Wall Street brinda a inflazione PPI più debole, Nasdaq scatta di oltre +2%. Buy su Amazon, Netflix, Wal-Mart
Wall Street brinda all’ennesima prova del nove del rallentamento della crescita dell’inflazione negli Stati Uniti. Alle 15.40 circa ora italiana il Dow Jones avanza di 390 punti circa (+1,16%), a quota 33.926; lo S&P 500 sale dell’1,68% a 4.023, mentre il Nasdaq Composite mette a segno un balzo del 2,30% a 11.454 punti.
Reso noto prima dell’inizio della sessione l’indice dei prezzi alla produzione, tra i parametri più importanti per monitorare il trend dell’inflazione.
Il dato (PPI) è salito dell’8% su base annua, a un ritmo inferiore rispetto al rialzo dell’8,3% atteso e anche rispetto al +8,5% di settembre.
Su base mensile, il PPI è salito dello 0,2%, meno del +0,4% previsto dagli economisti e a un ritmo dimezzato anche rispetto al precedente +0,4%.
Escluse le componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni alimentari ed energetici, l’inflazione core misurata dall’indice dei prezzi alla produzione è salita del 6,7% su base annua, ritmo decisamente inferiore rispetto al +7,2% atteso.
Su base mensile, il trend dell’inflazione core è stato invariato, rispetto al +0,3% stimato e in rallentamento rispetto al +0,2% precedente (rivisto al ribasso dal +0,3% inizialmente comunicato).
L’indice PPI conferma quanto emerso dall’altro dato cruciale che riflette il trend dell’inflazione: l’indice CPI, ovvero dei prezzi al consumo, che è stato diffuso giovedì scorso, sempre relativo al mese di ottobre.
Il CPI ha messo in evidenza un’inflazione salita su base annua, a ottobre, del 7,7%, dal precedente rialzo dell’8,2% di settembre e rispetto al +8% atteso dal consensus.
Diminuita anche la crescita dell’inflazione core che, su base annua, è passata dal rialzo al ritmo massimo degli ultimi 40 anni pari a +6,6% di settembre, al +6,3% di ottobre.
Gli investitori hanno subito scommesso sull’arrivo di manovre restrittive meno aggressive da parte della Fed di Jerome Powell nel meeting di metà dicembre, dopo i quattro rialzi consecutivi dei tassi di 75 punti base da inizio anno.
Lo scorso 2 novembre, la Fed ha alzato i tassi di 75 punti base, portandoli dal range compreso tra il 3% e il 3,25% al nuovo range compreso tra il 3,75% e il 4%, valore record dal 2008.
L’euforia è stata tale che, nel giorno del dato, l’indice Dow Jones è volato di oltre 1.200 punti, lo S&P 500 è schizzato del 5,54% mentre il Nasdaq Composite è balzato di oltre il 7%.
Il dato PPI di oggi rinfocola ulteriormente la speranza che la carrellata delle strette aggressive da parte della Fed sia vicina alla fine.
Va detto comunque che alcuni esponenti della Fed fanno fatica a cantare vittoria: d’altronde, il target di inflazione a cui tende la banca centrale americana è decisamente inferiore, pari al 2%, rispetto ai livelli attuali, che si aggirano ancora nei pressi di una crescita dell’8%.
Ma la speranza di rialzi dei tassi meno aggressivi è confermata anche dal trend ribassista dei rendimenti dei Treasuries:
quelli decennali, che la scorsa settimana hanno bucato la soglia del 4% dopo la pubblicazione del CPI, scendono oggi al 3,085%, mentre i tassi a due anni rallentano al 4,33%, riportando un calo di ben 8 punti base.
Tra i titoli protagonisti della sessione odierna, sicuramente Amazon.
Secondo quanto riportato dal New York Times e dal Wall Street Journal, il colosso dell’e-commerce Usa sarebbe pronto a mandare a casa 10.000 dipendenti circa, con l’annuncio ufficiale che dovrebbe arrivare già questa settimana.
Non solo dunque la nuova Twitter di Elon Musk, che ha licenziato letteralmente dall’oggi al domani metà forza lavoro della società di microblogging appena acquisita, e Meta di Mark Zuckerberg, che ha annunciato il taglio di 11.000 dipendenti, pari all’incirca al 13% della forza lavoro.
Anche il colosso dell’e-commerce Usa è sul punto di mandare a casa ben 10.000 dipendenti, confermando la crisi del settore hi-tech, che fa fronte al rallentamento dell’economia, all’aumento dei tassi di interesse e a un’inflazione ostinata che frena la propensione ai consumi. Il titolo balza di oltre il 3%.
Tra gli altri titoli, bene Netflix, che balza di quasi il 4% dopo la nota positiva di Bank of America, che ha rivisto al rialzo il rating da “underperform” a “buy”.
C’è poi l’effetto Warren Buffett sulle adr di Taiwan Semiconductor, che hanno riportato un rally dell’11% nelle contrattazioni afterhours di Wall Street dopo la notizia dell’acquisizione di una quota, da parte della holding Berkshire Hathaway, per un valore superiore ai $4,1 miliardi.
Buone notizie anche dal fronte retail: Wal-Mart ha annunciato una trimestrale migliore delle attese, rivendendo al rialzo il proprio outlook. Il gigante americano ha reso noto che, nel corso del suo terzo trimestre fiscale, le vendite sono balzate di quasi il 9%, portando il fatturato a $152,81 miliardi, molto meglio dei $147,75 miliardi attesi dal consensus.
Nei tre mesi terminati il 31 ottobre scorso, Wal-Mart ha incassato inoltre un utile per azione su base adjusted di $1,50, meglio degli $1,32 stimati. Il titolo scatta del 5,7%.
Anche Home Depot ha annunciato una trimestrale migliore delle attese.
In particolare, a dispetto dell’inflazione, il fatturato di Home Depot è salito di quasi il 6% a $38,9 miliardi, meglio delle attese, mentre i profitti si sono attestati a $4,3 miliardi, o $4,24 per azione, meglio dei $4,1 miliardi, o $3,92 per azione, dello stesso trimestre del 2021, e meglio anche dei $4,12 per azione stimati. Le quotazioni di Home Depot avanzano poco meno dell’1%.