Economia e tassi: i problemi di Fed e Bce
La tensione del mercato del lavoro negli Stati Uniti rimane un problema per la Fed. Così scrive il team strategie di credito globale di Algebris, riferendosi agli ultimi numeri sull’occupazione arrivati la scorsa settimana dagli States.
“Il rapporto sull’occupazione di dicembre – si legge nel report di Algebris – ha mostrato una forte crescita dell’occupazione negli Stati Uniti, con l’aggiunta di 223.000 posti di lavoro da parte delle occupazioni NFP (Non-farm payrolls, salariati dei settori non agricoli) e il calo del tasso di disoccupazione al 3,5%”.
Inoltre, “il report occupazionale dell’ADP (reso noto qualche giorno prima) ha evidenziato un aumento di 235.000 posti di lavoro (a fronte di un sondaggio di 150.000), mentre il rapporto tra posti di lavoro e disoccupati è ancora ostinatamente alto, pari a 1,74″.
Praticamente, il punto è che il mercato del lavoro made in USA non sta rallentando in base ai desiderata della Fed di Jerome Powell.
Il team strategie di credito globale di Algebris ha messo comunque in evidenza che, “sul lato positivo, tuttavia, la crescita salariale ha continuato a rallentare negli ultimi mesi, con un aumento delle retribuzioni orarie dello 0,3% su base mensile e un aumento su 12 mesi in calo al 4,6%, mentre il tasso di partecipazione è salito al 62,3%”.
E “anche i prezzi dell’indice ISM hanno registrato un calo, sia nel settore dei servizi che in quello manifatturiero”. (fattore che dovrebbe impedire alla Fed di Jerome Powell di essere troppo aggressiva, la prossima volta che alzerà i tassi).
In particolare, “l’indice ISM dei servizi è sceso bruscamente, più di quanto previsto, a 49,6 a dicembre (da 56,5 a novembre), indicando una contrazione del settore dei servizi per la prima volta in sei mesi”.
“I dettagli del rapporto hanno mostrato cali significativi nell’attività commerciale e nei nuovi ordini. A seguito della decrescita, la duration ha registrato un forte rally fino alla chiusura di venerdì, con i Treasury statunitensi a 2 anni in rialzo di circa 20 punti base”.
“Di conseguenza – spiegano da Algebris – i mercati rimangono incerti tra i rialzi di 25 e 50 punti base per la riunione della Fed di febbraio, quotando attualmente circa il 65% di possibilità per un rialzo di 50 punti base. L’attenzione principale per questa settimana sarà la stampa dell’indice dei prezzi al consumo (IPC) di giovedì, per la quale i mercati stanno attualmente scontando una variazione del titolo su base annua del 6,4%”.
Eurozona: cala inflazione complessiva, ma il problema è un altro
Guardando all’Eurozona, a dicembre, il team degli esperti di Algebris ha fatto notare che l’inflazione è diminuita più di quanto previsto, chiudendo un bimestre caratterizzato da un tasso a due cifre.
“L’indice flash è aumentato a un tasso annuale del 9,2%, in calo rispetto al 10,1% del mese precedente e al tasso annuale record del 10,6% di ottobre. Questo dato ha superato le aspettative di un calo al 9,5% ipotizzato da un sondaggio Bloomberg degli economisti, e il debito pubblico ha registrato un’impennata da martedì, quando è diventato evidente il mancato raggiungimento dell’obiettivo della Germania”.
Tuttavia, “nonostante ciò, l’inflazione core è cresciuta a un nuovo massimo del 5,2% dal 5,0% di novembre”. E “questo rimane in grosso problema per la BCE, che manterrà la propria retorica aggressiva e, quindi, si distaccherà probabilmente dalla Fed in modo più significativo nei prossimi mesi. Riteniamo possibile che la BCE continui ad aumentare i tassi, con i mercati che prevedono rialzi di 49 e 44 punti base per le prossime due riunioni e un tasso terminale complessivo del 3,4%”.
Riapertura della Cina: prossimi segnali di progresso
Infine uno sguardo alla Cina:
“Nel corso della scorsa settimana – aggiungono gli esperti di Algebris – il governo cinese ha segnalato una maggiore propensione verso l’apertura dell’economia. In primo luogo, la Cina sta valutando la possibilità di allentare la propria politica delle ‘tre linee rosse’, che aveva imposto alle imprese immobiliari severi obiettivi di finanziamento del debito e di liquidità, causando una valanga di inadempienze e di arresti dei progetti di costruzione. La politica potrebbe essere allentata consentendo ad alcune imprese immobiliari di rafforzare la leva finanziaria ed estendere il periodo di grazia per il raggiungimento degli obiettivi di indebitamento”.
“In secondo luogo, il governo valuterà la possibilità di riprendere le importazioni di carbone australiano, in seguito al miglioramento delle relazioni tra i due Paesi, dopo un divieto durato più di due anni. Quattro grandi importatori potrebbero essere autorizzati a effettuare nuovi acquisti già ad aprile. Infine, la Cina sta allentando i controlli alle frontiere per incoraggiare i viaggi internazionali”.
Sulla base di queste premesse, “i nostri rilevatori di mobilità indicano già una situazione in miglioramento sul campo, con livelli di attività attuali intorno al 60% rispetto a gennaio 2020. Ciononostante, notiamo una differenza in termini di progresso della ripresa, con Pechino in testa e Shanghai in ritardo”.
In questo contesto, “con il proseguire della ripresa, riteniamo che gli asset ciclici, comprese le valute legate all’energia e alle materie prime, presentino margini di rendimento migliori, ma notiamo anche che ciò potrebbe comportare un aumento dell’inflazione energetica a livello globale”, conclude il report di Algebris.