Spread, tassi BTP e Bce: allacciate le cinture
Tassi BTP e spread in calo, ovvero “la quiete PRIMA della tempesta”, destinata a colpire il debito pubblico italiano e, vista la stretta connessione, anche le banche made in Italy: una tempesta che porta il nome di Quantitative Tightening della Bce, e che diversi economisti stanno paventando, guardando al caso dell’Italia.
I BTP italiani continueranno a beneficiare sicuramente di alcuni fattori nel 2023, tra cui la politica dei reinvestimenti del capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del piano PEPP, il piano noto come QE pandemico che la Bce di Lagarde lanciò nei momenti più drammatici della pandemia Covid.
Ma da Bloomberg avvertono che, senza la stampella del PAA tradizionale (il programma lanciato dall’ex presidente della Bce Mario Draghi, con cui Francoforte ha fatto incetta di bond sovrani e titoli corporate), il restringimento dello spread e dei tassi a cui stiamo assistendo potrebbe confermarsi “Calm Before the Tightening Storm”, ovvero “La calma prima della tempesta restrittiva”.
Il Consiglio direttivo della Bce ha deciso di porre fine agli acquisti netti di attività nell’ambito del PAA a partire dal 1o luglio scorso: il che significa che quella Bce generosa che faceva incetta di BTP di nuova emissione non c’è più.
BTP: il nuovo schiaffo della Bce
Ora, sulla carta italiana, sta per arrivare un’altra botta. Con il Quantitative Tigthening, l’opposto del QE, l’azione salvifica della banca centrale è destinata ulteriormente a ridursi.
Tra l’altro, paesi come Germania e Olanda starebbero scalpitando, intravedendo nell’adozione del QT la dimostrazione della determinazione della banca centrale a sconfiggere l’inflazione.
Come calcolato da Bloomberg, il lancio del QT implica che, a fronte delle nuove emissioni di debito da parte del governo Meloni, bisognerà trovare nuovi acquirenti di BTP, disposti ad accollarsi titoli di stato italiani per un valore fino a 70 miliardi di euro. Non poco.
La zavorra potrebbe finire con il pesare sulle banche italiane, già esposte verso il debito italiano attraverso il rapporto conosciuto come doom loop, che molti hanno considerato e considerano tuttora un vincolo tossico tra il sistema finanziario e le casse dello Stato.
Tra l’altro, le banche non beneficiano più di quei prestiti straordinari a tassi super agevolati che hanno ricevuto dalla Bce: anche in questo caso, la situazione si è capovolta, visto che le banche sono state rimesse in riga dalla banca centrale in merito alla necessità di restituire quelle somme, i prestiti cosiddetti TLTRO.
BTP: investitori esteri riducono posizioni
In questo contesto, il nervosismo degli investitori esteri potrebbe peggiorare ulteriormente il quadro. Gli investitori stranieri sarebbero già in azione. E non da ieri.
Bloomberg riporta che, nel periodo compreso tra il luglio del 2021 e l’agosto di quest’anno, le partecipazioni straniere in BTP sono scese di 80 miliardi di euro.
Questi flussi in uscita sono stati compensati dai 96 miliardi di euro di acquisti lanciati da Bankitalia.
Tuttavia, il piano della Bce volto a utilizzare lo strumento dei reinvestimenti più per fare incetta dei bond della periferia che per i titoli di stato di Germania e altri paesi del Nord Europa potrebbe rivelarsi non sufficiente a calmare l’ansia degli investitori stranieri: proprio quelli su cui la Bce fa affidamento, nella speranza che siano loro a partecipare alle emissioni nette di BTP.
Se questo piano dovesse fare flop, a quel punto il peso potrebbe cadere sulle spalle degli italiani, in primis delle banche.
C’è poi anche il cosiddetto scudo anti-spread salva BTP della Bce, che non è stato tuttavia ancora testato e che è stato accolto con non poco scetticismo dalla comunità di strategist ed economisti, anche perché le condizioni che l’Italia o qualsiasi altro paese dell’area euro dovrebbe soddisfare non sono del tutto semplici da centrare.
Storicamente, spiegano da Bloomberg Economics, la risposta alla domanda su chi avrebbe acquistato i BTP in assenza dei buy di investitori stranieri e della stampella QE della Bce sarebbe stata: le banche italiane.
I dati della Bce mostrano che le banche italiane detenevano nel dicembre del 2021 397 miliardi di euro di titoli di stato italiani, per un valore pari al 115% del capitale e delle riserve complessive del sistema bancario italiano.
L’ammontare si conferma inferiore di 55 miliardi di euro circa rispetto al livello record che venne testato nel settembre del 2020, quando il QE in tempi di Covid era stato dispiegato con la massima potenza, e le banche sembravano avere ancora spazio per fare shopping di debito italiano.
Bloomberg Economics spiega tuttavia che l’improvvisa rimozione dei prestiti TLTRO potrebbe portare gli istituti a chiedere rendimenti e spread ancora più alti prima di procedere a un’altra tornata di acquisti.
Gli economisti fanno notare che, partendo dall’assunto relativo al fatto che il 40% di tutto il QE è stato acquistato con il programma PEPP, l’eventuale decisione della Bce di reinvestire il capitale rimborsato dei titoli in scadenza tedeschi, olandesi e francesi a favore dei BTP potrebbe essere poco superiore ai 30 miliardi di euro, nel caso in cui l’Italia dovesse ricevere il 40% degli aiuti nel corso del 2023, accanto alla Spagna, al Portogallo e alla Grecia. Un valore considerato insufficiente a far rimanere a galla i BTP.
La solita domanda: chi aiuterà ora l’Italia?
Le stime sul deficit dell’Italia, nel 2023, calcolano un rapporto con il Pil appena inferiore al 5%: un outlook che potrebbe rivelarsi fin troppo ottimistico, vista la dimensione dei sussidi contro il #caroenergia #carobollette che il governo si appresta a erogare.
Se invece la previsione fosse corretta, l’Italia potrebbe aver bisogno di nuovi finanziamenti netti per un valore di circa 100 miliardi, che i fondi in arrivo dall’Ue potrebbero ridurre a 60 miliardi di euro.
La domanda rimane: chi aprirà il portafoglio per i BTP italiani?
BTP, spread e banche del made in Italy rimangono osservati speciali dei mercati, e qualcuno ipotizza addirittura un balzo del debito-Pil dell’Italia fino al 215%.
Dalla Germania è arrivato anche il SOS BTP, con una previsione dei tassi sui BTP fin oltre il 6%, in questo caso nel brevissimo termine.
Riguardo alle banche, la spina nel fianco in questi tempi di Quantitative Tigthening imminente rimane l’annosa questione del doom loop, noto anche come abbraccio mortale tra le banche e i BTP che riempiono i loro bilanci.
Attesa a questo punto per l’imminente riunione del Consiglio direttivo della Bce, in calendario il prossimo 15 dicembre.
Occhio alle previsioni singolari dell’ agenzia di rating Standard & Poor’s.
E’ pur vero che il dato relativo all’inflazione dell’Eurozona, diffuso proprio oggi, potrebbe portare in molti a rivedere le loro stime sulle mosse della banca centrale.
La Bce di Christine Lagarde ha annunciato il 27 ottobre scorso un nuovo maxi rialzo dei tassi pari a +75 punti base, dopo quello storico, il primo di quell’intensità dalla nascita dell’euro, dello scorso 8 settembre. I tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno innalzati rispettivamente al 2,00%, al 2,25% e all’1,50%.