Inflazione Usa, misura chiave Fed rallenta ma resta strada da fare
L’indicatore dell’inflazione preferito dalla Federal Reserve è aumentato poco meno del previsto a febbraio, fornendo qualche speranza che i rialzi dei tassi di interesse stiano contribuendo ad allentare le pressioni sui prezzi. Tuttavia, il dato rimane ben lontano dall’obiettivo della banca centrale ed è presto per cantare vittoria.
Core Pce rallenta al 4,6% a/a
A febbraio, negli Usa, l’inflazione misurata dall’indice dei prezzi della spesa per consumi personali (PCE) ha evidenziato una crescita mensile dello 0,3%, in linea con le attese, dopo il +0,6% del mese precedente. Su base annua il dato mostra un incremento del 5,0%, inferiore al 5,1% del consensus e al 5,3% di gennaio (rivisto dal 5,4% iniziale).
L’indice Core Pce, l’indicatore dell’inflazione preferito dalla Federal Reserve per le sue decisioni di politica monetaria, ha rallentato la crescita su base annua dal 4,7% al 4,6% (consensus 4,7%). Rispetto a gennaio, il dato registra un incremento dello 0,3%, rispetto allo 0,4% delle stime e allo 0,5% di gennaio (rivisto da 0,6%).
Ulteriori dettagli del report hanno rivelato che il reddito personale è aumentato dello 0,3% su base mensile a febbraio e la spesa personale è aumentata dello 0,2%.
L’inflazione nel settore servizi
Nonostante il rallentamento generale, preoccupa la viscosità dell’inflazione nel settore dei servizi, dovuta alla forte crescita dei salari in quei settori che rischia di mantenere i prezzi ben al di sopra dell’obiettivo della Fed nel prossimo futuro.
In particolare, l’inflazione dei servizi (esclusi gli alloggi e i servizi energetici) è aumentata dello 0,3% a febbraio, pur evidenziando una decelerazione rispetto al mese precedente.
Il presidente della Fed Jerome Powell ha recentemente sottolineato l’importanza di esaminare tale misura per valutare le prospettive per l’inflazione. Su base annua, il dato registra un incremento del 4,6%.
L’inflazione resta sopra il target della Fed
Il calo dell’inflazione è positivo ma la crescita dei prezzi rimane troppo alta per la Fed, che ha il difficile compito di bilanciare l’obiettivo di contenere i prezzi con il mantenimento della stabilità finanziaria.
I funzionari hanno aumentato i tassi di un quarto di punto la scorsa settimana e hanno affermato che potrebbe essere necessario un ulteriore inasprimento, chiarendo che la loro massima priorità è riportare l’inflazione verso il 2% nel medio termine, mentre prosegue il monitoraggio dei rischi legati ai recenti fallimenti nel settore bancario.
Il miglioramento di questo mese “non indica davvero un cambiamento duraturo”, ha sottolineato il presidente della Fed di Boston, Susan Collins, a Bloomberg Television. “Abbiamo ancora molto lavoro da fare e dobbiamo vedere più dati per sapere che l’inflazione è davvero su un percorso discendente sostenuto”.
IG Italia: “Possibile pausa nei rialzi dei tassi”
Una visione condivisa dagli analisti di IG Italia, secondo cui “sarà necessario valutare altri dati per avere conferme significative che l’inflazione sia in un percorso di discesa. Intanto, per il prossimo meeting di maggio le probabilità di una pausa da parte della Federal Reserve nel processo di rialzo dei tassi di interesse sono quasi al 50% secondo i dati raccolti dal CME.”
Negli Stati Uniti, comunque, la situazione “sembra essere migliore” rispetto all’eurozona, dove l’inflazione headline ha rallentato dall’8,5% al 6,9% a marzo, ma il dato core ha accelerato al 5,7%.
“Al momento crediamo che sia difficile ipotizzare che la Bce possa prendersi una pausa nella lotta contro le pressioni inflazionistiche. Ci aspettiamo una Bce che possa nuovamente alzare il costo del denaro anche nella riunione di maggio. I prossimi dati macro pubblicati in Eurozona ci indicheranno se il rialzo sarà di 25 o 50 punti base.”