle mosse Fed su tassi
L’oro potrebbe restare sotto in riflettori con la fine del ciclo di inasprimento della Fed in vista. Il metallo prezioso si è portato di recente sui massimi degli ultimi due mesi grazie soprattutto alla debolezza del dollaro e al calo dei rendimenti dei Treasury Usa. In uno scenario di minori pressioni su prezzi, con un raffreddamento dell’inflazione, si è rafforzato l’idea tra gli operatori che il ciclo di inasprimento della Federal Reserve possa essere vicino alla fine.
E in questo contesto sono aumentate anche le posizioni long (rialziste) sull’oro. Stando ai dati del rapporto settimanale Commitments of Traders della CFTC, i money managers hanno aumentato le loro scommesse rialziste sull’oro, portandole sui massimi a oltre un mese.
Il commento di ING
Nell’ultimo periodo l’oro si è messo in luce e ha recuperato terreno soprattutto dopo i dati sull’inflazione Usa di giugno, un dato che potrebbe allentare le pressioni sulla Fed sui tassi. In particolare, il Cpi Usa è sceso a giugno più delle attese. Nel dettaglio, i prezzi al consumo sono saliti dello 0,2% su base mensile, la crescita più bassa dall’agosto 2021.
Come sottolinea Ewa Manthey, commodities strategist di ING, in un recente report incentrato sul bene rifugio per eccellenza: “L’aumento dei tassi di interesse è stato un ostacolo significativo per l’oro da oltre due anni. L’oro normalmente beneficia di una politica monetaria statunitense più accomodante”. Detto questo, guardando ai prossimi mesi, l’esperto scrive ancora: “Riteniamo che la politica della Fed resti fondamentale per l’andamento dell’oro nel medio termine” e “crediamo che i ribassi per l’oro siano limitati poiché la Fed è vicina alla fine del suo ciclo di inasprimento”. Con i prezzi dell’oro attesi in crescita nella seconda metà dell’anno, gli esperti di ING si attendono in media 1900 dollari l’oncia nel terzo trimestre e a 1950 dollari l’oncia nell’ultimo trimestre dell’anno, mentre nel primo trimestre l’oro dovrebbe tornare in media in area 2mila dollari complice la possibilità che in questo periodo la Fed possa iniziare a tagliare i tassi.
Questione delle banche centrali e delle riserve auree: Cina, assalto all’oro?
I forti acquisti delle banche centrali sostengono la domanda del primo trimestre. E’ quanto si legge nel report del World Gold Council che, trimestre dopo trimestre, delinea le tendenze globali sull’oro. “Le banche centrali hanno contribuito a stimolare la domanda, aggiungendo 228 tonnellate alle riserve globali, un record del primo trimestre in questa serie di dati – sottolinea il report -. Questi acquisti sostenuti e significativi sottolineano il ruolo dell’oro nei portafogli di riserve internazionali in periodi di volatilità dei mercati”.
E proprio la Cina è uno dei Paesi che continua ad aumentare le riserve auree. “La voglia di oro fisico da parte della Cina dovrebbe rimanere un fattore di supporto per il metallo nel corso dell’anno“, segnalano ancora da ING ricordando che la People’s Bank of China (PBoC) ha annunciato l’acquisto di 16 tonnellate nel mese di maggio, il settimo mese consecutivo di acquisti. Le riserve di Pechino in oro hanno raggiunto le 2.092 tonnellate. Anche altre banche centrali hanno continuato ad aumentare le proprie riserve.
In generale, l’oro tende a diventare più attraente nei periodi di instabilità e la domanda ha subito un aumento nell’ultimo anno. Nel 2022, le banche centrali globali hanno acquistato una cifra record pari a 1.078 tonnellate d’oro, in fuga verso asset più sicuri di fronte all’aumento dell’inflazione. ING si attende che le banche centrali continuino i loro acquisti, non solo a causa delle tensioni geopolitiche ma anche per via del clima economico sempre più incerto.
Il punto tecnico sull’oro
(a cura dell’analista Simone Borghi)
Il quadro grafico dell’oro è impostato al rialzo nel medio e breve periodo. Dopo il triplo minimo tra settembre e novembre dello scorso anno, il metallo prezioso ha intrapreso un trend rialzista molto forte, sostenuto anche dal golden cross delle due medie mobili (ovvero quella più breve a 50 periodi taglia al rialzo la media a 200 giorni), che l’ha portato il 4 maggio scorso a superare nuovamente la soglia psicologica dei 2.000 dollari con un picco intraday a 2.063 dollari. Da qui è si è però avviata una fase di correzione che ho provocato a inizio giugno il break della trendline rialzista costruita sui minimi di novembre 2022 e febbraio di quest’anno. Arrivato sul supporto in area 1.900 dollari, l’oro ha tentato di impostare un rimbalzo arrivando nei pressi di 1.990 dollari. Solo il superamento con forza di questa resistenza potrebbe aprire a un nuovo assalto verso 2.032 e 2.063 dollari. Al ribasso, invece, la rottura del supporto di breve a 1.950 dollari darebbe sfogo ai venditori verso un graduale ritorno in area 1.900 dollari, dove nei pressi passa anche la media mobile a 200 periodi.