Transizione energetica: cosa possono fare governi e banche centrali
Con la crisi energetica in corso è diventata sempre più impellente la necessità di realizzare quella famosa transizione che richiederà non solo un’enorme trasformazione del sistema produttivo, delle infrastrutture, del suo patrimonio immobiliare, ma anche un cambiamento storico dei modelli di consumo, in particolare nelle economie più avanzate.
Così Florence Pisani, Global Head of Economic Research e Alix Chosson, Lead ESG Analyst for the Environmental Research & Investments di Candriam secondo cui per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette di gas serra (GHG) entro il 2050, dovremo ridurre drasticamente la nostra dipendenza dai combustibili fossili (carbone, petrolio e gas), che attualmente rappresentano l’80% del consumo energetico mondiale.
I costi per realizzare la transizione energetica sono enormi. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) stima che, per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, gli investimenti globali dovranno triplicare, rispetto ai livelli attuali, arrivando a circa 4-5 mila miliardi di dollari all’anno, entro il 20 Durante la pandemia, collaborando, i governi europei e la Banca Centrale Europea (BCE) sono riusciti a evitare un collasso economico. “Questo sforzo congiunto non potrebbe essere un primo passo verso una cooperazione più stretta in futuro? Molti suggeriscono che fra governi e BCE si possa stringere quasi un matrimonio di convenienza” sostiene Pisani.
Secondo l’economista, “i trattati dell’UE vietano il finanziamento monetario dei disavanzi pubblici. A meno che questa regola non venga modificata, la BCE e le banche centrali degli Stati membri non potranno finanziare direttamente la transizione energetica”.
Detto questo, la politica monetaria non potrebbe comunque aiutare i governi, contribuendo a contenere i loro costi di finanziamento? Anche in questo caso i trattati condizionano l’azione della BCE, in quanto i suoi interventi dovrebbero puntare a sostenere le politiche dell’UE “senza pregiudizi per il suo obiettivo primario” (la stabilità dei prezzi).
“Per raggiungere l’obiettivo primario della stabilità dei prezzi, la BCE ha oggi poca scelta. Di fronte a un’inflazione elevata e a un tasso di disoccupazione ai minimi dalla creazione dell’euro, è obbligata ad aumentare i tassi di interesse di riferimento. La storia monetaria dimostra che riprendere il controllo dell’inflazione, dopo aver lasciato che le aspettative di inflazione andassero fuori controllo, ha un costo molto elevato” sostiene Pisani.
L’analista conclude sostenendo che “la transizione energetica richiede un piano d’intervento molto più strutturale, attuabile solo dai governi. Naturalmente, la BCE non deve ignorare il cambiamento climatico e i numerosi rischi che esso comporta, non solo per la stabilità dei prezzi ma anche per la stabilità finanziaria. Da parte loro, le banche centrali devono continuare a rendere più “verdi” le loro operazioni di politica monetaria e incoraggiare le imprese e le istituzioni finanziarie a essere più trasparenti sulle loro emissioni di CO2. Tuttavia, l’idea che la transizione energetica possa essere attuata spingendo le banche centrali ad acquistare debito pubblico rischia di rivelarsi ingannevole”.