Eurozona: l’inflazione core supporta nuovi aumenti dei tassi da parte della Bce
L’inflazione della zona euro rallenta al 5,5% a giugno, ma il dato core accelera leggermente al 5,4%. Sono questi i principali dati emersi dal report mensile sui prezzi al consumo dell’eurozona, diffuso stamani. Vediamo più nel dettaglio i numeri e le implicazioni per la politica monetaria della Bce.
L’inflazione rallenta al 5,5% ma aumenta il dato core
La stima preliminare relativa all’indice dei prezzi al consumo dell’area euro mostra un incremento mensile dello 0,3%, in linea con le attese degli analisti, dopo la rilevazione stabile di maggio.
Su base annua, l’inflazione rallenta al 5,5%, dal 6,1% del mese precedente. Il valore è persino migliore del consensus di Bloomberg, pari al 5,6%.
Tuttavia, il dato core, calcolato al netto delle componenti più volatili quali i prezzi energetici e alimentari, si attesta ancora al 5,4%, in aumento rispetto al 5,3% di maggio seppur inferiore al 5,5% delle aspettative.
L’andamento dei prezzi nei vari Paesi dell’area euro
La dinamica dell’inflazione dell’area euro è il risultato di tendenze contrastanti nei principali Paesi che adottano la moneta unica.
Da un lato, i prezzi armonizzati hanno manifestato un rallentamento in Francia (5,3%), Italia (6,7%), Spagna (1,6%), Belgio (1,6%) e Olanda (6,4%), con alcuni di questi persino al di sotto del target del 2% fissato dalla Bce (anche se ad esempio, nel caso della Spagna, il dato core è ancora al 5,6%).
Viceversa, la Germania ha registrato una nuova accelerazione dell’inflazione headline armonizzata al 6,8%.
Le implicazioni per la politica monetaria della Bce
L’accelerazione dell’inflazione core è un segnale che sicuramente non piacerà alla Bce, oscurando anche la discesa dell’indice complessivo sui minimi da gennaio 2022, prima dell’invasione russa in Ucraina che ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi delle materie prime.
La risalita del dato core conferma ancora una volta le difficoltà che la politica monetaria sta incontrando nel suo percorso per ripristinare un’inflazione strutturale del 2%, il target fissato dalla Bce per il medio termine.
Nei giorni scorsi, la presidente Lagarde e i suoi colleghi hanno più volte ribadito che, nonostante la strada già percorsa nell’ultimo anno (a partire dal primo rialzo dei tassi a luglio 2022), resta ancora terreno da coprire per portare il costo del denaro su livelli sufficientemente restrittivi.
Confermato un nuovo ritocco da 25 punti base nella riunione del 27 luglio, mentre le successive decisioni dipenderanno di volta in volta dai dati in arrivo.
Le stime della Bce sull’andamento dei prezzi
“Anche se al momento non vediamo una spirale salari-prezzi o un disancoraggio delle aspettative, più a lungo l’inflazione rimane al di sopra dell’obiettivo, maggiori diventano i rischi”, ha dichiarato nei giorni scorsi Christine Lagarde. “Dobbiamo riportare l’inflazione al nostro obiettivo a medio termine del 2% in modo tempestivo”, ha ribadito la presidente.
Sulla base delle ultime proiezioni dell’istituto di Francoforte, l’inflazione complessiva dovrebbe attestarsi in media al 5,4% nel 2023, al 3,0% nel 2024 e al 2,2% nel 2025. Per quanto riguarda l’inflazione di fondo, invece, si prevede al 5,1% quest’anno, per poi ridursi al 3,0% nel 2024 e al 2,3% nel 2025.
La reazione dei mercati ai dati sull’inflazione
Il dato sull’inflazione è risultato sostanzialmente in linea con le aspettative e non ha scosso i mercati. I principali indici europei hanno mantenuto l’intonazione positiva dell’apertura, sostenuta anche dalla prospettiva di nuovi stimoli all’economia cinese da parte del governo di Pechino e dall’andamento dei futures di Wall Street, prima del dato chiave sul core Pce per valutare la traiettoria dell’inflazione anche negli Stati Uniti. La seduta di oggi, peraltro, potrebbe registrare un po’ di volatilità per via della scadenza trimestrale (e del semestre), con conseguenti ribilanciamenti dei portafogli.
L’euro/dollaro è rimasto poco mosso in area 1,085, con il biglietto verde sostenuto nelle ultime sedute dai toni restrittivi del presidente della Fed, Jerome Powell, che non ha escluso altri due rialzi consecutivi dei tassi nelle prossime riunioni.
Sull’obbligazionario, i titoli di Stato dell’area euro perdono lievemente terreno, con rendimenti in leggero rialzo nei principali Paesi. Lo spread Btp-Bund resta in area 167 punti base, con il decennale italiano al 4,1%.
I mercati monetari, intanto, scommettono su altri due rialzi totali dei tassi di interesse della Bce, che porterebbero il tasso di rifinanziamento principale al 4,5% (dal 4%) attuale e quello sui depositi al 4% (dal 3,5%).
La view di ING
Gli analisti di ING sottolineano la discesa rapida dell’inflazione headline “per gli effetti dei prezzi dell’energia”, ma sottolineano la risalita dell’inflazione core, legata “principalmente agli effetti sull’inflazione dei servizi dovuti al sostegno del governo tedesco lo scorso anno.”
Gli esperti rimarcano anche “il mercato del lavoro caldo, una preoccupazione fondamentale per la Bce”, anche se alcuni indicatori di lungo termine per l’inflazione “sembrano favorevoli”, complice il “lento contesto economico che aggiunge poca pressione alla domanda”.
ING si aspetta dunque che la Bce alzi ancora i tassi a luglio e a settembre, dopodiché “gli effetti del sostegno governativo dovrebbero essere in gran parte svaniti” e “una pausa diventerà probabile”.