Credit Suisse: il prestito della BNS non risolve i problemi. UBS frena su combinazione
Non si placano le tensioni su Credit Suisse. Nonostante il rimbalzo di ieri, innescato dal prestito di 50 miliardi di franchi da parte della banca centrale svizzera, le azioni sono tornate oggi a cedere terreno e al momento viaggiano in calo del 9% a 1,83 franchi svizzeri.
Anche i prezzi delle obbligazioni rimangono sotto stress e i bail-in bonds riflettono la possibilità di una conversione in azioni, con conseguenti perdite, mentre i CDS sono di nuovo in aumento.
La sensazione comune è che l’intervento della banca centrale non sia sufficiente a risolvere i problemi dell’istituto, per il quale si profilano diverse soluzioni, tra cui la cessione a UBS e uno smantellamento delle attività.
La possibile integrazione in UBS
Il governo svizzero starebbe valutando una combinazione tra Credit Suisse e UBS, ma i due istituti sarebbero contrari.
UBS, la maggior banca elvetica, preferirebbe mantenere il focus sulla propria strategia incentrata sul wealth management e non vorrebbe assumersi i rischi legati a Credit Suisse, alle prese con la ristrutturazione.
Sia UBS sia Credit Suisse vedono un’eventuale acquisizione come una potenziale misura di ultima istanza, visti i notevoli ostacoli e le sovrapposizioni che l’operazione di M&A comporterebbe.
Gli analisti propendono per la cessione
Eppure, gli analisti di JPMorgan ritengono molto probabile molto probabile che la vicenda si risolva con un’acquisizione di Credit Suisse, verosimilmente proprio da parte di UBS.
Gli esperti della società americana di banche di investimento Keefe, Bruyette & Woods sottolineano che il prestito della banca centrale ha fatto guadagnare tempo a Credit Suisse, ma che uno scioglimento dell’istituto rimane lo scenario più probabile. Anche Morningstar propende per questa soluzione in alternativa ad un altro aumento di capitale.
Una possibile soluzione prevedrebbe di trasferire l’attività di gestione patrimoniale a UBS o a un altro acquirente, assegnare le attività svizzere a una nuova società per proteggere i depositi e cedere le operazioni di gestione patrimoniale e investment banking.
Gli ostacoli di una combinazione UBS-Credit Suisse
La combinazione tuttavia comporterebbe diversi ostacoli. Innanzitutto, il governo svizzero è preoccupato anche per l’eventuale perdita di posti di lavoro che deriverebbe dall’operazione.
Al tempo stesso, l’esecutivo gradirebbe maggiormente una soluzione svizzera ed è preoccupato per la protezione delle imprese e dei depositi locali. Inoltre, alcuni dei clienti patrimoniali potrebbero valutare negativamente la fusione, data la sovrapposizione dei conti.
L’operazione sovvertirebbe anni di regole basate sull’approccio “too-big-to-fail” e solleverebbe preoccupazioni in ottica antitrust per molte linee di business. Inoltre, potrebbe determinare la richiesta di requisiti patrimoniali più elevati.
I clienti accelerano il ritiro dei depositi
Intanto l’istituto deve far fronte ad una vera e propria fuga da parte della clientela, preoccupata dopo gli ultimi sviluppi.
In Asia, diversi clienti con grandi disponibilità hanno accelerato i prelievi e un family office locale starebbe pianificando di tagliare fino al 30% dei fondi depositati presso la banca svizzera, dopo che il gestore patrimoniale non è stato in grado di assicurare che i clienti non svizzeri verranno protetti in caso di fallimento.
In Medio Oriente, alcuni clienti hanno chiesto alla banca di convertire i depositi in contanti in titoli a reddito fisso, mentre in Germania un gestore patrimoniale ha ricevuto richieste da clienti di Credit Suisse che desideravano trasferire depositi alla sua società.
Altri invece sono meno preoccupati, ad esempio un consulente di diversi trust che ha raccomandato di mantenere i depositi presso Credit Suisse anche se superano gli importi assicurati, poiché ritiene che il governo svizzero non lascerà mai fallire l’istituto.
Arginare la fuoriuscita di clienti sarà fondamentale per raddrizzare il business, anche alla luce dei deflussi netti per 110,5 miliardi di franchi ($ 119 miliardi) registrati nel quarto trimestre.
La cautela delle altre banche
Infine, anche il supporto delle controparti di Credit Suisse sarà fondamentale. Le maggiori banche americane hanno continuato per mesi a ridurre la loro esposizione diretta a Credit Suisse. JPMorgan, Bank of America e Citigroup hanno dichiarato alle autorità di regolamentazione che le loro esposizioni sono ora minime. Questa settimana, anche la francese BNP Paribas si è mossa per ridurre la propria esposizione.
Per questo l’annuncio di ieri, pur attenuando le preoccupazioni sulla posizione di liquidità dell’istituto, non ha risolto gli interrogativi su come Credit Suisse possa ristrutturare con successo la propria attività.