Cina: la ripresa stenta e l’azionario non decolla
Il mercato azionario della Cina viaggia sui valori di inizio anno o persino inferiori, frenato dalla scarsa propensione al rischio dei piccoli investitori locali. A peggiorare il sentiment contribuiscono alcuni dati macro sotto le attese, che lasciano intendere come l’attesa ripartenza dell’economia cinese non sia ancora entrata a pieno regime.
La delusione dei piccoli investitori per la lenta ripresa della Cina
La tanto pronosticata ripresa del mercato azionario in Cina stenta a materializzarsi e la fiducia dei piccoli investitori locali sta venendo meno.
Broker e gestori di fondi azionari si aspettavano miliardi di yuan provenienti dai risparmi in eccesso, che avrebbero dovuto inondare il mercato azionario quest’anno in concomitanza con l’accelerazione dell’economia, mentre i dissesti nel mercato immobiliare continuano a scoraggiare gli investimenti nel settore.
Tuttavia, la liquidità dall’estero non si è riversata come previsto sull’equity cinese e anche le famiglie locali hanno cominciato a dirigere i propri risparmi verso asset class più sicure, in primis obbligazioni e depositi, lasciando i mercati azionari alla deriva.
Gli investitori locali hanno un peso rilevante sul mercato cinese
Il dietrofront dei piccoli investitori cinesi ha una rilevanza molto significativa alla luce del peso di questi ultimi sul mercato azionario cinese. Secondo quanto affermato dal presidente della China Securities Regulatory Commission, Yi Huiman, la loro forza si attesta a circa il 60% del volume totale di contrattazioni. Un valore nettamente superiore a quello stimato da JP Morgan per il mercato statunitense, pari a circa il 25%.
Questo dato rende l’idea di quanto possa incidere la loro mancanza di interesse per l’equity domestico. Nel frattempo, il turnover nel mercato delle azioni di classe A è sui livelli più bassi da inizio marzo e una misura chiave della propensione al rischio (il margin trading balance sulle azioni cinesi) viaggia sui minimi da un mese. Anche la creazione di conti di intermediazione, sebbene volatile, è diminuita ad aprile, dopo lo slancio promettente di febbraio e marzo, come mostrano i dati di China Securities Depository and Clearing. In diminuzione pure i lanci di fondi comuni, una buona approssimazione dell’interesse degli investitori.
“È come se le azioni stessero perdendo fiducia nella ripresa della Cina”, ha affermato Hong Hao, capo economista di Grow Investment Group. Insolitamente, ha osservato, le azioni si sono disallineate da una correlazione pluriennale con depositi e liquidità.
Indici azionari sottotono in Cina nel 2023
Dopo il rally del 20% messo a segno tra ottobre e gennaio, l’indice CSI 300 delle blue chip cinesi ha perso terreno fino a passare in territorio negativo (-3,5%) da inizio anno.
L’Hang Seng viaggia sui minimi del 2023, con un calo del 6,3% nei primi cinque mesi, mentre l’indice Shanghai Composite è tornato in prossimità dei valori di inizio anno (+1,6% YTD). Quella che sembrava una scommessa sicura sull’azionario cinese sta dunque perdendo slancio, erodendo la fiducia degli investitori.
L’indice Hang Seng China Enterprises ha registrato una perdita di oltre 19 punti percentuali rispetto al picco del 27 gennaio scorso e si appresta ad entrare in “bear market”, ovvero una fase ribassista in cui la contrazione rispetti ai precedenti massimi supera il 20%.
I dati macro non confortano
A frenare l’entusiasmo hanno contribuito anche le performance sottotono di alcuni indicatori macroeconomici. La produzione industriale e le vendite al dettaglio ad aprile hanno deluso le previsioni degli esperti, riportando tassi di crescita su base annua rispettivamente pari al 5,6% e al 18,4%, contro il 10,9% e il 21,9% stimati.
Anche i prestiti sono diminuiti bruscamente e inaspettatamente, mentre gli investitori domestici hanno cominciato a reindirizzare sempre più risparmi verso i depositi. Secondo i dati della banca centrale, questi ultimi si stanno gonfiando ancora più velocemente rispetto a un anno fa, al culmine della pandemia di Covid-19.
Gli indici Pmi sull’attività manifatturiera e dei servizi hanno mancato le stime, con la prima che ha persino segnalato una contrazione del settore, mentre le esportazioni hanno superato le attese (+8,5%) pur rallentando rispetto a marzo.
Ad aggravare la situazione contribuiscono l’indebolimento dello yuan, gli utili modesti e le tensioni geopolitiche, soprattutto con gli Stati Uniti, mentre i Paesi occidentali intensificano gli sforzi per ridurre la propria dipendenza della produzione cinese. Tutti fattori che hanno incrementato il nervosismo degli investitori domestici, disincentivando gli acquisti.
Segnali di speranza dalla liquidità e dai prestiti
In questo scenario, comunque, non tutti i segnali sono negativi e molti esperti ritengono che la spinta dei piccoli investitori locali tornerà a farsi sentire nel corso dell’anno.
“Alcuni operatori di mercato stimano che il 10% dei risparmi accumulati sui depositi potrebbe essere veicolato in nuovi investimenti sugli asset rischiosi. Sarebbero circa 800 miliardi di yuan“, ha affermato Chi Lo, senior investment strategist presso BNP Paribas Asset Management a Hong Kong.
Hayden Briscoe, responsabile della gestione multi-asset Asia-Pacifico presso UBS Asset Management, afferma che questi investimenti spingeranno nuovamente il mercato al rialzo e ha indicato una recente crescita dei prestiti non bancari come un segnale positivo di liquidità che torna a fluire nell’economia.
Tuttavia, finora il peso di questi flussi rimane marginale. Anche elementi positivi, come la sovraperformance del settore statale, è motivata principalmente da dividendi certi e non da una vera e propria propensione al rischio mentre, al di fuori del settore dell’intelligenza artificiale, non sembrano esserci sul mercato rendimenti particolarmente interessanti per gli investitori.